33. Just a shell against the ocean

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Troppo tempo? Si.
Decisamente troppo tempo.


S W A M I

👺


«Hai cinque secondi per darmi delle fottute spiegazioni o giuro, e lo giuro su Dio, Ares, che ti spezzo tutte le ossa e le utilizzo per giocare a Shangai»

«Proprio tutte tutte?» si intromette Jared con un ghigno malizioso. Lo fulmino con gli occhi e torno a guardare Ares.

Quest'ultimo mi fissa spaesato e dai capelli disordinati e gli occhi rossi capisco che si è dato alla pazza gioia stasera.

«Non guardarmi con quella faccia da pesce lesso e alza immediatamente il culo da quel fottuto divano» avanzo di qualche passo e gli punto il dito contro con fare minaccioso. Questo gesto sembra risvegliarlo dal suo stato di trance.

«Andiamo al piano di sopra» risponde lanciando un'occhiata fugace a Jared e Thomas, i quali fissano incuriositi la scena come se fossero al cinema.

«E voi due finitela» sbotto e sobbalzano sul posto facendo finta di non star minimamente ascoltando la conversazione. Iniziano a chiacchierare tra di loro come se nulla fosse su argomenti vari.

Ares cerca di afferrarmi il braccio ma io mi strattono dalla sua presa ferrea. «Per tua informazione so camminare»

Avanzo a passo spedito e lo sorpasso. «E non guardarmi il culo» lo avviso mentre saliamo i gradini.

«Non te lo posso promettere. Hai dei bei pantaloni oggi»

Il modo in cui cerca di esasperarmi dopo avermi ignorato per una settimana mi sta facendo venire una crisi isterica.

«Vedo che la strada per la mia camera la conosci bene»

Ignoro lui e le sue risatine da sbronzo e lo faccio entrare nella sua stanza da letto. Poi sbatto la porta con irruenza e mi posiziono davanti ad essa.

Ares ne approfitta per sedersi sul letto, divarica leggermente le gambe e tiene lo sguardo fisso verso il basso. Io resto a guardarlo e nel corpo sento l'adrenalina a mille.

Mentre venivo qui ho pensato a tantissime frasi da urlargli addosso, mi ero preparata un gran bel discorso. Ora invece sembra che il mio cervello abbia deciso di non collaborare.

Come quando torni a casa e sotto la doccia inizi a riflettere su come avresti potuto rispondere durante una lite avvenuta anni fa. Andrà esattamente così.

Non riesco ad articolare parola per i primi minuti. Minuti interi ed infiniti. Dove restiamo in religioso silenzio e non osa volare neanche una mosca.

«Ascolta Swami, io non so che dire. Mi dispiace»

Allargo le braccia con fare plateale, «Non sai che dire? Si beh l'ho notato in questi ultimi sette giorni. Sette fottuti giorni in cui non sei venuto neanche a scuola perché non avevi alcuna intenzione di vedermi. Quindi si, ho notato che non sapevi cosa dire» cerco di mantenere il tono della voce calmo, ma i miei sentimenti contrastanti fuoriescono da soli.

«E poi vengo qui per chiarire e come ti ritrovo? Ubriaco. Puzzi come un cane che ha fatto il bagno nel whisky» commento con una smorfia disgustata.

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