Capitolo 8

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Presa dalla mia improvvisa ansia, finii di mangiare molto velocemente. Usciti dal fast food mi sentii come se stessi lì lì per vomitare. Calum sembrò notare il mio malessere, mi chiese se stessi bene e io gli risposi che stavo benissimo (dovrei smetterla di mentirgli, lo so). Gli chiesi se avremmo dovuto prendere l'auto e lui mi rispose che avremmo potuto anche proseguire a piedi, il suo "posto speciale" non distava molto da lì. Non appena menzionò la meta ancora misteriosa della nostra gita ricominciai a sentirmi male e dovetti respirare a fondo mentre camminavamo, raggiungendo un parco abbandonato. Doveva essere inutilizzato da almeno un decennio, aveva un aspetto vecchio e trascurato.

«Questo è il tuo posto speciale? Un parco giochi in rovina? Wow, ti facevo un tipo più romantico», commentai sarcastica, guadagnandomi un'occhiataccia.

«Infatti qui non ci porto le ragazze, di solito», spiegò, facendomi un occhiolino che gli fece guadagnare un'occhiataccia, «Volevo solo darti la prova che puoi fidarti di me», aggiunse, prendendomi di nuovo per mano e trascinandomi verso una struttura con lo scivolo piuttosto decadente. Salì per la scaletta cigolante, facendomi segno di salire. Non so perché gli diedi retta.

Calum si era seduto vicino allo scivolo, con le gambe incrociate e lo sguardo rivolto verso l'alto. «Venivo sempre qui, da piccolo», cominciò, volgendo il suo sguardo verso di me, «Mia madre non aveva quasi mai tempo per me, tra il lavoro e il resto, ma quando riusciva a ritagliarsi del tempo libero lo dedicava sempre a me. E mi portava qui. Ovviamente, dodici anni fa non così devastato. C'erano un sacco di bambini che venivano a giocare qui, ed è stato proprio qui che ho conosciuto Luke. C'era un camioncino dei gelati, e io e lui prendevamo sempre il cono alla fragola», ridacchiò, trasportato dai ricordi.

Intanto, mi ero avvicinata a lui, guardandolo attentamente mentre mi regalava uno scorcio sul suo passato. «E quindi, perché mi hai portata qui?», gli chiesi, arrossendo com'era mio solito.

Calum mi accarezzò la guancia, le sue dita lambirono dolcemente la mia pelle rovente facendo svolazzare le farfalle nel mio stomaco. «Perché voglio dimostrarti che puoi fidarti di me, te l'ho già detto, bambolina. Questo posto rappresenta una parte fondamentale della mia infanzia e della mia vita in generale, credi che porterei chiunque qui?».

Annuii comprensiva e un sorriso timido spuntò sulle mie labbra, mentre mi allungavo per dargli un bacio sulla guancia. Mi stupii delle mie stesse azioni.

«Beh, grazie per avermi mostrato una parte importante della tua vita, allora», gli dissi, facendo spuntare l'ombra di un sorriso sulle sue labbra carnose.



***



Chiesi a Calum di accompagnarmi al bar di mio padre, dato che oggi dovevo dargli una mano. Gli chiesi di parcheggiare lontano da lì, magari a due isolati di distanza, ma ovviamente, da bastardo qual è, mi accompagnò dentro. Incrociai lo sguardo di Ashton, era confuso e aveva un sopracciglio alzato. Alzai le spalle, arrossendo quando Calum mi salutò con un bacio sulla guancia, attirando anche l'attenzione di mio padre che mi guardò sospettoso.

«A domani, bambolina», sussurrò a bassa voce, «E non dimenticare che aspetto una tua risposta riguardo alla festa. Ovviamente una risposta positiva».

Sbuffai, pensando che preferivo il Calum Hood del parco giochi mentre lo guardavo allontanarsi. «Non ci conterei, se fossi in te!».

Calum si voltò, facendomi un occhiolino. «Ci vediamo domani a scuola, Danielle!», disse, prima di uscire.

Sospirai di sollievo e andai verso il bancone, non sapendo ciò che mi aspettava.

«Chi è quel ragazzo?», mi chiese mio padre, il suo tono di voce era neutro ma pressante.

Never been kissed || Calum HoodWhere stories live. Discover now