Danza sotto le stelle

Il tendone era pieno zeppo di spettatori, uomini e donne di ogni classe sociale era seduta attendendo pacificamente l'inizio dello spettacolo.

Belle scostò appena le tende del retroscena, prima di tirarle in fretta sentendo il cuore a mille e il fiato farsi più corto. Non era mai stata nervosa di esibirsi, l'ansia non sapeva nemmeno cosa fosse, eppure quel giorno pareva che tutta la sua forza interiore si fosse annullata completamente.

Non era l'unica però: anche i gemelli erano particolarmente agitati, consci che avrebbero dovuto provare un numero nuovo con cui non avevano affatto dimestichezza. Si erano allenati molto, era vero, ma restava il fatto che prima di allora si erano sempre affidati al solito e vecchio numero che conoscevano. Quella quindi sarebbe stata una serata diversa, una serata di cambiamenti volti a dimostrare al mondo di cosa fosse capace il Circo delle Speranze.

"Un sacco di gente..." bisbigliò Jake, senza riuscire a tenere una frase fluida a causa del balbettio che l'ansia aveva acceso, "Non ne ho mai vista così tanta..."

"Suvvia, Jake. Ne hai vista molta di più" obiettò Idaho spolverando il cilindro nero con una mano. La sua frase comunque era più volta a cercare di tranquillizzarlo che a dire la verità, visto che non era il numero di spettatori a spaventare gli acrobati, ma ben sì chi fossero. Persone aristocratiche, di un certo rango, critiche e piene di aspettative forse troppo alte per il tendone sotto cui erano seduti. Si vedeva dai loro sguardi: osservavano quelle strisce bianche e rosse come se stessero guardando uno stupido gioco per bambini, una gigante palla sgonfia e bucata al centro; il loro atteggiamento era irritante, le smorfie che assumevano e le occhiate che lanciavano in giro, criticando con la vista altri spettatori, dava una grande idea di chi si credessero di essere.

Lisette si affacciò dopo Belle, spostò lo sguardo in modo sistematico cercando una persona in particolare. Ed eccolo lì: Come era seduto sulle panchine davanti, aspettando di vedere i numeri uno dopo l'altro come tutti gli altri. La sua presenza era disturbante, sembrava volesse osservarla in ogni momento e ogni situazione come un corvo o un avvoltoio che osserva in silenzio la parola prima di avventarcisi addosso. Un'ombra che non avrebbe mai voluto avere come compagna.

"Non ci posso credere, ma perché non ti lascia in pace?" Charlotte si avvicinò alla donna, facendola sussultare leggermente e voltare verso di sé. Lisette le abbozzò un sorriso comprensivo, la ragazza per ora non poteva capire quello che spingeva Cole ad apparire in continuazione e quando non era mai il momento. Era una questione che non l'avrebbe toccata fino al momento effettivo in cui si fosse presentata, ammesso che potesse davvero succedere.

"C'è qualcosa che... qualcuno che lo spinge a non interrompere la nuova strada che ci ha incrociati" disse la donna voltandosi verso il figlio, che tentava di mantenere in equilibrio la palla sul pastone che avrebbe dovuto usare per il suo pezzo.

La ragazza non avrebbe potuto capire, ma una cosa poteva comprenderla appieno: era troppo comodo apparire quando quello che evidentemente era tuo figlio ormai si mostrava indipendente e capace di intendere di volere, e quando non aveva più un bisogno indispensabile dell'attenzione genitoriale. Era un discorso che pungeva in particolar modo: non poteva permettersi di abbandonare compagna e figlio solo perché li riteneva un peso e poi riapparire come se non fosse successo niente. Un abbandono non si può cancellare, così come il dolore che ha provocato innumerevoli ferite interne e che faticheranno sempre a rimarginarsi. Charlotte non sapeva se avesse ancora dei genitori o meno, ma capiva il senso di solitudine e la tristezza nell'apprendere che agli occhi degli adulti tu eri solo uno scarto che andava eliminato.

Dancing with my circusWhere stories live. Discover now