prologo

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Era chiuso nella macchina. Il sedile reclinato. I finestrini oscurati. Era al sicuro, nessuno poteva vederlo e le sue lacrime rimanevano inviolate; solo l'autista era complice della sua farsa, ma al di là degli occhiali da sole scuri non mostrava segni di empatia. Meglio così pensava abbandonandosi sulla pelle nera e lucida, era fredda a contatto con il collo e quel tocco gli schiariva le idee. Doveva riordinare i pensieri, era tutto un vorticoso turbinio di idee, la sua mente, e non riusciva a cogliere l'essenza di nessuna. Era sempre così, un pensiero ne scatenava altri dieci e quei dieci ne scatenavano altri cento. Dieci. Cento. Mille. L'effetto farfalla, quella tatuata sul petto di lui.
Regolarizzare il respiro era il primo dei suoi step, "canticchiare una canzone aiuta" gli aveva detto lo psicologo, ma nel suo caso, peggiorava la situazione; "seguire le pulsazioni di un altra persona allora" aveva consigliato, aveva riso, non avrebbe funzionato poichè c'era un solo cuore che lo rassicurava ed era lo stesso che gli provocava il panico. "devi trovare il tuo modo Louis" il suo metodo consisteva nel seguire con lo sguardo il tempo dei suoi piedi che alternati sbattevano in terra. Una volta regolarizzato il respiro cercava il pensiero scatenante. Cosa era successo? Perché era andato tutto storto? Sua sorella lo aveva chiamato quella mattina
<<Lou, ho parlato con il tuo menager, servono dei documenti, sono a princess park. Posso andarci io ma penso che forse è tempo che porti via le tue cose. Lou, dovresti venire.>> Si era immobilizzato appena aveva sentito Princess Park. <<Lou ci sei? Potresti approfittare di questi giorni di pausa per tornare qua. Io, te e le gemelle come ai vecchi tempi>> Non poteva, non era pronto. Poco preavviso, troppo poco preavviso.
<<non posso. Lo sai che non posso. Lui è a Londra, violerebbe gli accordi>> lei non rispose subito.
<<cazzo Lou. Avete stilato quegli accordi anni fa.>> Una lista ben precisa di regole approvate da entrambi che avrebbe permesso loro di continuare le loro vite. Avevano provato a stare insieme, avevano impiegato tutti i loro sforzi perchè si amavano e questa era l'unica sicurezza; ogni volta però finivano per distruggersi, stavano lontani per un po' per poi ricadere nelle braccia dell'altro e poi di nuovo a terra. Era stata pacifica la decisione di stare lontani. Potevano scriversi canzoni a vicenda perchè era disumano impedire all'altro di esprimere i propri sentimenti; non ascoltarle era più un consiglio, che comunque infrangevano continuamente entrambi. Non potevano scriversi, nessuna festività e neanche i rispettivi compleanni facevano eccezione. Non potevano interagire con familiari e amici stretti dell'altro, solo Niall, Liam e Zayn avevano contatti con entrambi. E ovviamente non potevano trovarsi nello stesso luogo nello stesso momento perchè incontrarsi sarebbe stato fatale.
<<Lou? Andremmo a Londra solo per recuperare alcune cose. Poi possiamo fare quello che vuoi>> continuò lei. Riteneva assurdi quegli accordi e la situazione in generale.
<<Lottie, Londra è il suo territorio, sta lì con quella Taylor Russel, io non ci faccio niente>>
<<Questo non può impedirti di andare dove cazzo vuoi, non lo capisci? Londra è anche la tua citta. Non ti costringo a fare niente ma davvero penso sia una stronzata. Pensaci e fammi sapere se devo andare io.>>
Era cominciato tutto con quella telefonata. Poi aveva sentito satelite dentro ad un negozietto e non era potuto scappare via perché nessuno sapeva che quell'uomo incapucciato era Louis Tomlinson. Princess park gli appariva ovunque, una corona, due "p", una targa che conteneva il numero dell'appartamento. Quando poi era salito sul palco e aveva visto il cartellone di una fan aveva perso la concentrazione ed era andato tutto a farsi fottere; era stato il peggior spettacolo della sua vita, non aveva mai impiegato così tante energie per forzare un sorriso.
Cosa doveva fare? Se fosse andato avrebbe infranto gli accordi e mandato a puttane tutto il lavoro fatto fino ad allora, al contrario, sarebbe rimasto con la fastidiosissima sensazione di lasciare qualcosa in sospeso. Doveva ammettere a sè stesso che spezzare quel sottile filo che lo legava ancora a Harry lo terrorizzava. Cos'era meglio, spezzare definitivamente la corda, che lo aveva tenuto al sicuro per gli ultimi tredici anni, o rimanere appeso, rimanendo deluso, ogni giorno, per paura che quel sottile filo si spezzi da solo e faccia ancora più male?
Aveva preso il telefono. <<Va bene Lottie, chiudiamola qua>>

Eccomi qua. Sono masochista lo so, non ho potuto farne a meno, ho molta paura di cosa ne uscirà fuori ma per ora vi lascio con questo.

𝑰 𝑨𝒍𝒘𝒂𝒚𝒔 𝑵𝒆𝒆𝒅 𝒀𝒂 | 𝕃𝕒𝕣𝕣𝕪حيث تعيش القصص. اكتشف الآن