28. Memories

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Edith

«Azrael...» sussurrai, quasi spaventata da ciò che avevo visto.

Ma, in fondo, perché avrei dovuto esserlo? Io stessa avevo compiuto azioni orribili e indicibili. In più, ero sicura che avesse una spiegazione valida o, almeno, lo speravo.

L'angelo si voltò velocemente verso di me e, appena ebbe constatato che fossi effettivamente io, sgranò gli occhi per poi scomparire e ricomparire l'attimo dopo senza l'anima di quell'uomo.

«Cosa ci fai tu qui?» domandò, con un vortice di emozioni negli occhi che non riuscii a decifrare.

«Volevo solo parlarti, ma ho visto...»

«Tu non sai cos'hai visto!» esclamò con un'emozione che ero riuscita a captare forte e chiara: rabbia.

«Hai letteralmente strappato l'anima a quel povero uomo!» ribattei, indicando il corpo senza vita dietro di lui.

«Povero uomo? Hai la più pallida idea di cosa abbia fatto quell'uomo durante il corso della sua vita? Ha compiuto un attentato in una piazza gremita di persone. Ha ucciso uomini, donne, bambini e addirittura una donna incinta! Dimmi, è ancora un "povero uomo"?»

A quelle parole tacqui. Non sapevo più cosa dire.

Quello non era un povero uomo, quello era un mostro.

E Azrael era un angelo. Come potevo dubitare di lui? Era una creatura dei cieli, d'altronde.

«Questo non spiega ciò che hai fatto.»

«Quella che hai visto è la prima fase della loro punizione. Per persone del genere, l'inferno inizia da qui, da me. Ho il compito di raccogliere la loro anima strappandogliela per poi accompagnarli nell'aldilà fin quando non verranno sepolti. Subito dopo avverranno le torture per mano dei miei fratelli nella tomba» spiegò passando una mano tra i suoi capelli.

«Allora perché sei così arrabbiato?» domandai, non capendo il suo atteggiamento.

«Perché non volevo che vedessi quella parte di me...» confessò incerto.

A quelle parole mi avvicinai di più a lui accarezzandogli delicatamente la morbida gota. Lui posò la sua mano sulla mia, guardandomi negli occhi.

«Non posso...» sussurrò a bassa voce sul mio viso.

«Cosa non puoi fare?» domandai confusa da ciò che aveva detto.

«Questo. Il bacio di prima è stato un errore...»

E, a quelle parole, qualcosa mi fece provare dolore nel petto. La mia mano scivolò via dal suo viso e provai a concepire qualche frase di senso compiuto nella mia testa, ma fallii in continuazione.

«Capisco. No, hai ragione. È stata solo colpa dell'adrenalina del momento e stavo delirando a causa del veleno. Tranquillo, è tutto okay. Siamo adulti per capire che è stato solo uno sbaglio e andare avanti» affermai il contrario di ciò che effettivamente pensavo.

Non era stato uno sbaglio.

Lo avrei rifatto, ancora e ancora. Volevo nuovamente baciarlo e desideravo che continuasse ad accarezzare la mia anima come solo lui poteva fare.

Non era stata colpa dell'adrenalina, o almeno non per me. Forse il veleno in circolo nel mio organismo mi aveva dato una spinta e mi aveva aperto gli occhi, ma ero grata che fosse successo.

Volevo che Azrael continuasse a scrutarmi con quegli occhi profondi e scuri come le notti invernali. Desideravo che continuasse ad accarezzarmi la mano con quelle dita così fredde ma così delicate. Volevo che continuasse a farmi sorridere.

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