MEDAGLIE DI GUERRA

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Seduta sul sellino di un motorino che sfreccia tra le strade trafficate della città, mi  stringo forte al ragazzo che mi è seduto avanti. Se gli da fastidio non lo da a vedere. Le mie urla quando imbocca una curva invece penso che siano ben udibili. Mentre si muove a zigzag tra le auto inchiodate nel traffico, penso che sono salita sul mezzo di trasporto di un perfetto sconosciuto. Il vento mi colpisce con furia il viso, facendomi mancare il respiro. I capelli che sfuggono dal casco volteggiano nell'aria mandando a quel paese la piega.

Come da lui già accennato ci fermiamo prima per le consegne. Lui scavalca con estrema facilita mentre io resto immobile. Il mio pessimo equilibrio mi farebbe rovinosamente cadere sull'asfalto. Ma almeno posso prendere per un paio di minuti un sospiro di sollievo. Giusto il tempo perché un uomo in pigiama e pantofole ritiri le sue pizze.

Quando lui rimonta in sella e mette in moto, rischio di cadere sulla schiena. Il porta pizze frena la mia caduta facendomi tuttavia prendere una bella botta a metà della spina dorsale. Torno a strincere le mie braccia attorno alla sua vita e già abbiamo preso velocità.

Improvvisamente capisco gli avvertimenti di mia madre sul non fidarmi degli sconosciuti. Avrei dovuto chiamare un Uber.

Stefano si immette all'interno di una ampia piazza, al centro una imponente fontana sgorga acqua limpida che si riversa in una vasca illuminata. Tutt'attorno eleganti palazzi dalle facciate bianche.
Vedo il ristorante in fondo alla piazza, dall'altra  parte della fontana. L'elegante palazzo dalle alte finestra. Il grande portone in legno, completamente aperto, poggia sulla bianca facciata dell'edificio, incorniciando da entrambi i lati, una vetrata che lascia solo intravedere il movimento all'interno.
Sporgo il braccio sulla sua spalla e indico con l'indice il palazzo.
-Credo che sia quello.
Lui rallenta, fino a fermarsi dinanzi l'ingresso. Con una certa fatica scendo dalla moto e prima ancora di togliermi il casco, cerco di sistemarmi il vesti che nel frattempo si è alzato pericolosamente.
-Faresti meglio a coprire le tue medaglie di guerra.
Dice lui afferrando il casco dalle mie mani e indicando il mio petto.
Abbottono immediatamente il cappotto.
-Toglimi una curiosità...
Gli dico mentre mi sistemo i capelli ormai scompigliati.
-...ma davvero hai fatto suonare a quelli?
-Perché?
Cerco parole neutre che non possano offendere nessuno.
-Non rispecchiano il modo del locale.
Dico infine.
Lui fa spallucce.
-Che ti devo dire? Gli dovevo un favore.
-Devi favori a un po' troppa gente.
Lo saluto con la mano mentre mi dirigo verso l'ingresso del ristorante.
Lui è ancora alle mie spalle quando varco la soglia.

SE MI LASCI NON VALEDonde viven las historias. Descúbrelo ahora