Capitolo IV

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La pendola suonò le sei. Ellen teneva tra le mani la tazza di tè vuota da tempo solo per avere qualcosa da fare. Avvertiva il freddo della ceramica contro la pelle, e stava riflettendo se abbandonarla di nuovo per mettere l'ennesimo ciocco nel camino. In una situazione diversa, avrebbe approfittato dell'attesa per esplorare la libreria alla sua destra, scegliere un libro e sfogliare le sue pagine; in quel momento, tuttavia, le domande si rincorrevano nella sua testa, aggredendosi per essere le prime a sperare in una risposta. Ellen avrebbe voluto fare da paciere, ma era impossibile, perché non aveva idea di cosa stesse accadendo intorno a lei.

Fece il punto della situazione. Quando l'auto si era fermata di fronte al cancello, ne era uscita una ragazzina in lacrime, che si era subito gettata tra le braccia di Janet in cerca di conforto; pochi istanti dopo, a scendere dal lato passeggero era stato un uomo, poi la macchina era ripartita.

Uno.

Due.

I conti non tornavano, e a sostegno della tesi di Ellen - Due persone, una di loro piange - il secondo arrivato aveva guardato Janet e scosso mestamente il capo.

Janet e la ragazzina era salite al piano superiore, da dove per diverso tempo Ellen aveva udito pianti, grida, disperazione. Immaginava l'archeologa cullare l'amica, confortarla e ascoltare quanto era avvenuto a Salem.

Nel frattempo, l'uomo che era con lei e Jeremy si erano chiusi in cucina. Il maggiordomo le era parso profondamente turbato quando, come Ellen, aveva intuito il motivo delle lacrime della ragazzina; non si era più fatto vedere, e lei li immaginava davanti a una bottiglia di whiskey ben nascosta, forse messa da parte per le grandi occasioni.

Dal canto loro, Fauerbach e la Baker avevano compreso di essere di troppo e avevano lasciato la villa, diretti verso casa della professoressa. Ellen, invece, aveva preferito l'imbarazzo al pericolo: Janet si era offerta di ospitarli per la notte, e forse per gli altri due il programma era cambiato, probabilmente lei stessa sarebbe dovuta tornare all'Upman Hall e lasciare il gruppo al proprio dolore, ma finché non le sarebbe stato detto di andarsene lei sarebbe rimasta. Le dispiaceva essere di troppo, per questo rimaneva in disparte fingendo di non esistere, ma non aveva intenzione di tornare al Campus.

Quando il pendolo suonò le sei e un quarto, la ceramica della tazza era congelata. Ellen si chinò per riporla sul tavolino basso, e in quel momento la porta del salotto si aprì.

«Ah, sei ancora qui.»

Non c'era rimprovero nel tono di Janet. Si lasciò cadere sul divano, accanto a lei, e dietro le lenti Ellen notò gli occhi arrossati.

«Come sta?»

Non le interessava davvero, ma davanti alla disperazione evidente della ragazzina le sembra fuori luogo chiedere a Janet come stesse lei.

«Si è addormentata, credo. Era sfinita.» L'archeologa si massaggiò le tempie e sospirò. «Immagino... Avrai delle domande.»

Ellen annuì.

"Quando sei pronta", avrebbe voluto aggiungere, ma la curiosità la stava divorando.

«Sì, penso sia arrivato il momento. Mi aiuterà a... a non pensare... A Salem, almeno.» Janet fece un profondo respiro, poi cominciò.

***

Tutto è iniziato il quindici ottobre a Boston. Ero stata invitata a una festa a casa del senatore Butler, con cui i miei genitori sono molto amici, nonostante le loro visioni differenti. Arthur è un brav'uomo, lo conosco da quando ero una bambina, e dopo la perdita della moglie si è impegnato per crescere da solo la figlia Lilyan. Con lei abbiamo sette anni di differenza, quindi la nostra amicizia è nata da poco, ma è un cara ragazza, tanto affezionata al padre. Stavo parlando con lei quando nella sala da ballo siamo state raggiunte dall'Arcivescovo Giraud Des Chateaubriand, di cui non avevo ancora avuto il piacere di fare la conoscenza. Lilyan era felicissima di vedere il suo padrino, siamo andati ad annunciare al padre il suo arrivo, e da lì ha avuto inizio tutto quanto.

Il Richiamo di Cthulhu: Il GuardianoWhere stories live. Discover now