Parte 29 Io so chi sei

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«Per ognuno dei miei desideri che si sono realizzati, io ho dimenticato qualche cosa. È così anche qui?» Lei annuì lentamente. «Ma io non mi accorgo di nulla! E adesso che cosa dimenticherò?»
«Te lo dirò quando sarà il momento giusto. Altrimenti tu cercheresti di tenerti stretto quel ricordo.»

Alzo lo sguardo verso Andrea. Sembra completamente rilassato, i movimenti involontari che lo assediavano prima sembrano molto più ridotti. La mia voce non sembra nemmeno la mia. Dove ho scovato questo tono così confortante?

«Ma è proprio necessario che io perda tutto?»
«Niente va perduto», rispose lei, «tutto si trasforma.»
«Ma allora», fece Bastiano inquieto, «allora dovrei affrettarmi. Non dovrei starmene qui così.»
Lei gli carezzò i capelli. «Non preoccuparti. Finché dura, dura. Quando il tuo ultimo desiderio si risveglierà, allora lo saprai. E io anche.»

Andrea ogni tanto chiude gli occhi, come a immaginarsi la scena. Ha lo sguardo di un bambino a cui la
madre stia leggendo una favola prima di dormire.

Da quel giorno in poi qualcosa cominciò veramente a cambiare, sebbene Bastiano non se ne accorgesse. Ma, come tutte le vere trasformazioni, essa avveniva lentamente, in silenzio, come la crescita di una pianta.

Non ho mai letto una storia a nessuno. Non sono sicura di starlo facendo tanto bene, forse sto andando a ritmo troppo rapido, o forse il mio tono è troppo piatto. Andrea, però, sembra più felice che mai.

Ma i desideri non si possono evocare, né soffocare a piacimento. Essi nascono dalle profondità più remote del nostro animo, più nascosti di ogni altra intenzione, siano essi buoni o cattivi. E a nostra insaputa.

Mi fermo, senza fiato. Già, è proprio vero. I desideri hanno vita propria. Nascono e agiscono senza che noi possiamo assolutamente controllarli. La mia mente viaggia a cercare nella mia memoria un'immagine di Filippo. Niente va perduto, tutto si trasforma. Quello che provo per lui non si è perso, si è solo trasformato.

Andrea attira la mia attenzione. Devo aver avuto lo sguardo perso nel nulla per qualche secondo. Mi riscuoto sorridendogli, imbarazzata. Lo osservo scrivere qualcosa sul blocco di carta.
Io so chi sei.
Lascio lo sguardo fisso sul foglio con un brivido freddo dietro il collo. Il cuore inizia a battermi forte tanto da coprire qualsiasi altro rumore intorno a me. Mi sento come una studentessa beccata a copiare dall'insegnante. Alzo timorosa gli occhi su di lui, che continua a sorridermi. Infine, fa un cenno con la testa in direzione della parete opposta. Seguo il suo sguardo fino alla vetrata che dà sul corridoio, oltre cui Filippo ci osserva.
Il cuore mi batte sempre più forte, sento le guance arrossarsi completamente e il mio viso accaldato. Dall'altra parte del vetro, Filippo mi guarda con lo sguardo più indecifrabile di sempre. Sembra stupito, felice, sconvolto, preoccupato, tutto insieme.

So chi sei. Sa chi sono. Mi alzo e indietreggio di colpo, gli occhi bassi e la voce indecisa.

"Ehm, bene, ora che... tuo padre è arrivato, posso lasciarti... con lui". Raccolgo in fretta il libro e la mia borsa, tirando indietro i ciuffi di capelli finiti sugli occhi. "Sono felice che stai meglio". Concludo, con un tono più convinto. Lo sono davvero, e sono altrettanto felice di averlo conosciuto e che mi abbia regalato un momento tanto intenso. Lui mi osserva un po' contrariato, o forse confuso. Ma io non posso rimanere qui, ora.

Esco frettolosamente, e fuori dalla porta subito mi si affianca Filippo.
E' così vicino, così bello, così famigliare. Sento che il mio corpo necessita di ricongiungersi al suo. Resto invece rigida come una scopa con gli occhi vitrei, completamente a disagio. Filippo è allo stesso modo impalato, in atteggiamento inflessibile, ma i suoi occhi tradiscono tutt'altro.
"Sei stata... fantastica", mormora con un piccolo sorriso. Io sorrido di rimando, incapace di rispondergli, intrecciando nervosamente le dita. "Andrea di solito è piuttosto riservato e schivo. Tu, sei riuscita..." Si blocca, passandosi una mano sulla fronte, gli occhi che brillano. "Non l'avevo mai visto così... aperto, con qualcuno che non conosce. Anche se..."
"Anche se, un po' già mi conosce?", lo interrompo, concludendo la sua frase, gli occhi fissi sulle mie scarpe.
"Tu gli hai parlato di me". Lo dico a metà tra una domanda e un'affermazione, un po' allarmata, un po' compiaciuta. Infine, alzo gli occhi su di lui, che si poggia le mani sui fianchi.
"Sì. Ho sentito di volerglielo raccontare. Ne ho parlato solamente a lui. Volevo dargli una spiegazione,
dopo..." di nuovo si interrompe. Immagino che non voglia dire ad alta voce davanti a me di essersene andato di casa. "Non sa molto. Volevo solo che sapesse cosa provavo"
Nonostante tutto, mi spunta un sorriso luminoso. Non mi ha dimenticata. Ha lasciato sua moglie, e ha parlato a suo figlio di me. Non gli avrà riferito ogni dettaglio, ed è meglio così, ma deve aver sentito il bisogno di raccontare i suoi sentimenti a qualcuno. A suo figlio. Non è una cosa da poco.

Ci guardiamo fissi negli occhi, le parole a mezz'aria tra di noi. Poi, dalla mia borsa si distingue la vibrazione del mio telefono. Spezzo l'incantesimo, mi allontano di qualche metro e rispondo a una telefonata di mia madre. Dio, mi ero dimenticata che mi aspettavano per cena.
"Mamma, scusa. Non ti ho avvisata".
"Cos'è successo, va tutto bene?"
"Sono in ospedale. Ma va tutto bene. Sono con... Celeste." Abbasso un po' la voce. "Aveva bisogno che la accompagnassi. Suo fratello è stato male. Ora torno a casa". Alzo gli occhi su Filippo, che non ha smesso per un secondo di guardarmi dritta negli occhi. Dall'altra parte della cornetta, silenzio per qualche secondo. Sento mia madre sospirare sonoramente. "Prenditi tutto il tempo che ti serve. Quando tornerai, troverai la cena che ti aspetta. Ora rimani vicina a Filippo." Le mie sopracciglia si curvano. Che cosa ha detto? Resto in silenzio. Deve essersi sbagliata. "Mmm... ok, mamma, a tra poco." Riaggancio prima che lei possa articolare qualsiasi risposta.

Mi riavvicino a Filippo, che sembra più rilassato di prima.
"Allora, avete saputo qualcosa di più dai medici?" Gli domando ancora un po' imbarazzata.
"Sì, sembra che in effetti sia stato un attacco epilettico. Potrebbe iniziare a soffrirne, da questo momento in poi. Stanno facendo altri accertamenti, ma la situazione non è grave, per fortuna." I suoi begli occhi ora mi sembrano coperti da un velo di tristezza. Mi sento pervasa da un sentimento di sollievo. Sono felice di sentirglielo dire. Vorrei dirglielo. Dirgli che sono felice per suo figlio. Vorrei dirgli che ha cresciuto un ragazzo straordinario, forte e sicuro di sé, nonostante tutto. Vorrei abbracciarlo per farlo sentire meglio. Vorrei dirgli che ora che se ne è andato di casa vorrei tornare con lui. No, Marta! Cosa dici? Non è niente di definitivo. Ha preso una decisione e tu non sei coinvolta, di nuovo. Togliti dalla testa qualsiasi fantasia.
"Meglio così", riesco solamente a dire, infine.
"Grazie, per quello che hai fatto oggi. Non eri tenuta a farlo, ma hai portato qui Celeste, e sei rimasta. E dicevo sul serio, mi ha colpito vedere te ed Andrea così in sintonia. Lui fatica a fidarsi delle persone, ma con te, voglio dire..."
Lo interrompo. La mia lingua agisce senza che il mio cervello in tilt possa intervenire. "Bene, ora devo andare." Il mio tono era così secco che non posso credere di essere stata io a parlare. Il mio cuore è troppo ferito per sopportare un altro minuto con lui qui davanti. Ho paura di cosa potrebbe dirmi. Di cosa potrei dirgli io. Alzo la mano in segno di saluto e lo osservo cambiare espressione, la rassegnazione subentrare nei suoi occhi su tutti gli altri sentimenti che gli avevo letto in viso.

Volto le spalle ed esco di lì.

Vicino al cuoreWhere stories live. Discover now