CAPITOLO 10 - DIVENTARE ADULTI

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Abbassai lo sguardo imbarazzato e coprii gli occhi a mio fratello. «Vi ripeto che dobbiamo tornare a casa: ci aspettano per cena.»

«Tutte scuse!»

La donna posò un dito sulle labbra del mio compagno e si avvicinò a me. «Non ci siamo già visti?» mormorò in tono provocante.

«Non saprei» mi alzai in piedi, afferrando Flacco per un polso «Buona serata.»

«Sì, tu sei il ragazzino che non voleva entrare nel lupanare

«Come!?» sghignazzarono i miei coetanei.

«Si sta sbagliando. Mi ha scambiato per qualcun altro.»

«Fratellone, non capisco...»

«Ne parliamo a casa» strinsi più forte il polso di Flacco e cercai di aprirmi un varco tra i miei compagni. Loro, però, non sembravano intenzionati a farmi passare.

«Adesso ci spieghi, Virgilio!»

«Già, cos'è che non hai fatto nel lupanare

Mi guardavo intorno sempre più in difficoltà. «N... non m'interessa frequentarli» balbettai «Né ora né in futuro. Non ve l'ho mai nascosto.»

«Un lupanare

«Flacco, ti prego, non è il momento.»

«Il tuo fratellino desidera sapere» canticchiò il favorito del maestro Ballista, chinandosi su di lui «Non è vero, piccolo?»

«Non sono piccolo.»

«Hai ragione» esclamò, mentre slacciava l'abito della giovane al suo fianco «E la tua curiosità è lecita, normale oserei dire» sottolineò, lanciando un'occhiata maliziosa verso di me «Solo tuo fratello rifugge le donne. Sembra proprio che non le apprezzi.»

«Basta!» lo spinsi di lato e tentati di nuovo di andarmene.

«Cosa c'è?» un secondo ragazzo ci si parò davanti «Ti vergogni?»

«No. Voglio andare a casa.»

«Il maestro Ballista sostiene che t'immedesimi troppo nelle ragazze...» mugugnò, allungando una mano verso la mia coscia «Come se... ah, no, sei un maschio.»

Sentii il sangue ribollire. «Toccami ancora...»

«E...?»

«Secondo me, ti sta invitando a farlo di nuovo» s'intromise un terzo.

«Possibile» aggiunse la donna «I giovani della sua età non disprezzano la nostra compagnia, se non hanno niente da nascondere.»

Flacco spostava di continuo gli occhi da me ai ragazzi che ci bloccavano il passaggio. Era spaventato e confuso almeno quanto lo ero io.

«Non puoi restare un bambino per sempre» ricominciò il prediletto del maestro «Sei un adulto, Virgilio, e presto si accorgeranno tutti che non sei un uomo.»

Ora, insieme al bollore del sangue, avvertivo gli occhi inumidirsi. «Non. Mettete. In. Discussione. Il. Mio. Onore» ansimai «Lasciateci andare immediatamente». Stavo per fare una cosa molto, molto stupida e me ne accorsi ancor prima di puntare il coltello contro i miei compagni. «Toglietevi di torno.»

Stavolta, loro si scambiarono sguardi preoccupati e arretrarono. «Suvvia, stavamo scherzando.»

Non risposi, continuai a puntare il pugnale e trascinai in fretta Flacco lontano da quel prato. Dovevo sforzarmi di non piangere e frenare i brividi che mi facevano tremare le mani.

Mio fratello, invece, iniziò a singhiozzare nell'istante in cui entrammo nei terreni dei nonni. Era sconvolto. «Cosa volevano?»

«Darci fastidio» annodai il coltello nella cintura e mi chinai per consolarlo «È tutto finito.»

«Li... li avresti uccisi?»

Trasalii. Come poteva anche solo pensarlo? «Certo che no!»

«Però avevi un'arma e l'hai puntata contro di loro.»

«Ho sbagliato» replicai «Non si puntano i coltelli contro la gente, neppure quando ci dà tanto fastidio» "fastidio è un eufemismo" pensai, deciso, tuttavia, a minimizzare l'accaduto.

«Perché hanno detto che non sei un uomo?»

«Loro...»

«Chi ha detto cosa?» la voce del nonno risuonò nell'aria fresca del tramonto.

«Niente» feci cenno a Flacco di restare in silenzio, ma lui aveva decine di parole chiuse nella gola che aspettavano soltanto di uscire.

«I ragazzi con le donne dai capelli blu» dichiarò, tirando su col naso «Parlavano di lupinari.»

«LupAnari» lo corresse il nonno «Ma non ha importanza». Provai a intervenire e lui m'intimò di tacere «Va' avanti, Flacco.»

«Dicevano che Publio evita le donne perché non gli piacciono... E che non sembra un maschio... e che, quando crescerà, tutti vedranno che non è un uomo» tacque un momento, mi osservò da capo a piedi e tornò a guardare il nonno «Mio fratello non è un mostro, vero?»

Lui alzò gli occhi al cielo e scosse la testa. «Lavatevi le mani e la faccia» ordinò subito dopo «Vostra madre è stanca: non intendo cenare tardi.»

«Sì, nonno.»

«E non una parola di questo "spiacevole incontro"» aggiunse gelido.

«Però i ragazzi...»

«Quei ragazzi erano ubriachi e hanno farneticato frasi sconnesse. Argomento chiuso. Muoviti.»

Mio fratello annuì e io feci per seguirlo dentro casa, quando il nonno mi posò una mano sulla spalla. «Nemmeno con tuo padre.»

«Cosa?»

«Hai capito benissimo: non una parola, neanche con lui.»

Sussultai. «Non crederai ai miei compagni?»

Nessuna risposta.

«Ma non è vero!» protestai, stando attento a mantenere un tono di voce basso «Mi sento solo piccolo per certe esperienze. Non sono pronto, non desidero...»

«Silenzio, Virgilio» m'interruppe «La fama che hai qui è disdicevole: ti considerano strano, provinciale e adesso addirittura poco virile.»

«M'insultano perché non siamo amici.»

Lui ignorò il mio commento, continuando il suo monologo come se io non avessi aperto bocca. «A breve ci trasferiremo e le chiacchiere dei giovani di Cremona diventeranno un mero ricordo. A Milano saremo di passaggio. Ebbene, se laggiù vorrai "chiarirti le idee", io chiuderò un occhio.»

Ero arrossito, sentivo caldo e non sapevo in che modo ribattere.

«Sei un adulto: puoi apprezzare uomini e donne, purché tu mantenga il ruolo consono per un romano e trovi una moglie con cui generare dei figli.»

«Nonno, sono sincero, non ho mai pensato di...» ero in imbarazzo persino a pronunciare quella parola.

«Non m'interessa» sentenziò perentorio «Divertiti con gli schiavi, se lo desideri. Apprezzali. Non saresti il primo; però...» fece una pausa e mi guardò dritto negli occhi «Attento alle tue mosse. Diventare adulti significa anche essere responsabili di tutte le proprie azioni.»

Acheronta MoveboWhere stories live. Discover now