27. War, blood and Love

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«Non credevo ci tenessi a me a tal punto...» sussurrai con voce rauca.

Azrael, che precedentemente aveva gli occhi chiusi e la testa appoggiata alla sedia, aprì le palpebre rivolgendosi a me. «Sei sveglia...» sussurrò, avvicinandosi al mio volto.

Forse un po' troppo.

Mi ritrovai a trattenere il fiato, con la paura di compiere una mossa falsa. Staccò la sua mano dalla mia e percepii i suoi delicati e freddi polpastrelli scostarmi il tessuto del vestito accanto alla clavicola. Solo in un secondo momento capii che stava controllando a che punto fosse arrivato il veleno.

«Sta avanzando sempre di più, non è così?» domandai sospirando e chiudendo gli occhi a causa del mal di testa eccessivo.

«Non morirai, tranquilla, non ti preoccupare.»

«E chi ti dice che io sia preoccupata?» domandai con un sorriso di scherno.

«Non ti azzardare, Edith. Ho detto che non morirai e io sono la Morte» decretò con sguardo severo, allontanandosi da me.

«Ma non sei tu a decidere chi vive e chi muore, giusto?»

Azrael non rispose e si passò una mano tra i capelli sciolti.

«Mi piacciono i tuoi capelli così...» bisbigliai mentre cercavo di riscaldarmi al meglio sotto le coperte.

Forse stavo già delirando e mi sarei pentita di tutto ciò che stavo dicendo in quel momento.

L'angelo si voltò verso di me e mi guardò per un lungo istante, finché la porta non si aprì rivelando la figura di Iria.

«Sono entrati! Vi stanno cercando, Vostra Maestà, e non ci vorrà molto prima che vi trovino» affermò Iria preoccupata, per poi posare lo sguardo su Azrael come se fosse in cerca di aiuto.

«Iria, rimani qui con Edith, ai complottisti ci penserò io.»

«Azrael, sei un angelo, non ti è concesso interferire con i mortali» cercai di protestare.

Egli però mi ignorò completamente, si teletrasportò fuori dalla stanza e io rimasi da sola con Iria. I boati e le grida che provenivano dai piani inferiori facevano accapponare la pelle.

«Iria, dove sono Nathan e Hayat?» domandai guardandomi intorno, ma non vidi nessuno dei due.

«Hayat è dovuta andare via di fretta a causa del suo lavoro. Nathan, invece...»

«Iria, dov'è Nathan?» domandai preoccupata, mettendomi a sedere velocemente e ignorando il mal di testa unito alla sensazione di nausea.

«È andato alla Montagna della Luna a prendere un antidoto per voi» affermò, per poi abbassare lo sguardo.

Non potevo credere a quelle parole. Non volevo morire, ma non volevo nemmeno che Nathan rischiasse la sua vita per me. Se avessi dovuto perdere lui, non ce l'avrei fatta.

Non lui. Non anche lui.

All'improvviso, la porta fu scardinata e un uomo con una spada fece il suo ingresso. Utilizzai la magia e lo uccisi immediatamente.

Solo dopo mi pentii di quell'azione e dovetti appoggiarmi al materasso per non cadere a terra. In quelle condizioni, utilizzare la magia era l'ultima cosa che dovevo fare.

«Vostra Maestà!» esclamò Iria, accorrendo verso di me.

Scostai le coperte e presi l'arco e le frecce nascosti sotto al letto. Appesi la faretra colma di frecce alla mia schiena e camminai verso la porta.

«Vostra Maestà! Cosa state facendo? Dove credete di andare nelle vostre condizioni?» domandò Iria, correndo nella mia direzione per cercare di fermarmi.

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