PUZZA DI ANSIA ED ASCELLE NON LAVATE

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Il portico del dipartimento di giurisprudenza è pieno di studenti. Alcuni passano frettolosamente uscendo da un'aula, altri sostano pigramente abbandonati sul pavimento di marmo, con le schiene poggiate contro muri pieni di cartelloni e nastro adesivo. Chi fuma svogliatamente un drum chiacchierando con il proprio vicino, chi invece, con i libri aperti sulle proprie ginocchia, è intento a ripetere.

-Ecco vedi?

Indico a Tessa lo scenario difronte a me.

-Vedo cosa?

Lei solleva il volto dai libri e si guarda attorno cercando di capire cosa io voglia indicarle.

-Questo...

Mi prendo una breve pausa per usare le giuste parole per descrivere l'ambiente intorno a me

-...scenario di desolazione.

Agito la mano indicando il via vai di gente e, allo stesso tempo, i ragazzi intenti nella ripetizione pre-esame.

-Ecco il motivo per cui non voglio avere più nulla a che fare con l'università.

Lei scuote la testa e torna ad immergere il naso tra le pagine di un corposo volume mentre continua a camminare avanti e dietro. Guardarla mi fa venire il mal di testa.

-Io cammino un po' in zona, ho bisogno di sgranchirmi le gambe.

Le dico alzandomi dalla sedia in plastica. Le ginocchia effettivamente emettono un sinistro scricchiolio. Poi mi avvicino a lei e bisbiglio all'orecchio:

-in realtà voglio allontanarmi da qui, c'è puzza di ansia ed ascelle non lavate.

Mi guardo attorno con discrezione, ma sono tutti troppo presi dalla loro ripetizione per fare caso a me o alle mie parole.

Mi dirigo verso l'atrio dell'edificio. L'intera struttura, se confrontata con gli edifici adiacenti, ha un aspetto piuttosto moderno. Sempre se questo è il termine più adatto ad un edificio risalente agli anni '80 o '70. All'esterno il marrone delle facciate fa a pugni con gli eleganti edifici che circondano la lunga piazzetta.

Ma al centro di quel atrio, quel marrone discutibile fa esaltare il color bronzo della statua di Atena. Eretta su un piedistallo in marmo, guarda i passanti dall'alto verso il basso. Una leggenda vieta il guarda negli occhi se vuoi laurearti, ma il bello di non essere immatricolata a nessun corso è che non sono soggetta alle scaramanzie che attanagliano gli studenti che mi circondano in questo momento. Afferrò il mio smartphone e mi piego leggermente sulle ginocchia. Provo a scattare una foto cercando di catturare anche uno squarcio di cielo. I primi tentativi non sono dei migliori, ma spostandomi a destra, accucciandomi sempre di più, un passo in avanti, il busto chinato leggermente verso sinistra, alzo un po' il cellulare... ecco! Dopo quattordici scatti ecco finalmente uno che mi soddisfa abbastanza. E quello che non va posso sempre sistemarlo in "post produzione". Mi siedo su un gradino della scala di emergenza. Poco più sopra di me dei ragazzi parlano animatamente mentre fumano. Sistemo la saturazione, il contrasto, aumento la luminosità finché non raggiungo una colorazione che mi soddisfa e che ben si abbina con il mio feed.

Senza perdere altro tempo pubblico la foto e, ovviamente, taggo il luogo. Infilo l'iPhone nella borsetta mentre già arrivano le prime notifiche. Mi alzo dal gradino e raggiungo nuovamente Tessa. Ammetto che mi sto annoiando.

-Quando è il tuo turno?

Le chiedo avvicinandomi.

-C'è un'altra ragazza e poi io.

Mi risponde infilando la testa oltre la soglia dell'aula. Poi torna a scambiare nozioni con un ragazzo vestito in giacca e cravatta. E per quanto io sia incredibilmente attratta dagli uomini in giacca e cravatta, mi sembra un po' eccessivo un tale abbigliamento in questo contesto. Voglio dire... è un esame, non una seduta di laurea.

SE MI LASCI NON VALEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora