CAPITOLO 15 - LA VIA DEL RITORNO

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Non osai chiedere ulteriori informazioni e seguii i programmi stabiliti per la mattina. Quando arrivammo in prossimità degli animali, però, capii all'istante cosa intendesse il maestro Sirone.

Gabbie.

Cani di ogni razza erano ammassati in celle prive di ripari. Il Sole picchiava sulle loro teste e alcuni sembravano sul punto di svenire. C'era chi si leccava ferite aperte, chi veniva trascinato per combattere nell'arena poco lontana, chi guaiva senza sosta e chi, perduto il senno, si aggirava barcollando. L'unico ristoro erano le secchiate d'acqua gettate di tanto in tanto, ma ai visitatori non importava. Si ammassavano tutti con un unico scopo: aggiudicarsi l'esemplare migliore. Controllate che abbia sfumature argentate negli occhi! pretendevano molti acquirenti, Sono le bestie più feroci e pronte alla guerra.

Quinto Cicerone si pose tra la moglie e il figlio. «Vi ho promesso un sostituto di Argo.»

«Hai trovato un esemplare che...»

«No, cara. Questa volta, lascerò scegliere a voi e al Fato» sorrise divertito; poi, chiamò il primo garzone che gli passò vicino e costrinse i famigliari a indicare ciascuno un cane. «Te li pago entrambi» dichiarò in tono entusiasta «Falli combattere: chi sopravvive viene a casa con noi.»

«Padre io...»

«Scegli bene, mi raccomando» gli aggiustò la bulla con fare tanto premuroso quanto inquietante «O dovrò ammettere che l'occhio di una donna ha giudicato meglio di quello del mio erede. Sarebbe... ridicolo.»

«Il Fato è spesso ridicolo, padre» replicò lui, sforzandosi di mantenere un'espressione distesa «E tu l'hai chiamato come terzo giocatore. Non sorprenderti se vorrà partecipare.»

Non capii subito il piano dietro quelle parole, ma i modi brutali con cui i cani vennero trascinati fuori dalla gabbia mi costrinsero a distogliere lo sguardo, finendo su Marco. Sibilava parole rabbiose all'orecchio di Sabino e, quando lui provò ad accarezzargli il dorso della mano, lo allontanò bruscamente. In altre occasioni, sarei rimasto a studiarli; ora, invece, volevo solo interrompere il combattimento.

Falliresti, Virgilio! gli schiamazzi del pubblico erano sempre più assordanti, Anche Sirone l'ha detto: intervenire è inutile. Tornai a osservare l'arena. I cani indugiavano, frastornati dal battere incessante di mani, e stettero acquattati nei propri angoli finché i garzoni non li pungolarono con ferri roventi. Quindi, la lotta ebbe inizio e Sabino si affiancò a me.

«Il Molosso è più forte» constatò.

"Il Molosso è malato" lanciai un'occhiata a Quinto per avere conferma che ne fosse conscio "L'ha scelto apposta: un cane temibile in apparenza e destinato a soccombere in qualche giorno". Cercavo di conservare un minimo di distacco, però, appena udii il primo guaito, il mio stomaco si contrasse. La testa prese a girare, le gambe cedettero e mi accasciai a terra.

«Stai male?» mormorò Sabino preoccupato.

«Andiamo via» boccheggiai, lottando contro la nausea.

Un altro guaito, ancora più disperato.

«Non resto qui un secondo di più» ero stato uno sciocco a venire. Mi rialzai in piedi e uscii dalla ressa, seguito da Sabino. «Questo posto è disgustoso.»

«Le scuole di Capua sono eccellenti» protestò lui «Tuttavia, se non sei soddisfatto, basterà aspettare. Terminato il combattimento, ce ne sarà uno migliore.»

Incrociai il suo sguardo. «Migliore!? Non c'è niente di piacevole in una stupida, crudele lotta all'ultimo sangue.»

«Vorresti eliminare anche i giochi gladiatorii, di grazia?»

Acheronta MoveboWhere stories live. Discover now