Parte 30 La strada più tortuosa

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Giro la chiave nella toppa di casa con un po' di fatica. Il mazzo è bagnato per la pioggia, le mie mani stanno tremando, e ormai è quasi buio. Quando entro, poggio la schiena contro la porta e sospiro per far fuoriuscire tutto il peso che ho accumulato nel petto. Speravo di sentirmi meglio, ma non è così. Quel peso non è per nulla calato e, tra le gocce di pioggia che mi ricadono in viso, qualcuna più calda mi fa capire che sto cominciando a piangere.

Tiro su col naso ed entro in salotto. Mia madre è sul divano quasi assopita, illuminata solo dal lieve bagliore dell'abat-jour. Mi stava aspettando cercando di rimanere sveglia. Sento una stretta al cuore: la mia mamma, quando mi sento smarrita, è la persona di cui più ho bisogno. Mi soffermo ad osservarla mentre lei si risveglia percependo la mia presenza. Si alza come se avesse avuto una molla sotto di sé, poi a pochi centimetri da me, si ferma.

Mi sta scrutando, provando a leggere tutte le emozioni che ho addosso. "Oh, Marta".

Mi basta sentire la sua voce perché le mie lacrime scendano libere sulle guance. Non so perché sto piangendo. Sono frustrata, sono felice, sono sopraffatta. Questi mesi sono stati talmente densi di trasformazioni, per me.

Mia madre mi stringe e sento tutto il suo calore fin dentro le ossa. Appoggio la testa sulla sua spalla, inspiro l'odore dei suoi capelli, e lei con la mano mi accarezza le guance. Mi sforzo di richiamare alla memoria l'ultima volta che mi sia comportata così con lei, ma non ci riesco.

"Mamma, io... non so cosa mi prenda". Ho parlato aprendo bocca senza sapere cosa ne sarebbe uscito. Mi sento al pari di una bambina che ha bisogno di sua madre per comprendere quello che prova. Ma non è sempre così?

"Lo so, tesoro."

Qui, immersa tra i capelli della mamma, sento che il peso di quello che sto vivendo sembra già un po' meno pesante. Mi allontano leggermente da lei, lasciando che studi il mio volto. Mi aspetto a questo punto che mi domandi cosa diavolo mi stia succedendo, mi chieda se sia preoccupata per il mio trasloco, o se sia ancora ferita per quello che è successo con Emanuele, o che voglia sapere se c'è qualcosa di cui lei non è a conoscenza.

"Hai parlato con lui?", mi domanda, invece.

"Con Andrea?". Che strana domanda. "Sì, ma..." Ma mia madre mi interrompe con tono deciso.

"Con Filippo".

Una serie di ombre dubbiose attraversano il mio volto. Ma cosa sta dicendo?

Con la fronte aggrottata e il volto inclinato, sono io ora a scrutare il viso di mia madre. Sembra decisamente sicura di sé. Non ha per nulla l'espressione smarrita di una madre che vede tornare a casa sua figlia piangendo senza motivo di notte. Mi aspettavo che sarebbe rimasta scioccata, a vedermi in questo stato. Ma lei, me ne rendo conto in un istante, sa.

Si scioglie in un sorriso imbarazzato, con una mano si copre gli occhi.

"Non sono mica nata ieri, Marta".

Ogni peso è volato via improvvisamente dal mio cuore. Mia madre ha capito tutto. Sa tutto. Sa quello che è successo, sa cosa mi porto dentro, sa come posso sentirmi ora dopo tutto quello che è capitato.

Posso solo scuotere la testa lentamente, con gli occhi spalancati. "Questo è... inaspettato."

Mia madre fa una risatina spontanea, ma noto che anche i suoi occhi sono lucidi. Mi viene incontro e mi fa il gesto di sedersi accanto a sé sul divano. Mi porta un braccio intorno alle spalle.

"Allora, cosa vi siete detti in ospedale?" Il suo tono è così confortante, calmo, che mi fa venire voglia di raccontarle tutta la vicenda dall'inizio, senza omettere un particolare. Ok, forse non è il caso.

"Ecco... niente, in realtà. Andrea è stato male e io ero concentrata su questo". Il mio tono è piatto: sono realmente imbarazzata, ora che mi rendo conto che tutto quello che ho cercato di nascondere ai miei genitori, è proprio davanti ai suoi occhi, ora come chissà da quanto tempo. "Ma tu... come..." Non termino nemmeno la frase.

"Marta, ho qualche anno più di te, due occhi e un cervello funzionanti." Si apre in un bellissimo sorriso che mi fa sentire sollevata. "So riconoscere i comportamenti di due persone che nascondono qualcosa. So interpretare le coincidenze."

A questo punto allargo ancora di più gli occhi e devo apparire particolarmente confusa.

"Vi trovavate insieme un po' troppo spesso, e troppo casualmente, voi due. Vi guardavate in un modo molto... intimo". Scuote la testa e di nuovo si copre gli occhi con le mani. "Immagino che qualcosa sia accaduto fra voi e quel qualcosa si sia interrotto. Filippo non si fa vedere a casa da un bel po' di tempo. E poi, alcune cose le senti senza bisogno di troppe spiegazioni".

Sbuffo, leggermente imbarazzata anche io, ripensando a tutta la mia preoccupazione, gli sforzi per non far capire a nessuno cosa stesse succedendo, mentre alla fine lo avevano capito tutti.

"Non posso dire di essere la donna più felice del mondo, a riguardo." Il tono della sua voce si fa un po' più basso, triste, direi. "Non ti racconterò una favola, non so, che anche io e tuo padre abbiamo lottato contro il mondo per poter stare insieme, come Romeo e Giulietta. Non è così. E pensare a mia figlia in una situazione così complicata...". Sospira, prendendosi un attimo prima di cominciare. "Un genitore vuole sempre il meglio per i propri figli. Vorrei sempre che tu non soffra, e che possa vivere semplicemente felice. Ma mi rendo conto che per arrivare a essere felice, qualcuno sceglie la strada più tortuosa. Così, forse, l'obiettivo finale è ancora più bello." Mia madre sta ormai piangendo, le guance arrossate e un sorriso dolce in volto.

La abbraccio d'impeto, unendomi al suo pianto.

"Mamma, non vorrei mai deluderti."

"Questo non mi delude, Marta. Ma mi fa soffrire, vederti così. Pensare che stai tanto male per lui."

Prendo fiato, riflettendo per qualche secondo. "Non soffro per lui. Non è lui a farmi soffrire. Anche solo pensare a lui, mi fa sollevare a un piano più alto. Mi sento più leggera, capace di qualsiasi cosa. E' la paura. Forse ho sbagliato a lasciarlo andare. Dovevo rimanere a battermi."

Mia madre sorride facendomi un buffetto sulla guancia.

"Certe cose si capiscono meglio quando ci si distacca dalla situazione che si sta vivendo. C'è bisogno di tempo e pazienza per le cose belle. Vederti stare male come ti ho vista nelle ultime settimane mi ha stretto il cuore. Ho odiato quell'uomo, per questo motivo. Non c'è nessuno che possa alleviartelo, quel dolore che provi, se non te stessa. Nemmeno Filippo potrebbe."

Mi strofino gli occhi ormai arrossati, e mia madre mi porge un fazzoletto, come faceva quando ero bambina e piangevo perché qualcuno dei miei amichetti mi aveva fatto un dispetto.

"Non è il dolore, e nemmeno la paura, a pesarti. Tu hai addosso un forte senso di colpa. E' questo, da cui non riesci a liberarti. Pensi di avere su di te ogni responsabilità, per come è iniziata, per come è finita, e questo non può togliertelo nessuno."

Mi sento svuotata completamente. Frustrazione, rabbia, paura, indecisione, timore, amore, imbarazzo: tutto svanisce cancellato da un colpo di spugna, e posso vedere davanti ai miei occhi il mio cuore battere lentamente, gonfio, e al suo interno una vignetta che recita Senso di colpa di Marta, premere contro le pareti fino a farlo esplodere.

"Ma sai, nessuno di noi può scegliere cosa provare. E questa è l'imprevedibilità, e la meraviglia, della vita. Non ci sono sentimenti giusti, o sbagliati".

Le lacrime mi scendono ancora più numerose sulle guance, ma le sento bruciare sempre meno. Non sono più amare. Mia madre prosegue.

"Adesso, solo tu puoi scegliere. Ma devi sapere che hai comunque il mio appoggio, qualunque strada prenderai."

Mi sento d'un tratto leggera, forte.

"Mamma, tu credi nel destino?"

Mia madre sorride, mi stringe e poi si asciuga gli occhi.

"Ma certo. A volte, però, bisogna forzarlo un po', perché vada nella direzione giusta."

Vicino al cuoreTempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang