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JORDAN'S P.O.V

Guidavo. Le mani sul volante fremevano al pensiero di restituire la stella allo sceriffo. Non sapevo cosa avrebbero pensato, se fossero rimasti sorpresi del mio arrivo così repentino, e della venuta di un nuovo membro del gruppo. Isaac. Sapevo che lui e Scott si conoscevano, ma la loro mi sembrava un'amicizia un po travagliata, anche se comunque quel sentimento non era svanito come succede a molte persone.

-Quanti anni hai?- domandai per fare conversazione.

-Perchè t'interessa?- mi rispose lui con un'altra domanda. Ora dovevo inventarmi qualcosa che lo tenesse zitto.

-Perchè mi interessa.- avevo risposto calmo e sorridente. Non sapevo cosa inventarmi, ma alla fine la più completa sincerità spianava tutte le porte.

-Ho 19 anni.- annunciò, sorridendo alla mia risposta, come fosse divertente. Aveva i capelli bagnati.

-Come hai fatto a trovarmi?- domandai di nuovo io. La passione per l'ignoto la avevo ricevuta da mio padre. Lui era già vecchio quando mia madre rimase incinta, il loro era stato un matrimonio combinato, diciamo così... dai genitori, anche se mia madre lo amava, si erano sposati giovanissimi, mio padre ne aveva 20 e mia madre 16, ma la differenza di età non si notava. Io nacqui, quando mio padre aveva 40 anni, e dopo un paio di mesi fu arruolato per la guerra, lasciando mia madre da sola. Così io non l'ho mai conosciuto. Dicono sia morto eroicamente, mentre riparava i suoi compagni da un kamikaze tedesco, un ragazzo molto giovane, che era stato convinto a farsi esplodere per Hitler.

Così la tristezza per la sua morte non mi ha mai toccato, infondo non lo conoscevo, ma comunque mi è sempre rimasto un buon ricordo di lui, nei momenti felici. Da lui avevo ereditato la passione folle del pericolo, del brivido per le cose impossibili. Ecco perchè ero diventato militare, e mi arrischiavo a disinnescare bombe.

-Ehi tu invece quanti ne hai?- mi chiese lui speranzoso dopo un silenzio tombale, che era durato vari minuti.

-Io ne ho...- la mia voce fu interrotta dal suono del cellulare.

-Devo rispondere...- accennai nella più completa confusione, mentre non trovavo il cellulare.

-Eccolo.- me lo passò Isaac, che lo teneva fermo in mano.

-Grazie...- gli mimai con le labbra.

-Pronto?- domandai, riflettendo sui tanti che mi stavano cercando a quell'ora .

-Parrish?! Dove sei ragazzo?!- una voce allarmata risuonava potente dall'altra parte del telefono.

-Sceriffo!- risposi felice io.

-Alice ha avuto una visione, dice che entro domani pomeriggio sarete qui da noi!- sembrava che avesse fretta di chiudere la chiamata.

-Chi è Alice? E sì... sto venendo li da voi, qualche problema signor Stilinski?- risposi leggermente deluso.

-Hai incontrato Isaac?- mi domandò lui

-Sì signore, non si preoccupi non mi ha ridotto in brandelli- dissi sorridente mentre osservavo quest'ultimo, che con la faccia infastidita, si era voltato verso il finestrino.

-Okay riuscite ad arrivare ani e salvi? Non posso più parlare... a domani...- la frase che avevo in gola era stata smorzata dal suo repentino "pass-e-chiudo" seguito da un ronzante squillo da parte del telefono che ormai non prendeva più a causa della pioggia, avevamo appena passato il confine della California, più presto di quanto mi fossi aspettato. Avevo aspettato varie ore prima che Isaac si svegliasse, per potergli parlare dell'accaduto. Ma evidentemente mi ero sbagliato sul suo essere estroverso.

-Dai accosta. C'è una locanda qui....-mi consigliò lui.

-Che nome incoraggiante..."Do not open this door".- la scritta era così lugubre e così grande che ci era voluto un cartello extra-large per contenerla.


Appena parcheggiai, la macchina, Isaac scese, con un'innaturale fretta.

-Ehi! Che hai?- domandai ridendo.

-Ho fame...- accennò lui imbarazzato.

-Okay, oggi ci faremo una bella scorpacciata, di: bulbi oculari, unghie di strega e denti d'orco...- sorrisi elencando con le dita tutte le schifezze possibili ed immaginabili, che mi facevano pensare al misterioso nome "Non aprite quella porta".

Alla fine Isaac aprì quella porta, quella bizzarra porta, per poi scoprire che era uno strip-club.

-Che facciamo?- mi chiese crepando dalle risate. Io mi massaggiavo la nuca, in cerca di una possibile soluzione.

-Avranno pure qualcosa da mangiare, almeno un panino...- chiesi supplichevole, e dannatamente imbarazzato per quell'entrata poco professionale. Cerano uomini eccitati dappertutto, le donne lanciavano reggiseni a destra e a manca, come fossero foglie secche. ù

-Dai andiamo. Non guardiamo e proseguiamo defilati.- proposi io.

-Però una sbirciatina c'è la darei...- ipotizzò Isaac.

-Isaac dobbiamo solo mangiare, non sbavare...- affermai sicuro io sedendomi difronte al bancone, cercando si possibile di non badare a tutto il fracasso che c'era.

-Cosa vi porto?- mi chiese la ragazza al bancone.

-Due panini con prosciutto e maionese.- le risposi io serio.

-E da bere? Volete qualcosa? Volete qualcuno?- mi si era avvicinata così tanto che pensavo si fosse tramutata in una cozza mannara.

-Da bere non vogliamo nessuno, ma soltanto due bicchieri giganti, e dico giganti d'aranciata...- affermai io cercando di scollarmela da dosso.

-Sa cosa è l'aranciata? Quel liquido arancione che profuma d'arancia, quella bottiglia su cui c'è la scritta "Fanta"...- mimò le virgolette Isaac, mentre rispondeva acidamente alla signora.

-Sì, sì.- se ne andò delusa quella. Dopo pochi minuti ci posò i panini imbottiti davanti agli occhi, mentre continuava a guardarmi insistentemente, attraverso gli occhiali da vista.

-Bene non fare complimenti...- annunciai io al ragazzo che si fiondò sul panino, come se non mangiasse da settimane.

-Okay...- sussurrai io addentando un piccolo pezzo di pane, che si prospettava il primo di quella lunga serata.




The Twilight Saga:                The TimeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora