Madre

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Il pranzo fu servito alle dodici e trenta.

Christian non era presente. Mi costrinse a mangiare da solo. Non mi sarebbe dispiaciuto avere un'altra conversazione con quel personaggio. Era interessante. Tuttavia rimasi solo per tutto il resto della giornata. Non si presentò neanche per la cena. Al tempo pensai che si fosse rintanato nella sua stanza.

Non avendo nessuno con cui parlare iniziai a gironzolare con indosso i miei nuovi calzoni verdi appena usciti dalla lavatrice. Provai a scaraventarmi contro una delle api operaie che trafficava ai piani bassi e come risposta ebbi solo un'occhiataccia. Provai anche con uno dei piloni che stavano immobili davanti alla porta principale, da quello non ebbi alcun riscontro. Mi stavo annoiando a morte. Mi ritrovai addirittura a cercare gli occhi scuri della Faure ma nulla da fare.

Tornai nella mia stanza, dalla chiacchierata con Christian non avevo più parlato con qualcuno, mi sentivo in astinenza da chiacchiera. Prima di aprire la porta buttai un occhio verso la camera di Christian sperando di trovare uno spiraglio aperto, o un segno di vita da parte sua ma nulla. La sua porta era sigillata.

Strisciai nel mio buco verde e bianco. Mi buttai a capofitto sul letto e chiusi gli occhi. Dormii profondamente fino alla mattina successiva. Mi svegliò la luce fredda delle sette del mattino, irradiava dalla finestra. Provai a chiudere gli occhi un altro paio di volte anche se oramai ero sveglio. Andai verso la finestra per socchiudere per lo meno le tende che lasciavano invadere la luce accecante del mattino in tutto lo spazio. Rimasi pietrificato da ciò che vidi oltre il vetro di quella finestra. Proprio al di sotto di essa. Lì, immobili e impassibili. Papaveri rossi.

La mia stanza era esattamente sotto la serra a cui avevo fatto visita il giorno prima. Il soffitto della serra era anch'esso di vetro, ed era limpido quell'infame. Avrei potuto ammirare quei fiori maledetti anche dalla mia camera. Erano lì che mi fissavano a loro volta. Come se mi parlassero. 'Ehi Will, come va la vita? Hai dormito bene? Noi siamo sempre rimasti qui.' Era questo che mi dicevano. Mi sentivo molestato da quelle macchie rosse.

Presi un cambio e me ne andai. Dovevo andare lontano da quegli orribili fiori. È stato il caso a volerli lì? Un Dio che gioca a dadi ha voluto questo o è solo un pessimo gioco architettato da qualcuno? E chi lo sa. Questo rimbombava nella mia testa. Giravo in tondo, senza trovarne un capo o una fine. Mi rintanavo nell'aspra ironia di quel caso.

Andai verso le docce e mi cambiai, poi mi diressi verso la sala comune. La colazione sarebbe stata servita dalle sette e trenta fino alle otto. Certo non mi aspettavo di vederci Christian data l'assenza del giorno prima. Invece, lo vidi proprio lì. Era seduto al tavolo di legno al centro della sala. La tavola era imbandita di cibo e bevande, caffè incluso, ma lui non aveva toccato cibo. Lo avevo trovato lì a fissarlo, con le mani incrociate sotto il mento. Ci mise qualche secondo a rendersi conto che ero sulla soglia. Si voltò così lentamente verso di me che in quel lasso di tempo avrei già finito una tazza intera di caffè.

< Ciao...> mi disse con voce flebile. Dall'ultima volta sembravano esserglisi annerite ancora di più le occhiaie.

< Qui il mattino ha l'oro in bocca, dico bene? >

< C...come? >

< Niente. > gli dissi sedendomi al tavolo con lui. Davanti a me c'era dolce e salato, spremute, orzo e quant'altro. Presi una delle tazza trasparenti in mano, a pochi centimetri da dove mi ero seduto. Era di plastica rigida. I dettagli rendono tutto più limpido, niente metalli o oggetti taglienti nei dintorni. In quel momento riconobbi alcune caratteristiche tipiche di un ospedale di cura. Non gli detti molta importanza, così ci versai un po' di caffè dentro e iniziai a sorseggiandolo.

ESPERIMENTO MORTALEWo Geschichten leben. Entdecke jetzt