Capitolo 10: bellezza fatale -2°parte

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Nel frattempo, all'interno del mezzo di trasporto, la mano affusolata della ragazza emerse dal leggero strato di seta color magenta per scostare di qualche centimetro la candida tenda del finestrino

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Nel frattempo, all'interno del mezzo di trasporto, la mano affusolata della ragazza emerse dal leggero strato di seta color magenta per scostare di qualche centimetro la candida tenda del finestrino.

Fissò con attenzione entrambi i soldati posti a sorvegliare l'ingresso dell'edificio. I suoi occhi si soffermarono per prima su Rodolfo. Alto, esile e dai capelli lunghi dorati. Dedusse che non potesse avere più di trent'anni. Poi inclinando la testa, squadrò l'aspetto di Teodoro. Tarchiato e dalla corporatura massiccia, aveva dei corti capelli neri brizzolati che incorniciavano un volto autoritario, disciplinato e deciso. Le rughe marcate sul viso le fecero intuire che l'uomo avesse almeno cinquant'anni. Le sue labbra si arricciarono di disgusto non appena si soffermò a guardare la barba poco curata e la divisa alquanto stropicciata e macchiata.

Un principiante e un frequentatore di taverne pensò fra sé sollevando il cappuccio del mantello mentre la carrozza si fermò davanti al cancello.

Con un balzo fulmineo, il cocchiere si affrettò ad aprire la porta della carrozza. Protraendo la mano verso di lei, l'aiutò a uscire dal mezzo di trasporto. Le scarpette ricamate con fili d'argento e impreziosite da una moltitudine di perle rosate, scesero con grazia dalla scaletta di legno. Entrambi i soldati intuirono che si trattasse di una ragazza. Ma non appena una leggera brezza scostò entrambi i lembi del mantello che l'avvolgeva, sgranarono gli occhi.

«Teodoro, hai visto il suo abito?» pronunciò sottovoce Rodolfo non distogliendo lo sguardo dal vestito color ametista decorato con pizzi d'argento.

«Sì certo. Sarà una nobile di un'illustre casata nobiliare» gli rispose incuriosito, tuttavia rimase composto.

Seppure fosse ammaliato, Teodoro non si scordò di essere un uomo maturo e retto seppure apprezzava la bellezza delle donne che incrociava sul suo cammino. Ciononostante non rimproverò oltre il suo collega sapendo che era ancora giovane e incline a cedere facilmente al fascino femminile. Si limitò con una pacca sulla spalla per indurlo a ritornare in sé. Poi con passo sicuro si avvicinò alla fanciulla.

«Benvenuta a Bemar. Potete mostrarci il vostro volto?» le chiese il cinquantenne con tono gentile posizionandosi di fronte a lei.

Velata dal tessuto sgargiante, la fanciulla accennò a un sorriso compiaciuto. Era la domanda che si aspettava di udire. Eppure non la considerò una prova sufficiente per stabilire se i soldati erano degni di sorvegliare il cancello. Dopotutto si trovava di fronte a un principiante e a un frequentatore di taverne. Decise perciò di metterli alla prova.

«Perché mai dovrei farlo? Se non erro il vostro compito è quello di accogliere gli ospiti e non di importunarli» pronunciò serrando ancora di più le dita per impedire al vento di abbassarle il cappuccio.

Il soldato esitò prima di risponderle. Per la prima volta nella sua vita si sentì a disagio dalla forza con cui lei lo stava stordendo. Era convinto che sotto le pieghe del mantello si nascondesse una ragazza incantevole perché non conosceva altro appellativo per descriverla. La forma armonica del suo corpo. La pelle della mano vellutata come una pesca. I lunghi boccoli castani che ondeggiavano al vento, e la voce dolce ma al tempo stesso che incuteva timore: scorci di una bellezza fatale.

«Ci scusi. Non eravamo intenzionati a infastidirvi, ma è nostro dovere identificare chiunque entri nella residenza del sovrano» si giustificò Teodoro impacciato.

La fanciulla si morse un labbro rammentando il duetto di parole: ci scusi. Troppa gentilezza. Eccessiva magnanimità condensate in sole tre sillabe. Essere guardie personali del sovrano non era un compito da svolgere con leggerezza. Dovevano essere crudeli e impassibili. Soprattutto severi con chiunque varcasse la soglia del cancello. Strinse con forza due lembi opposti del mantello per evitare che le sue mani fossero libere di agire. Non avrebbe impiegato più di tre secondi per trasformare la collana che aveva al collo in una balestra e colpire entrambi. Constatando la gravità della situazione, pronunciò ciò che le spie erano solite dire per ingannare le persone inesperte. Una frase che non sarebbe mai passata inosservata alle orecchie dei soldati provvisti di elevata competenza.

«Capisco le vostre ragioni ma non temete. Non sono una minaccia per il sovrano» li rassicurò porgendo una lettera.

Non solo i due uomini non si allarmarono per le parole che aveva pronunciato la nobile. Con la stessa leggerezza con cui le credettero, lessero la lettera senza scrutare con attenzione il sigillo impresso sulla carta. Uno scambio di parole sussurrate fra loro sottovoce, e poi si affrettarono a spalancare le ante del cancello.

Sotto le pieghe del cappuccio, la fanciulla socchiuse gli occhi facendoli divenire due piccole fessure. Era infuriata per la decisione repentina che avevano preso i due uomini. L'avevano lasciata passare con facilità senza farle ulteriori domande, fidandosi delle sue parole senza riserve. Si arrabbiò ancora di più al pensiero che loro non stavano sorvegliando la residenza di un qualunque aristocratico bensì del re. Mentre le ante in rame si spalancarono, strinse un pugno della mano facendo divenire le nocche bianche non appena si accorse che Rodolfo la stava ancora fissando. Era a un passo dal lanciargli un pugnale. Ciononostante mantenne la calma. Dischiuse le labbra e omise ciò che pensava di loro. A tempo debito avrebbero capito che cosa stava riservando a entrambi.

«È raro trovare dei soldati così tanto premurosi nel garantire la sicurezza al re. Non appena lo incontrerò parlerò senz'altro bene di voi. Sono sicura che sarà felice di darvi una promozione» affermò la giovane prima di voltarsi.

«Vi ringraziamo nobildonna» le fecero un breve inchino e rimasero incantati dalla sua andatura leggiadra.

Proseguendo a camminare nel cortile e dando alcune occhiate agli zampilli d'acqua che fuoriuscivano dalle fontane, la giovane si diresse nel retro del castello e si fermò davanti a un'inferriata. Fece un profondo respiro prima di addentrarsi nel sotterraneo del castello. Oltrepassata una ripida scalinata, non mostrò il minimo accenno di paura nel percorrere quel lungo corridoio così poco illuminato e privo di guardie. Si sentì a suo agio in quel buio che le ricordava le sfumature del suo animo, tetro e oscuro. Indifferente alle gocce di umidità che scendendo dal soffitto di pietra le bagnarono il cappuccio, si fermò di scatto di fronte a tre cavità. Presa dai dubbi e ruotando il capo in diverse direzioni, estrasse infine dalla tasca del suo mantello un piccolo foglietto e iniziò a leggerlo. Furono sufficienti una manciata di secondi prima di scorgere fra quelle righe la risposta alla sua perplessità. Ruotò il busto a est e con un leggero sorriso, si diresse nel corridoio di sinistra senza pensarci due volte. 

Passo dopo passo, fece attenzione a non avvicinarsi troppo alle pareti coperte di muschio. Ci teneva che il suo mantello non avesse alcuna traccia di sporcizia e quando scorse alcune ragnatele abbassò fulminea il capo per non sfiorarle. Più metri lasciava alle sue spalle, e più le torce divennero frequenti. Intuì di essere vicina alla meta. Accelerando l'andatura, intravide la fine del tunnel e si arrestò di colpo. Questa volta, ciò che si riflesse nelle sue iridi verdi furono tre porte, ognuna delle quali era contrassegnata da un simbolo. Rilesse più volte il pezzo di carta scuotendo la testa. Non c'è nessuna indicazione a riguardo. Se lui ha usato così tanta prudenza, significa che questo posto non deve essere trovato con facilità. A questo punto il messaggio non mi è più di alcuna utilità.

Bruciando il foglio con uno schiocco di dita, osservò i tre simboli luminosi. La porta di sinistra aveva inciso sul legno l'immagine di una conchiglia variopinta. La porta centrale invece aveva come simbolo un giglio. E infine quella di destra il disegno di uno smeraldo.

Mentre la nobile rifletté su quale porta bussare, il re smise per un attimo di leggere un documento e si voltò verso una parete. Finalmente è arrivata pensò fra sé abbozzando un lieve sorriso.

Ormai solo uno spesso strato ligneo li divideva dall'incontrarsi dopo molti anni. 

La Fenice del vento - Fiore di PeoniaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora