CAPITOLO 14 - IBIS REDIBIS

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Se quella notte era stata un turbinio di emozioni, il giorno seguente fu... strano. Il Sole annunciò una mattinata torrida e gli ospiti si alzarono con calma, uscendo nel portico a poco a poco. Dal divano su cui mi ero accomodato, scorsi Volumnia stretta al braccio del padrone e, più tardi, vidi Quinto e Sesto.

«Ho approfittato dell'alba per fare esercizio di pronuncia» chiarii ai miei compagni, cercando di non apparire indolenzito «Con Sirone non avevo mai tempo.»

Quinto sollevò un sopracciglio. «Ci conosciamo da oltre un anno e ti sei sempre svegliato prima di me» precisò, ingoiando un chicco d'uva «Perché senti il bisogno di dare spiegazioni?»

«Beh.... indubbiamente...» Smettila, Publio!

«Sei arrossito, lo sai?»

Balzai a sedere e il bruciore che avvertii mi fece sussultare.

«Hai bevuto?»

«Sto bene» sbuffai, mentre tentavo di ritrovare una posizione comoda.

Sesto mi porse una ciotola piena di formaggi. «Sei pallido: mangia qualcosa.»

In effetti, esclusa una manciata di bacche, non toccavo cibo da ore, però ero troppo stanco per avere fame. "Dovevo tornare nel cubiculum insieme a Sabino" la paura di svegliare i nostri compagni mi aveva tenuto lontano dalla stanza e adesso, più il Sole saliva nel cielo, più i miei sensi si annebbiavano.

Sesto tese di nuovo la ciotola. «Ti occorrono energie per raggiungere la Sibilla.»

«Ci andremo oggi?»

«Così pare» s'intromise Quinto, giocherellando con la bulla che portava al collo. A quell'età, io ero già adulto, ma un minorenne era una pedina preziosa e suo zio intendeva sfruttarlo: gli avrebbe dato la toga virilis in seguito. «Se desideri cambiare i programmi, parla con Catone.»

«Marco? Dov'è?»

«Vuoi davvero discuterne?» Quinto assunse un'aria compiaciuta «Mi sorprendi, mantovano! Non credevo che Napoli t'infondesse tanto...»

«Ho solo chiesto dov'è.»

«Stamattina non l'ho visto. Sarà alle terme con Sabino.»

Sorrisi, sforzandomi di non sembrare infastidito "Dunque, nemmeno Sabino è tornato in camera. E se...?" i miei pensieri tacquero nell'attimo in cui, sulla soglia del portico, comparve un uomo diafano, antico quanto il Tempo e seguito da un bagliore. Abito candido, lunga barba bianca, occhi crepuscolari. "Un Dio?" trasalii, spostando l'attenzione sul resto dei presenti. Tuttavia, non trovai stupore nei loro sguardi, quasi fossero ignari dell'apparizione. Poi, notai Marco accanto alla figura luminosa.

«Non era alle terme» dichiarò Sesto, aggiustandosi i capelli dorati e andando incontro ai due.

«Lo vedi anche tu?» cercai supporto in Quinto, ma lui mi fissò perplesso e aspettò che i nostri compagni accompagnassero lo sconosciuto da noi.

«Ricorderai il figlio di Cicerone» disse Marco in tono pacato «E questo è Virgilio, un altro studente di Epidio.»

La figura luminosa mi esaminò senza cambiare espressione. Neppure la più austera tra le statue era tanto ieratica.

"Un Dio" ripetei, indeciso se chinare la testa.

Lui, invece, tese la destra verso di me. «Lieto di conoscerti, Virgilio.»

"Dovrei stringere la mano... a un Dio?" tremai, però, appena sfiorai la sua pelle, ciò che avevo davanti mutò.

Un uomo in carne e ossa. Le guance erano sbarbate secondo l'usanza dell'Urbe, nei capelli scorgevo qualche filo bianco e non c'era traccia del misterioso luccichio.

Acheronta MoveboWhere stories live. Discover now