25. Civil War pt.1

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«Azrael, posso parlarti per un momento in privato?» domandò Hayat, rivolgendosi al fratello.

Io mi alzai un po' confusa e abbandonai la stanza, per poi chiudere la porta dietro di me. Decisi, però, di utilizzare la magia per poter ascoltare la conversazione. Sapevo che era sbagliato e che sicuramente non erano affari miei, ma la curiosità aveva battuto la morale.

«Azrael, cosa ho appena sentito?» domandò Hayat sconvolta, rivolta all'angelo.

«L'hai sentita, sorella. Vuole il tuo aiuto.»

«Ti rendi conto dell'assurdità della richiesta? Oltre che assurdo, è anche immorale, fratello. Perché la stai aiutando in questa follia?»

«Lo sai perché» mormorò Azrael.

«E sei disposto a farlo? Dopo tutto questo tempo? Dopo che ti è stata tolta la magia bianca che un angelo come te dovrebbe possedere? Dopo che ci è stato imposto il sigillo?»

«Sì, Hayat. Dopo tutto questo tempo, sì. Avanti, sai perfettamente che io non posso farlo. Riporterai qui l'anima del padre per pochi minuti. L'ha detto lei, no? Solo pochi minuti.»

Un silenzio interminabile intercorse tra i due e i miei dubbi e le mie domande non facevano altro che aumentare. Più andavo avanti e più sembravo non ricevere abbastanza risposte a tutti i quesiti che avevo.

«Ci penserò. Non è qualcosa di semplice, fratello. Qui si parla di anime. E nonostante sia l'ambito che ci riguarda, ci sono alcune situazioni su cui neanche noi abbiamo parola. Tu, intanto, cerca di farla riflettere. Riportala indietro e falla ragionare. Aiutala a superare il dolore e a ricucire la ferita.»

Sentii dei passi avvicinarsi alla porta e interruppi immediatamente l'incantesimo. Il viso dell'angelo comparve davanti a me e la voce di Hayat riempì la stanza.

«Ci penserò, Edith. Appena avrò preso una decisione, te lo farò sapere.»

«Ti ringrazio, e scusa il disturbo» risposi, cercando di abbozzare un lieve sorriso che molto probabilmente assomigliava a una smorfia.

Azrael mi seguì fino all'esterno della dimora della sorella. «Non c'è bisogno che mi accompagni. Trascorri del tempo con tua sorella, è da tanto che non la vedi» gli dissi per poi voltarmi.

Ma prima che potessi teletrasportarmi nel mio regno, Azrael mi afferrò per il polso. «Aspetta...» esalò.

I capelli neri non erano legati come al solito, ma erano sciolti e le ciocche disordinate gli accarezzavano la fronte. La luce che brillava in quel luogo illuminava tutto, ma i suoi occhi scuri restavano scuri come il fondo del mare di notte. Imperscrutabili.

«Hai sentito tutto, non è così?» domandò a bassa voce, come se sapesse già la risposta. E, in fondo, la sapeva.

«Non c'è bisogno che te lo dica io.»

«Abbi solo pazienza, vedrai che ti aiuterà.»

«Già... lo spero» sussurrai, distogliendo lo sguardo da lui. «Cosa significa ciò che vi siete detti prima? Intendo quando vi eravate appena incontrati» continuai, cercando di sviare il discorso.

C'erano tante situazioni che rimanevano un mistero, soprattutto quando si parlava dell'Angelo della Morte. In cuor mio, però, ero consapevole che sarebbe stata una questione di poco tempo. Sapevo che mi avrebbe raccontato tutto, prima o poi, ma non riuscivo a capire perché ne fossi così convinta. In fondo, non era obbligato: il nostro rapporto si basava solamente su quell'accordo.

«Avete parlato di un determinato giorno» gli ricordai.

All'improvviso, nell'udire di quelle parole, un senso di consapevolezza baluginò nei suoi occhi e mi lasciò il polso, che per tutto quel tempo aveva tenuto rinchiuso tra le sue dita affusolate.

«Il Giorno del Giudizio...» Emise un profondo sospiro e, dopo aver abbassato le palpebre, le rialzò fissando i suoi occhi nei miei. «Essere la Morte non è un dono. Sono stato creato per un unico scopo: scortare le anime nell'aldilà. Ma quando saranno terminate, quando raccoglierò l'ultima anima, sarà in quel preciso istante che avrà inizio la mia fine. Dovrò uccidere gli angeli, dovrò uccidere mia sorella, dovrò uccidere me stesso. È questa la fine della Morte, mia regina» affermò in tono impassibile, per poi passarsi una mano tra i capelli.

Quindi tutto sarebbe giunto al termine in quel modo orribile? Avrebbe speso la sua intera esistenza a svolgere un lavoro per cui era stato creato e sarebbe dovuta finire così? Era quella la ricompensa che si meritava per il dolore che aveva provato? Essere una creatura immortale e dover dire addio a tutte le persone che incontrava non era abbastanza; doveva anche uccidere la sua stessa sorella?

«Ma è assurdo! Non sei costretto a farlo, dico bene?»

«Devo. Chi altri potrebbe farlo, sennò? Sono la Morte e, fino al mio ultimo istante di vita, farò ciò che mi è stato ordinato. Che c'è? Non sarai mica triste per me, mia regina?»

«Sono a malapena triste per me stessa, Morte» risposi sogghignando.

Era incredibile. Come poteva capovolgere una tale situazione in quel modo?

«Adesso è meglio che io vada» mi congedai, poi mi teletrasportai nel mio regno.

Nell'esatto momento in cui giunsi a destinazione, un dolore acuto si propagò lungo il mio braccio destro. Un urlo fuoriuscì incontrollato dalle mie labbra, mentre con la mano sinistra cercavo di fermare il copioso rivolo di sangue che stava fuoriuscendo dal mio braccio.

Ero stata ferita da una spada e, dalle condizioni della ferita, intuii che la lama era stata avvelenata. La scena che si presentò davanti a me era la raffigurazione del mio peggior incubo: il mio popolo stava combattendo tra sé ed era giunto addirittura davanti alle porte del castello.

«Vostra Maestà!» urlarono le voci di Nathan e Iria, accorrendo in mio aiuto.

«Vostra Maestà, state bene? Siete ferita?» domandò Iria, per poi notare il mio braccio insanguinato. «Nathan, fa' in modo che nessuno ci calpesti» continuò la ragazza, rivolta al biondo. Strappò un pezzo del suo abito e lo utilizzò come benda per la mia ferita.

Una scarica di brividi iniziò a percorrermi la pelle e mi sentivo sempre più stordita, a causa del veleno.

«Cosa sta succedendo?» domandai, mentre Iria mi aiutava ad alzarmi sorreggendomi a lei, per poi farsi spazio fino a raggiungere l'entrata del palazzo. Una volta dentro, Nathan ci seguì facendo sigillare immediatamente i battenti.

«Chiudere le porte non servirà a placarli. Sono stregoni, troveranno il modo per entrare» dichiarai, mentre continuavo a tamponare la ferita.

Percepivo la fronte imperlata di sudore e i brividi di freddo non avevano intenzione di lasciare che il calore del camino mi avvolgesse. Avevo sicuramente la febbre e da un momento all'altro avrei iniziato a delirare: erano quelli gli effetti del veleno.

«Cosa sta succedendo? Perché stanno combattendo?» domandai di nuovo a Nathan.

«Vostra Maestà, i complottisti hanno reclutato parte dei sudditi. Li hanno soggiogati parlando loro delle continue sparizioni dei minerali e accusando voi del furto. Hanno detto che siete stata voi a rubare le gemme per usi personali. Mentre venivano qui per giustiziarvi, l'altra parte del popolo non ha creduto a questa bugia e ha provato a difendervi. Fuori da quelle porte, Vostra Maestà, è in corso una guerra civile.»

Life Goes OnWhere stories live. Discover now