CAPITOLO 19 - ALLO SCOPERTO

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«Hai chiesto di me?» le parole mi morirono in gola quando trovai Marco nello studiolo, intento a discutere col rhetor. Epidio aveva la fronte aggrottata, picchiettava le dita sulla scrivania e, appena mi vide varcare la soglia, serrò la mascella.

«Tu, che più di tutti dovevi mostrarti all'altezza» esordì, senza nemmeno congedare il figlio di Catone «Tu, che avevi così tanto da provare... Fai questo?!»

Il suo tono aggressivo mi spinse a chinare la testa. «Signore, non comprendo.»

«È inaccettabile, disdicevole, ridicolo» Epidio si massaggiò le tempie furente «Un apprendista veterinario tra i miei allievi!»

"Sanno di Palaimon" annaspai, tentando di raccogliere un po' d'aria.

Il rhetor mi rivolse un'espressione greve e prese a vagare per la stanza. «Cosa avevi in mente?»

Non osai replicare. Era umiliante subire i suoi rimproveri, specialmente di fronte a Marco che, adagiato sulla sedia, mi osservava compiaciuto. "Non aspettavi altro, vero?" lo guardai tendere le labbra in un sorriso e giocherellare con una ciocca di capelli; poi, spostai l'attenzione su Epidio. «Perdonami.»

«Non basta» esclamò lui «O ti licenzi oggi stesso, o lasci l'accademia.»

"No, ti prego!" stavo per dirgli che avrei abbandonato gli studi, quando ripensai ai miei cari, ai sogni costruiti insieme e al denaro speso per portarmi lì: renderli orgogliosi era troppo importante. «Voglio restare» sospirai «Farò qualunque cosa.»

Credevo che la risposta l'avrebbe rabbonito; invece, il rhetor mi scrutò disgustato. «Ad esempio... venderti?» sibilò «C'è chi sostiene che tu non t'intrattenga solo con cani ed equini.»

«Come, prego?»

«Hai capito benissimo.»

Lanciai una seconda occhiata a Marco e tornai a fissare il rhetor. «Ti giuro non...»

«Eviti le ragazze» dichiarò lui, in tono tanto assorto quanto tagliente «Non desideri giacere con loro, preferendo la compagnia dei giovani». Epidio si fermò di colpo, incrociò le braccia e inarcò un sopracciglio. «C'è chi ti chiama Verginella, una femminuccia travestita da avvocato.»

Strinsi i pugni e la mia mente si riempì di ricordi: il Golfo di Napoli, prima notte con Sabino, io che gli giuravo amore eterno... ma anche le incomprensioni, le gelosie e i litigi. «Sono calunnie» ansimai, sperando di non piangere.

Intanto, Epidio aveva indossato un lungo mantello di lana. «Calunnie generate dalla tua condotta» puntualizzò «La Fama è una creatura pericolosa: nasce da una voce sottile e vola da orecchio a orecchio, trasformandosi in un mostro.»

Per la terza volta, spostai lo sguardo su Marco. "Avanti, fammi intendere che sei stato tu a tradirci e che Sabino non ne sa nulla". Lui, però, rimase impassibile.

«Virgilio, vieni!» mi richiamò il rhetor «Voglio che ti licenzi in mia presenza.»

«Non ho mai svenduto il mio corpo» sussurrai, ponendomi al suo fianco. "Era Amore. È stato importante per entrambi" desideravo esserne certo; invece, i dubbi crescevano a ogni passo.

Camminammo tra le vie affollate dell'Urbe senza dirci nulla ed entrammo nella bottega di Palaimon, Epidio con atteggiamento altero e io incurvato sotto il peso della vergogna. Mi soffermai dapprima sul bancone, poi sulle erbe appese alle pareti, sui vasi colmi di pergamene, sulle tavolette d'argilla impilate sopra le mensole e su quell'uomo che sentivo parte della mia famiglia. La bottega era il rifugio in cui avrei sperato di nascondermi; eppure, stavo per dirle addio.

Acheronta MoveboDove le storie prendono vita. Scoprilo ora