Capitolo 24: l'isola fiorita -1°parte

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A qualche chilometro da Solarbiom, città della regione Fiamma

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A qualche chilometro da Solarbiom, città della regione Fiamma. 4 settembre 495, anno della Lira.

A seconda di come vibrassero le ruote, Noemi era ormai in grado di intuire che panorama avrebbe scorto fuori dalla finestra se avesse scostato la tendina. Se a ogni metro percorso slittavano entrambe le ruote era certa che la carrozza percorresse un sentiero incastonato fra le dune. Un frastuono assordante simile a biglie tintinnanti sul pavimento, invece, le davano la conferma di trovarsi nelle strade ciottolose di una cittadina. Scricchiolii e piccoli ondeggi, la prova che stesse transitando su un ponte le cui assi erano di cipresso. Uno dei pochi legni in grado di resistere all'asprezza della regione. Socchiuse gli occhi per concentrarsi sul rumore insolito che percepiva da qualche minuto. Scartando l'ipotesi che stesse attraversando un passo di montagna chiuse di scatto il libro che stava tenendo in mano. Quella serie di suoni erano nuovi. Fruscii. Sbalzi irregolari e schizzi d'acqua in sottofondo. Pozzanghere pensò perplessa e al tempo stesso incuriosita.

Inclinò il busto e protrasse il braccio verso la stoffa che copriva l'apertura della porta. L'afferrò piano e con gesti lenti iniziò a discostarla da un lato. Lo fece con cautela: dopo tutte le volte che l'aveva spostata le arrivava quasi sempre una ventata così torrida da privarla del respiro. Nei peggiori dei casi una moltitudine di granelli di sabbia pronti ad arrossarle la pelle del viso e a farle lacrimare gli occhi. Il prezzo più caro, invece, l'avevano pagato i capelli inariditi dal vento aspro e secco che soffiava senza sosta. Non aveva perciò premura di scorgere l'orizzonte che si sarebbe riflesso nelle sue iridi. Tuttavia percependo dei cinguettii sempre più numerosi e oggetti scontrarsi contro il tettuccio, si alzò di scatto e tirò con un movimento deciso il tessuto azzurro verso sinistra. Ciò che vide al di fuori della finestra la fece rimanere di stucco. Erano le fronde degli alberi a strusciarsi sulla carrozza facendo cadere piccoli rametti e foglie sui bordi del sentiero ricoperto da vegetazione. Lo capì dal panorama più accogliente fatto di laghi, prati verdeggianti alternati da brevi tratti di foresta che la regione Opale era ormai alle spalle.

La gioia per aver superato il confine era incontenibile a tal punto che la fanciulla sentì la necessità di manifestarla senza ritegno. Iniziò a urlare a squarciagola inducendo il cocchiere a ruotare il capo per capire che cosa stesse accadendo. L'uomo comprese ben presto di trovarsi di fronte a una ragazza entusiasta di ammirare le linee morbide delle colline che circondavano il monte Fiamma. Del tutto affascinata dalle cittadine incastonate a ridosso di estesi specchi d'acqua, e meravigliata dalla moltitudine di pastori che vegliavano imponenti greggi di pecore. Artigliando le mani sul bordo della porta, la nipote di Viola inspirò quanta più aria possibile. Le dava sollievo respirare quella brezza fresca intrisa di profumo che si rivelò un toccasana per i suoi polmoni arsi dal clima secco del deserto. Mentre Alvise si voltò ancora una volta abbozzando un lieve sorriso all'ennesima esclamazione che pronunciò Noemi, quest'ultima constatò che i frutteti erano estesi oltre l'immaginabile. Ricoprivano intere vallate da non riuscire a scorgerne una fine. Così carichi di frutta da rubare la scena al verde intenso del fogliame degli alberi circostanti. Pere, fichi e soprattutto mele: rosse, violacee, puntinate d'arancione e identiche al colore dei girasoli. Iniziò a contare le varietà che sfrecciavano di fronte ai suoi occhi ma alla fine si bloccò a distendere le falangi. Erano superiori al numero delle dita di entrambe le mani. Sfumature di sapori, consistenze e forme che sebbene non le avesse assaggiate non fece fatica a intuire quanto fossero dolci e succose.

Il trotto degli animali rallentò mentre la carrozza passò a fianco a un lungo steccato di pali d'acacia rinforzato da assi in castagno poste di traverso, e legate insieme da intrecci di vimini. Le fronde ricche di pomi, curvati per l'eccessivo peso, dopo alcuni metri divennero sporgenti a tal punto che si potevano afferrare dal ciglio del sentiero. Lo compresero perfino i cavalli che sollevando il muso approfittarono per addentarne qualcuna. Anche Alvise seguì il loro esempio e non esitò a prenderne una mordendola con avidità. Il succo scivolò dalle sue labbra screpolate per poi gocciolare sul mento e infine sul vestito. Ciononostante non gli importò delle chiazze dolciastre che si stavano espandendo sul tessuto impolverato, ma soltanto di dissetarsi. Nella borraccia non era rimasta alcuna goccia d'acqua, e da qualche chilometro era in balia delle fiamme della sete. Pulendosi la bocca con il dorso della mano si voltò di scatto e indicò alla fanciulla il frutto in parte mangiato e in seguito gli alberi.

Lei però scosse la testa deglutendo con fatica la saliva per tentare di ottenere sollievo dai bruciori che le pizzicavano la gola. Nonostante le passò vicino un ramo carico di mele rossastre e puntinate di bianco si limitò a fissarle senza sfiorarle con le dita. Era consapevole che il cocchiere l'avesse staccata dall'albero per necessità perciò non lo rimproverò con lo sguardo sebbene fosse contrariata per il suo gesto. Per lei, nessuno poteva appropriarsi di qualcosa che non li apparteneva senza ottenere il permesso del proprietario. Si limitò a ribadire il suo punto di vista toccando con riguardo le estremità delle fronde in cui erano presenti le cicatrici delle potature. Direzionando gli occhi verso il basso per fissare con riverenza i ciuffi d'erba ancora bagnati, che testimoniavano la costanza del contadino nell'innaffiare ogni giorno le piante. La pazienza nell'attendere il momento più propizio per raccogliere i frutti, invece, lo scorse nella buccia quasi del tutto scarlatta ricoperta di rugiada. Aveva sete, di quelle che tormentavano con insistenza il palato eppure non osò afferrare l'ennesimo pomo che le passò di fronte. Se l'avesse preso non si sarebbe mai perdonata per aver calpestato e rubato il lavoro altrui. Avrebbe atteso di arrivare sull'argine di un fiume o sulla sponda di un lago per dissetarsi.

Si chiese, scorgendo diversi torsoli gettati fra le pozzanghere e la terra argillosa, quante mele fossero state afferrate dai viandanti a insaputa del contadino. Più di ogni altro lei poteva comprendere il dolore che l'uomo avrebbe percepito nel cuore notando la sparizione di intere cassette di frutta. L'aveva provato anche lei sulla sua pelle sorprendendo alcuni forestieri saccheggiare l'orto di sua zia. È solo una lattuga dicevano. È solo una zucca si giustificavano altri. Un'intera processione di persone che si susseguivano stagione dopo stagione a ribadire la stessa frase: è solo una. Ma nel corso degli anni l'aveva sentita così tante volte che Viola poteva riempire interi carretti di verdura.

«Solo una» sussurrò a denti stretti rammentando i ricavi mancati e le ristrettezze che aveva subito l'anno precedente per un pugno di maleducati.

La Fenice del vento - Fiore di PeoniaWhere stories live. Discover now