Parte 10 Non hai bisogno di stravolgimenti

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Ok, nessun problema. Qualche giorno di tempo. Posso resistere benissimo.

Ma cosa intendeva con "qualche giorno"? Tre giorni? Una settimana? Due?

Basta. Decido che il modo migliore per trascorrere questo tempo indefinito di pausa sia distrarmi completamente. Non pensare più a quella serata, a Filippo, alle sue labbra, alle sue braccia forti, alle sue dita strette sulla mia carne.

Basta, ho detto!

Devo semplicemente trovare qualcos'altro a cui dedicarmi. Qualcosa che magari non trovo mai il tempo di affrontare. Qualcosa che rimando continuamente. Ci sono! Organizzerò i file sul mio PC. Tutte quelle foto disordinate accumulate negli anni. Ci metterò mano e le catalogherò con precisione in cartelle archiviate per bene. Dopotutto, quando in testa hai il caos, riorganizzare anche solo un piccolo aspetto della tua vita può giovare moltissimo.

Annuisco soddisfatta asciugandomi le mani con il canovaccio. Il lavello della cucina ora è perfettamente pulito, concludo. Sento una vibrazione e allungo la mano verso il mio smartphone. Un messaggio di Carolina.

"Ti ricordi di stasera?"

Aggrotto la fronte. Stasera? Cosa dovrei ricordarmi? Non me la sento di risponderle con sincerità: penserebbe, come al solito, che ho la testa fra le nuvole e non ricordo mai nulla. Rifletto qualche secondo quando lei mi anticipa.

"Il concerto!!"

Oh, mio dio. Il concerto! Il nostro dj preferito! Avevamo deciso di partecipare talmente tanto tempo fa, quando la mia vita era così diversa, che l'avevo completamente dimenticato. A ripensarci, mi sembra la vita di qualcun altro. Ora quello di uscire, in realtà, è l'ultimo dei miei pensieri.

"Scusami ma temo di non essere proprio dell'umore. Preferirei andare a dormire presto" ...così che domenica arrivi più in fretta e il tempo che mi separa da Filippo scorra più in fretta. NO! Non pensarlo nemmeno.

"Sei noiosa! Non ci sono scuse, ci tengo e ci tieni anche tu! Poi è gratuito quindi è deciso, si va"

La mia più vecchia amica mi fa sentire un po' in colpa. In effetti mi piacerebbe sul serio. Al diavolo, si può fare.

"E va bene. A che ora ci incontriamo?"

"Aperitivo alle 19:30."


Alzo lo schermo del portatile e affronto la cartella "Immagini". Inspiro profondamente preparandomi per questo lavorone. La mia mente affollata è pronta ad affrontare la sensazione liberatoria di mettere ordine.

Scorro alcune foto distrattamente. Mio dio, ci saranno almeno tremila immagini da ordinare. A una prima occhiata molte di queste si possono scartare senza problemi. Inizio ad aprire, chiudere e cancellare file senza un vero criterio. Poi mi blocco.

Una foto di me e Ema.

Ai tempi dello scatto, qualche anno fa, era la mia preferita. Eravamo ad una cerimonia, eleganti ed abbronzati, seduti contro un muretto con i mattoncini a vista, io sono immortalata mentre bacio la punta del naso a lui che tiene gli occhi chiusi. I colori sono perfetti, le nostre pose perfette: è meravigliosa. Gli ho sempre ripetuto, nel tempo, che avremmo dovuto stamparla in formato grande e incorniciarla su qualche parete. Magari quella in salotto rimasta libera tra la finestra e la credenza.

Oh, dio, la nostra casa. Quanti sacrifici, quanti progetti. Mi rendo conto ora di sentirla ancora come casa mia. Il mio cuore è diviso a metà.

Solo che quella foto io non l'ho mai stampata e men che meno lo ha fatto lui. Un po' come il mobiletto a cui volevamo mettere i piedini per rialzarlo leggermente, che è ancora senza. O come il progetto in giardino di creare l'aiuola, di cui non si è mai fatto nulla. Ogni volta che desistevo io, non si realizzava mai nulla.

Vicino al cuoreWhere stories live. Discover now