Il pesce Blob

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Quella sera io e Marco finimmo per raccontarci le nostre storie. In cambio della risposta alla sua domanda gli chiesi come è iniziato il tutto, cosa ha scaturito questo progetto. Mi rispose che non lo sapeva. In compenso mi raccontò una storia altrettanto particolare.

Qualche anno prima, Yann

Era una serata fresca ma la neve non attecchiva ancora al suolo. Non si sentiva nient'altro che gufi mentre il sole stava per sparire tra le montagne. L'atmosfera era calda alla locanda. Il camino era acceso, il fuoco sfrigolava e il legno scoppiettava a ritmo irregolare come non mai. Le persone erano poche e sempre le stesse, tutte con le proprie preferenze alcoliche; c'era chi con il sigaro davanti al camino, chi seduto al bancone, e chi seduto in un angolo che, malinconico, guardava fuori dalla finestra. Tra le chiacchiere, lo sfrigolio del fuoco e il tintinnio dei cucchiai all'interno delle tazze si creò un ambiente di quiete e tranquillità. Una tranquillità subito spezzata dal trillo del campanello appeso all'angolo della porta d'ingresso. Un uomo, alto e grosso aprì la porta. Era Frederic Moreau. La sua faccia esprimeva chiaramente la frase: 'non venire a parlarmi'.
Attirò l'attenzione come una lampada con delle falene. I piccoli occhi scuri di Moreau scrutavano tutti, dal primo all'ultimo paesano all'interno della sala. Dopo essersi schiarito la voce si avvicinò al bancone e si sedette su uno degli sgabelli di legno, a qualche posto di distanza dalle altre persone. Marco, da quanto mi disse, si avvicinò a lui e quasi intimorito gli chiese: <Il solito, Moreau?>. Il vecchio fece di sì con la testa e pochi secondi dopo reggeva una pinta di birra Moretti in mano. La sorseggiò con calma, l'unico suono che riempiva il silenzio. Lui era ancora fornito di sciarpa e cappello. La locanda si era già riempita di sussurri. < Che cosa sarà venuto a fare? > una domanda che non passava affatto come un sussurro alle orecchie di Moreau, che spazientito mise la pinta sul banco e la mano in tasca che cercava qualcosa. Tutti si erano ammutoliti una seconda volta e sbigottiti guardarono scrupolosamente ogni mossa che faceva. Moreau tirò fuori dalla tasca una busta un pò stropicciata: era una lettera. La alzò in alto in modo che tutta la sala avesse potuto vederla. Intanto altri sussurri si fecero avanti.
< Che cos'è? >
< Per chi di voi, MM, non lo sapesse, questa: è una lettera.> non era mai stato così schietto e sarcastico con qualcuno da tanto.
< Ma non mi dire, in dieci anni sei riuscito finalmente a dire qualcosa Moreau: lettera. Sono sbalordita! > ad intervenire così bruscamente era l'unica persona che non aveva timore di lui, la signora Agnese Romano. La vecchia panettiera del paese, più acida dell'accento e per di più così brutta che al solo vederla passa il singhiozzo. Era l'incarnazione umana del pesce blob.
< Tu invece sei rimasta una buzzurra come sempre Agnese...>

Marco interruppe la conversazione tra i due offrendo ad entrambi un secondo giro di pinte. < Allora Moreau, dicci... di che si tratta?> il giovane con un cenno della testa indicò la lettera e subito Moreau gliela porse senza esitare. Il barista rimase sorpreso da quel gesto, e prima di prenderla si pulì le mani con uno straccio. Aprì la lettera. Incominciò a leggerla tra sé e sé guardando di sfuggita, fra una riga e l'altra, il vecchio, che non gli toglieva gli occhi di dosso. Come se si aspettasse una qualche reazione esagerata da parte del ragazzo. <Moreau, qui...qui c'è solo scritto che ti hanno offerto un lavoro come autista... i-io, insomma, sono, sono felice per te...?> Marco si rivolse intontito al vecchio.
< Il mittente, enfant, guarda chi la manda. > lo sguardo di Moreau si abbassò, cruciando la fronte. Vedendo quella nota di cruccio nel vecchio, il cuore del giovane, e degli altri paesani nella locanda, si riempì di angoscia. Nessuno fiatò.
< Ma dai, Moreau... e chi sarà mai...> Marco girò la busta. C'era un nome scritto in piccolo, in un angolo della lettera: Dott. Lacroix.
< Allora ragazzino?! Chi è il famigerato che ha fatto paura all'Uomo-nero qui accanto, eh? Dà qua! > con gesto poco garbato Agnese Romano girò senza esitazione la busta, nonostante abbia notato le reazioni dei due poco prima. Appena letto il nome sgranò quei suoi piccoli occhietti a goccia. La sua fronte iniziò a farsi sudicia e lucida.
< N-non vedo che motivo ci sia di preoccuparsi, non... non è una tragedia signori...> esclamò Marco, dopo aver deglutito più di una decina di volte.
< Guarda, enfant, che quello che sta tremando sei tu. > disse Moreau. La signora Romano si sedette pacatamente con ancora la lettera tra le mani. Gli occhi di tutti, ora, erano su di lei. Lèsse la lettera più minuziosamente del giovane. La tenne stretta, con entrambe le mani. E anche la sua espressione iniziò a mutare. La sua pelle diventò più emaciata e gli occhi le si sgranarono. I più vicini a lei potevano vedere le gocce di sudore che le scendevano dai rotoloni di grasso che ha sul collo. I due uomini vicino al camino, troppo presi dalla scena, si dimenticarono di avere i sigari ancora in bocca, che si andarono a consumare in fretta facendo cadere la cenere sui loro pantaloni. L'uomo solitario, invece, quello vicino alla finestra che poco prima era pensieroso e malinconico, prese il cappello, se lo mise in testa, lasciò la mancia sul tavolo - e che bella mancia era, secondo Marco -, si alzò e si incamminò frettolosamente fuori dalla locanda; seguito con la coda dell'occhio da Moreau, che sbuffò biasimando l'uomo appena fuggito. Il vecchio era ancora seduto al bancone, e senza neanche togliersi i guanti iniziò a sorseggiare la seconda pinta.
Anche Agnese Romano che da poco aveva finito di leggere la lettera per intero, iniziò a bere la sua birra, tutta d'un fiato. Sbatté il bicchiere vuoto contro il bancone esclamando : <Ah!>
Per lo meno non aveva ruttato. < Bisogna ammettere però, che un nuovo ospedale ci serviva. >
< Ospedale? Di che parla signora Romano?! > chiese Marco. Agnese Romano rimase incredula della domanda.
< Ma l'hai letta la lettera o no ragazzino?! Lacroix costruirà a breve un ospedale di cura! >
< Lacroix? È tornato...? Ospedale? >
Il vociare diventò un frastuono esagerato. Molti dei presenti lasciarono la sala. Quel nome. Era da tanto che qualcuno non lo pronunciava. Solo un essere noncurante delle chiacchiere come la signora Romano avrebbe potuto dirlo a bocca larga. Quello era uno dei nomi che erano stati sepolti insieme alle loro tragedie. Non veniva udito da quando l'ultimo membro della famiglia aveva lasciato il paese molti anni prima.
E mentre la sala si svuotava, e il fuoco si spegneva, Moreau finì la sua seconda birra, passando così ai salatini, che erano di fianco a lui. I tre al bancone si voltarono verso la porta guardando quelle poche formichine impaurite mentre lasciavano la locanda. Marco guardò la scena confuso mentre puliva il bicchiere di Moreau con uno straccio. Agnese Romano era alla sua terza pinta. Moreau voltò la testa di poco, e solo per godersi la comicità della scena. Qualche secondo e rimasero solo tre, tutti a debita distanza l'uno dall'altro. Calò il silenzio ancora una volta.
< Almeno avremo delle cure decenti, la nostra farmacia non ha neanche le garze...> ribadì la signora Romano.
< Uh...? È un ospedale di cura, curerà les fous... > la corresse Moreau infastidito.
< Le che? > Moreau era sconcertato. < Les fous! I pazzi! Gli usciti di cervello! O come cavolo li chiamate...! > faticò a trattenere l'irritazione provocata da quella donna.
< Pazzi? Ah! Ma fammi il piacere! In questo posto mancavano solo i pazzi. > mentre i due discutevano, Marco riprese la lettera in mano rileggendola con più a attenzione (visto che la prima volta aveva letto solo le parti in grassetto che saltavano subito all'occhio).

< Qui dice che costruirà l'ospedale di cura 'Venenata Mens', chissà cosa significa, beh... bla, bla, bla... 'nel periodo primaverile finiranno i lavori'... In meno di sette mesi?! Assurdo! - intanto i due vecchi si girarono ad ascoltarlo mentre farfugliava le frasi scritte sulla lettera - Mah! Comunque... che altro dice? Beh, c'è la parte in grassetto che dice: 'Carissimo Frederic Moreau, le scrivo questa lettera non solo per aggiornarla sulle mia decisioni, ma anche per offrirle un lavoro come accompagnatore in macchina dei miei futuri pazienti, in quanto sono a conoscenza delle sue varie esperienze pregresse all'estero...' Bla, bla, bla... 'i pazienti saranno cinque ogni anno e la durata del soggiorno sarà di dodici mesi, o prima in caso di riabilitazione precoce.' Più avanti non c'è scritto altro. > Marco sospirò e guardò i due con la lettera fra le dita.
< Signori, se devo essere sincero, non ho capito nulla. Proprio nulla, eccetto che lei, Moreau, diventerà un autista. >
< Sempre che lo accetti, enfant. >
< Cos'è che non capisci ragazzino?! > la birra e la saliva uscivano dalla bocca della signora Romano come la coclea degli uccelli. Anche la sua voce era fastidiosa, lei non parla: grida.
< Non sono un ragazzino... > mormorò Marco.
< Lui arriva, viene qui, si costruisce il suo bel edificio e ci porta pure gli spaccati! Li mischierà qui e ce li ritroveremo fra i piedi. Qui! A gironzolare come se nulla fosse! Come se fosse casa loro! Cos'è che non comprendi? Ah lasciamo perdere, non capiresti neanche se te lo scrivessi... oh, aspetta, era già tutto scritto! > ogni parola era una folata di alito alcolico. Da rabbrividire. 'Che schifo' pensò Marco 'Non avrei dovuto offrirle la birra'.
< Ma sopratutto... > continuò la signora Romano: < ... perché Lacroix ha scritto a te la lettera? Eh, Moreau ? >
Moreau si sollevò dallo sgabello e si pulì le dita dalle briciole (gli unici frammenti rimasti dal massacro dei salatini) e riprese la lettera dalle mani del giovane Marco. Poi frugò nuovamente nelle tasche della giacca.
< Agnese, invece di schizzare la tua saliva contro di noi, vatti a lamentare con il diretto interessato, ou tu n'oses pas? > Agnese Romano si ammutolì immediatamente.
Moreau tirò fuori dalla tasca una seconda lettera. < Enfant. Questa è per tuo zio. > alzandosi, guardò i due: prima la panettiera trattenendo una smorfia, poi il ragazzo che lo guardò spaventato. Lasciò a lui la lettera e una ventina di euro come mancia. Si voltò senza dire nulla e si diresse verso la porta.
< Moreau! Aspetti! Accetterà il lavoro? > Moreau era a pochi centimetri dalla porta. Si girò di nuovo verso i due. Alzò le spalle ed uscì dalla locanda.

ESPERIMENTO MORTALEWhere stories live. Discover now