CAPITOLO 17 - LA COLPA E' DELLA SPADA

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[warning: il ruolo di Virgilio in questo capitolo è lo stesso del bambino che faceva l'albero nella recita di fine anno]


Quella notte, la mia anima non mi diede tregua. Voglio andare da lui! urlava sempre più insistente, tormentata da troppe domande. Io tentai d'ignorarla, ma alla fine cedetti e, quando riaprii gli occhi, mi trovai un sogno tanto vivido da sembrare reale.

Sabino stava emergendo dall'acqua con aria malinconica. Dietro di lui, i nostri compagni godevano degli ultimi giorni lontani dall'Urbe, chi giocando a palla, chi sorseggiando vino, chi intrattenendosi con qualche ragazza locale. E sopra di loro si apriva una coperta di astri che, seppur sconfinata e luminosa, non ottenne la mia attenzione: la stella a cui volevo affidarmi aveva boccoli ramati, un profilo greco e grandi occhi nocciola.

"È così bello" sospirai, accarezzato da un sorriso. Poi lo vidi avvolgersi in un panno e raggiungere una figura appoggiata a un tiglio. "Maledizione!".

Marco raddrizzò la schiena appena Sabino si sedette al suo accanto. «Avevi freddo?»

«No.»

«Allora approfittane: a Roma non potrai gettarti nell'acqua in piena notte.»

«Non posso fare tante cose. Né qui né a Roma.»

Per un istante interminabile, loro si scrutarono e io trattenni il fiato. Marco mi assomigliava, ma aveva tratti più raffinati, pelle liscia, voce suadente e il lignaggio aristocratico traspariva persino mentre respirava.

"Il suo respiro" pensai, notando i rapidi movimenti del torace "È irregolare".

«Ti ricordi quando venivamo in Campania da bambini?» bisbigliò subito dopo Sabino «Quanti anni sono passati? Dieci?»

«Di più» mormorò lui «Sembra una vita fa.»

«E non ti manca?»

Marco restò zitto, si appoggiò al tronco e spostò lo sguardo sull'orizzonte.

«Le gare con le noci, noi che spiamo i banchetti degli adulti, tua sorella che corrompe Bruto per...»

«Basta» sibilò «Dovevo separare Porzia da nostro cugino finché era ingenua. Invece, ho alimentato quella fiamma per i motivi più futili: una gita notturna, l'accesso all'armeria, qualche notizia che i grandi non volevano condividere...» parlava in modo diverso dal solito, ma Sabino non era sorpreso.

"Forse, conosce la sua vera indole" ragionai, scosso dalla gelosia "Forse, con lui non è solo l'alunno modello, il figlio devoto, il giovane galante o il capogruppo autoritario".

Marco sbuffò. «Come ho potuto spingerla tra le sue braccia?»

«Eri piccolo» ribatté Sabino, provando a cingergli la vita «Tu e Porzia eravate curiosi e in casa vostra vigevano regole ferree.»

«Disciplina, Rettitudine e Coerenza sono valori ben più nobili di abbracci e fantasie da bambini.»

«Sei sicuro?»

Lui finse di non sentire. «Bruto sapeva perfettamente che Porzia aveva promesso di raggiungermi a Napoli. Doveva farsi da parte!»

«Magari, sperava di vederla.»

«Mia sorella non è tanto stupida da esporsi alla tentazione: era ovvio che sarebbe rimasta a Roma. Chi trascorrerebbe notte e giorno con la persona che desidera e non può avere?»

Per la seconda volta, i loro sguardi s'incrociarono, pregni di parole che non faticavo a immaginare.

"Svegliati, svegliati, svegliati!" cominciai a battermi le mani sulla fronte, finché non piombai nel letto. «Era un sogno» farfugliavo, con le guance rigate di lacrime «Una paura a cui gl'Incubi hanno dato visi e voci». M'imposi di pensare ad altro, ripassai il caso e arrivai addirittura a concentrarmi su Valerio. Tuttavia, soltanto col sorgere del Sole i singhiozzi divennero respiri sommessi e, a poco a poco, sempre più profondi. Forse mi addormentai. Di certo, quando ripresi piena coscienza era l'ora di pranzo.

Acheronta MoveboDove le storie prendono vita. Scoprilo ora