CAPITOLO 17 - LA COLPA E' DELLA SPADA

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«L'incontro!» sobbalzai, indossando in fretta gli abiti formali «Cornelio mi aspetta! E pure Ottavio... Sarà un disastro.»

Mi precipitai nella popina insieme a tutte le scuse che riuscii a raccogliere e supplicai il mio amico di essere paziente: gli avrei raccontato di Napoli in seguito.

«D'accordo, però ti accompagno» esclamò lui «Così, stringerò la mano al ragazzino capace di placare le tue ansie.»

«Veramente?»

«Non ho impegni, Virgilio! Mio padre è in città, ma non si arrabbierà nemmeno se resto fuori a dormire» mi seguì in strada ed estrasse una fetta di Libum «Ora mangia e dimmi: è stato un bel viaggio?»

Morsi la focaccia in cerca di risposte. "Non posso raccontargli di Sabino, di Quinto o della lite alla scuola di cani..." alla fine, optai per un incerto, aggiungendo qualche dettaglio superfluo. «E adesso conoscerò la madre di Marco.»

«Atilia? Non sapevo fosse ancora nell'Urbe» Cornelio addentò un angolo del mio Libum e proseguì a bocca piena «Sostengono che avesse una condotta... Sopra le righe.»

«Ah.»

«Ma non è colpa sua» si affrettò a chiarire «Prova tu a sposare un uomo che desidera un'altra, più frigido della Morte e che passa il tempo a ripetere quanto sia giusto non amare troppo la propria moglie! Come poteva essere felice?»

«Impossibile» i miei genitori avevano sempre dimostrato rispetto e amore reciproci «Però è strano: Marco è garbato anche con l'ultima delle lupe.»

«Probabilmente, ha scoperto il modo per ottenere lo sconto» Cornelio mi rivolse un'occhiata d'intesa e indicò il ragazzino che ci stava salutando «È lui?»

Annuii e, dopo le presentazioni, imboccammo tutti e tre il quartiere delle Carinae, dove scorsi l'abitazione di Pompeo e quella dello zio di Quinto. "Il nonno vorrebbe che vivessi qui" ragionai, mentre gustavo la quiete della zona più esclusiva dell'Urbe. Camminavo assorto e non mi accorsi subito che, proseguendo verso Nord, le ville si facevano via via più fatiscenti.

D'un tratto, Cornelio strinse la sacca che portava a tracolla. «Benvenuti nella Suburra» annunciò «Altro che colonne d'Ercole: Hic sunt leones

«Puoi ben dirlo» ridacchiò Ottavio, imitando il suo gesto «La Suburra tempra l'animo: o diventi forte o soccombi». Pronunciò la frase con una punta d'orgoglio, consapevole che quel quartiere aveva dato i natali anche a Cesare. Poi, ci condusse in un vicolo pieno di botteghe librarie e bussò a un portone ligneo.

Ci aprì un domestico accogliente; tuttavia, Cornelio si fermò sull'uscio. «Atilia aspetta voi due» precisò «Resto qui e ne approfitto per comprare qualche testo straniero.»

Provai a insistere, ma fu inutile: il mio amico s'infilò dentro la prima bottega e noi entrammo nella domus. Quindi, attento a non farmi scoprire, afferrai il kykeon acquistato il giorno precedente. "Un sorso e risveglierò il dono" pensavo "Un sorso e potrò cercare risposte su Marco". La tentazione era immensa, però Ottavio aveva organizzato l'incontro apposta. Potevo davvero gettarlo all'aria per gelosia? Esitai ancora; dopo, rimisi il kykeon nella sacca e mi feci scortare nel peristylium.

Atilia ci salutò con un ampio sorriso. I capelli castani erano raccolti secondo la moda cittadina e impreziositi da uno strato di polvere dorata; il trucco sottolineava labbra carnose e ciglia folte e una spruzzata di lentiggini le coloriva le guance. Corpo sinuoso, mani affusolate e lineamenti regolari la rendevano attraente, eppure c'era qualcosa in lei che emanava tristezza, come un raffinato mosaico su cui giaceva la patina del Tempo.

Acheronta MoveboWhere stories live. Discover now