Capitolo 33-Montana parte 2

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Marcus

Il sole non è ancora sorto del tutto e da queste parti svegliarsi prima dell'alba è una sorta di regola tacita.

In realtà, nonostante non debba lavorare con mio fratello e mio padre, svegliarmi tardi mi farebbe sentire colpevole, ergo sono seduto sul dondolo situato nel porticato esterno e gioco con il ciondolo che mi ha regalato Jonathan mentre sorseggio del caffè.

«dormito bene?»

La voce di mio padre mi fa distogliere lo sguardo dal panorama e faccio di sì con il capo.

«penso che nella grande mela a quest'ora stai andando a dormire, eh figliolo?»

Sorrido e rispondo «in realtà non faccio orari così sconclusionati come credi, però a quest'ora sto decisamente dormendo in pieno».

Ride e mi dà una pacca sulla spalla.

«che hai lì?» indica il ciondolo che continuo a torturare tra le dita.

Glielo mostro e dopo averlo osservato attentamente mi lancia uno sguardo indagatore, «questo affare deve valere una fortuna, non credevo guadagnassi così tanto».

«no, infatti è un regalo» rispondo succinto.

«capisco».

Rimaniamo in silenzio ancora un po' e sorseggiamo dalle nostre tazze in maniera rilassata.

Per me, però, si tratta di un relax del tutto apparente.

Sono, infatti, tremendamente agitato e vorrei affrontare ora il mio "grande discorso". Dopotutto con Boyd non è andata male come credevo, ma con papà è tutto un altro paio di maniche.

Mi schiarisco la gola e dico «sai papà, mi sono lasciato con Amara...»

Lui mi guarda aspettando che prosegua il discorso così, dopo un profondo sospiro, continuo «ho conosciuto un'altra persona».

«è un vero peccato, Amara è un tesoro» il suo tono è seriamente triste.

Ingoio il groppo che ho in gola e dico «sì, lo è ma non è il mio tipo».

Non potevo essere più vago di così.

Mio padre ride «"il tuo tipo"? andiamo figliolo ci sei stato insieme per anni, che fai te ne accorgi solo ora?».

Scuoto il capo e mi rabbuio «forse l'ho sempre saputo, ma non ho mai avuto il coraggio di ammetterlo...capisci che intendo?».

Mi guarda interdetto «onestamente, figliolo non ti seguo».

Emetto un verso frustrato e mi alzo in piedi per passeggiare e far circolare il nervosismo che alberga in ogni fibra del mio corpo.

«papà, a volte arriva un momento nella vita in cui inizi a sentire che qualcosa di profondamente intimo ma vero preme per uscire allo scoperto e che tu eri sempre stato là a tentare di non elaborarlo e lo tenevi incatenato nel profondo».

Il volto di mio padre è più confuso di prima; quindi, continuo «sto cercando di dire che ho ripensato ad ogni tassello della mia vita, ogni momento in cui mi sono interfacciato ad una relazione e ho capito che quello che sentivo non era mai abbastanza per un motivo...»

Lo guardo di nuovo e con voce ferma dico «e quel motivo è che sono gay, mi piacciono gli uomini».

Il silenzio glaciale che cala mi fa rabbrividire, mio padre scuote il capo e afferma «non so che periodo tu stia affrontando a New York, ma devi essere molto stressato se dici queste stronzate».

Il mio viso si rabbuia «non sono stronzate, è chi sono!».

«ok, quindi mio figlio, re della scuola, sciupafemmine per ventiquattro anni della sua vita, scopre che gli piace il cazzo così all'improvviso?».

SADLY BUT MINEWhere stories live. Discover now