Capitolo 30: il giardino dei pavoni -1°parte

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Solarbiom, città della regione Fiamma

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Solarbiom, città della regione Fiamma. 4 settembre 495, anno della Lira.

Le gambe le dolevano. Pulsavano continue fitte alle spalle che si irradiavano sulla colonna vertebrale fino a raggiungere il nervo sciatico. Come se non bastasse, anche i piedi erano così gonfi che iniziavano a stringerle le scarpette. Ciononostante Noemi mantenne il ritmo affinché coincidesse con l'andatura spedita di Andrea. A un minimo accenno di rallentamento, ne sarebbe seguito un rimprovero. Un singolo passo in meno, e l'uomo le avrebbe rivolto un'occhiataccia minacciosa. Nonostante tentasse di trovare una spiegazione logica, non si capacitò perché all'improvviso il vice capitano era divenuto ancora più severo e inflessibile nei suoi confronti. Lasciò da parte la questione sospirando. Qualunque fosse la ragione non aveva più la forza per pensare. Ancor meno per pronunciare ulteriori domande. Si limitò a brevi cenni con il capo mentre lui proseguì a parlare. Ciò che desiderava era riposare quanto prima, e si augurò che il repertorio di norme finisse al più presto. All'ennesima regola udita non ce la fece più, e le sue orecchie si arresero ad ascoltarlo. Preferì direzionare gli occhi sui balconi del terzo piano dell'edificio. Salutare con la mano alcuni giardinieri indaffarati a spostare pesanti vasi di erbe aromatiche. Di tanto in tanto porse un breve inchino alle guardie che incrociava sul giardino mentre ammirava le aiuole fiorite che emanavano un dolce profumo nell'aria.

Mentre il soldato era intento a fendere l'aria con voce autoritaria, la fanciulla ruotò il capo per osservare i piccoli cespugli di Ceanothus sparpagliati in modo armonioso sul manto erboso. Solo allora si accorse che il passerotto aveva ripreso a seguirli spostandosi di ramo in ramo. Lo considerò una graziosa creatura a cui elargire sorrisi. Un nuovo amico con cui condividere insieme gli stessi attimi di tempo. Diversa fu l'espressione di Andrea. Interpretando la velocità con cui l'uccellino batteva le ali si irrigidì come una statua marmorea. Ancora di più nell'attimo in cui svolazzò sopra la testa di Noemi inducendola a camminare piano.

Fu un attimo. Poi il pennuto si elevò fulmineo verso il cielo scomparendo fra le fronde degli alberi. Ciò migliorò in un attimo l'umore del vice capitano. Per la giovane invece fu precipitare in un istante nella solitudine, dove a farle compagnia erano soltanto le sagome delle siepi potate. Statue verdeggianti dalle forme più disparate: libellule, cavalli, leoni e perfino riproduzioni perfette dei fiori di Dalia. Inanimate quanto le sue labbra. Le sembrò che il lato del castello non finisse mai. Che le innumerevoli finestre in parte illuminate dei piani superiori non avessero una fine. Eppure nell'attimo in cui lasciò alle spalle un altro metro, si accorse di essere giunta all'angolo della facciata laterale dell'edificio.

La fanciulla compì altrettanti passi in avanti per osservare il giardino collocato sul retro del castello. Meno di dieci falcate per comprendere quanto fosse diverso rispetto al primo parco che aveva ammirato. Non c'erano cartelli appesi ai rami. Né tabelle infilzate sul terreno. Solo una moltitudine di panchine in ferro sparpagliate in diversi punti. Le sembrò che aleggiasse un manto di libertà fra le foglie dei sporadici alberi di acero incastonati nell'esteso prato. Le aiuole fiorite invece erano un numero esiguo. Così piccolo che in un primo momento passò inosservato ai suoi occhi. Ma quando rivolse una seconda occhiata, le fu lampante che il loro posizionamento era tale da rispecchiare le costellazioni che brillavano sopra di lei. Il colore predominante dell'erba faceva da padrona. Eppure la fontana rotonda, ubicata al centro della porzione del terreno, era di tale bellezza da indurla a dischiudere subito le labbra. Non ci pensò due volte a prendere l'iniziativa. Approfittando che il vice capitano era intento a conversare con un fante, si avvicinò fulminea alla struttura marmorea. Con le mani afferrò il bordo liscio. Con le iridi catturò il riflesso della Luna che si proiettava sull'acqua placida per imprimerlo nella mente. Permise agli guizzi delle carpe di raggiungerle il viso. Tuttavia non lasciò che gli zampilli sgorganti dalla statua a forma di pavone le bagnassero in modo eccessivo il vestito.

La Fenice del vento - Fiore di PeoniaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora