CAPITOLO 25: CENERE

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La tempesta si era abbattuta come una furia sulla torre, lo scrosciare dell'acqua emetteva un frastuono quasi assordante. Nessuno sentì il rumore soffocato emesso da Emon ormai morente, sarebbe stato impercettibile anche in una notte meno burrascosa.
Quel temporale così forte sembrò essere l'unico a esprimere tutta la rabbia di quella morte ingiusta, scagliandosi con violenza lungo le coste e la boscaglia, abbattendo alberi e danneggiando parte delle mura del castello. Andò avanti per tutta la notte, con un ritmo incessante, per poi arrestarsi di colpo poco prima dell'alba, ma senza smettere di minacciare il suo ritorno. 

Il mattino seguente il cielo era ancora grigio e le nuvole grigio-scure sembravano immobili come se fossero ancorate alla terra, l'aria era irrespirabile appesantita dall'umidità. Il temporale era stato violento: parte della scogliera era crollata, sulla spiaggia si erano depositati ogni genere di oggetti riportati dal mare, nel villaggio le poche case e officine rimaste in piedi avevano tetti scoperchiati e molte imposte erano volate via. Diversi danni li aveva riportati anche il palazzo e la torre: molti erano già all'opera di buon mattino intenti a ripulire e raccogliere più pezzi possibili per rimettere in piedi le proprio case.

All'interno del castello la vita procedeva normalmente, nessuno si aspettava che quella grigia mattina sarebbe diventata ancora più cupa della notte precedente. La giornata era cominciata come sempre. Ive e Léan attendevano il padre nella sala da pranzo per la colazione, successivamente avrebbero preso parte all'incontro con Exitium che avrebbe illustrato loro i piani per invadere Nèimey. Ma, non vedendo scendere Emon, iniziarono a impensierirsi. Non era da Emon saltare la colazione, o comunque non era da lui non presentarsi nemmeno per salutarle. «Che strano che non sia ancora sceso» disse Ive.

«Oh, non c'è da preoccuparsi, avrà avuto altro da fare...» rispose Léan quasi indifferente all'assenza del padre.

«È insolito... ed è tutta la notte che mi sento 'strana'... non so spiegarti...»

«Ti agiti troppo. Chiedi a quel nullafacente di Sharx di preparati un infuso calmante, ne hai bisogno, anzi no, preparatelo da sola, è meglio non distrarlo dalle sue faccende per le tue lagne» disse ancora Léan senza badare troppo alle preoccupazioni della sorella.

«Come fai ad essere così... così fredda?» disse Ive irritata.

«Oh, va bene...come vuoi tu» prese il campanello e iniziò a smuoverlo con forza. «SERVO!»

Nessuna risposta suonò più volte finché non arrivò una vecchia cameriera tutta gobba e rugosa. «Mia signora, il vostro servo non si trova da ieri sera, dite pure a me.»

Lèan non nascose una smorfia di disgusto nel vedere l'anziana donna e disse: «Bene, vorremmo avere notizie di sire Emon, sapete se è già con Exitium?»

«Oh no maestà, vostro padre ancora non ha lasciato le sue stanze.»

Ive strinse il braccio della sorella e le sussurrò: «Te l'ho detto, c'è qualcosa che non va».

Lèan discostò il braccio e disse: «Ne siete sicura?»

«Certo che sì, la stanza è ancora chiusa a chiave» disse la vecchia con voce gracchiante.

«Bene allora fatela aprire! Nostro padre è solito alzarsi presto e questa sua assenza non è sua abitudine, chiamate qualcuno e fate aprire la porta! Adesso!» urlò alterata la giovane.

«Ma maestà se vostro padre sta riposando non prenderà bene una nostra irruzione!» osò la vecchia.

«Non preoccupatevi, ci sarò anche io» la fermò Léan.

Poco dopo erano lì di fronte alla stanza di re Emon. Ive bussò più e più volte ma non ottenne risposta. «Lèan, non sento nulla» disse la giovane pallida in viso. «Nulla capisci?»

«Oh tu e la tua empatia, la confondi sempre con la paura del mondo!» rispose la sorella esasperata.

«Aprite!» ordinò alle due guardie che erano lì. Una volta dentro la scena che si presentò loro era raccapricciante: Emon a terra esamine, il corpo contorto e un'espressione grottesca in volto.

«Lèan lui è... è...» disse Ive rompendo in un pianto disperato e accasciandosi sul corpo del padre.

La sorella con molta freddezza la spinse via e ordinò: «Guardie accompagnatela immediatamente nelle sue stanze e avvisate sire Exitium. Ditegli che Sire Emon è morto e poi tornate qui, bisogna spostare il corpo e dargli un aspetto consono alla sua persona e al suo rango».

Le guardie obbedirono immediatamente: Ive era paralizzata dall'angoscia, le lacrime le scendevano senza sosta, tutto il mondo intorno a lei si muoveva lentamente, persino le voci delle persone accorse lì le sembravano lontane, incomprensibili e lente. Sua sorella aveva dato un ordine che lei non aveva capito finché non sentì qualcuno afferrarla e trascinarla fuori. Viveva tutto con apatia e a malapena si accorse di trovarsi nelle sue stanze. Sentì la porta dietro di lei sbattere. Era sola, in mezzo alla sua camera da letto immobile, non riusciva a fare un passo. Restò lì a fissare il vuoto e così vi restò per ore e ore.

*

Intanto a palazzo regnava il caos. Exitium, furioso per la notizia, irruppe nelle stanze di Emon. Il corpo era stato preparato, posto sul letto con i piedi rivolti verso la porta, lavato e cosparso di olii profumati; vestito dell'abito più elegante, gli occhi chiusi e una moneta era stata posta nelle sue mani per pagare il suo ingresso nell'aldilà.

Le tende erano state tirate e candele accese illuminavano scarsamente la stanza. Quattro donne accanto al letto vestite a lutto compiangevano il defunto. Léan era lì a controllare che tutto fosse fatto secondo le regole dettate dalla tradizione. Era tardo pomeriggio, Exitium, fatto il suo ingresso, attese che tutti i presenti si prostrassero a lui e si rivolse alla figlia del defunto: «Ottimo lavoro, avete preso il comando senza indugiare e senza lasciare che le vostre emozioni vi bloccassero. Siete la degna erede di vostro padre. Ora dovete preparare vostra sorella al rito funebre, dovrà essere completato prima dell'alba».

La giovane annuì e rispose: «Certo Sire, sarà fatto».

«Vostro padre era un uomo leale, un ottimo comandante, il mio braccio destro, ma ora che è morto voi sembrate pronta a prendere il suo posto.» Gli occhi di Léan si illuminarono di gioia e avidità, s'inchinò a Exitium, dopodiché lui lasciò la stanza dando ancora delle ultime indicazioni: «Mandatemi a chiamare quando sarete pronti a partire con la processione» e poi uscì.

*

Era quasi l'alba, quando un solenne e silenzioso corteo lasciò il castello seguendo un percorso che passava per il villaggio fino ad arrivare al punto più alto della scogliera. Il corpo di Emon era stato adagiato su un catasto di legname e un misto di oggetti che gli erano appartenuti in vita. Léan, Ive, Exitium, Zenaide e Sharx erano intorno al feretro. Dietro di loro due paggi reggevano delle torce accese. Tutto il resto della popolazione era in basso, e in solenne silenzio osservava la scena.

Léan si voltò verso il popolo e pronunciò un breve discorso. «Quest'uomo che voi vedete qui, steso, immobile e all'apparenza vulnerabile, in realtà in vita era un grande comandante e stratega. Ci ha portato alla vittoria più e più volte e ora, ovunque egli sia, non vorrebbe vederci perdere tempo dietro a sciocche lacrime, vorrebbe che ci rimettessimo subito al lavoro per prendere finalmente ciò che ci spetta, Arriét!» il popolo esultò a queste parole, «Salutate allora il vostro Sire e chiedetegli di guidarci alla vittoria!»

Detto questo si voltò e insieme a Ive prese la torcia e la accostò al catasto di legno che immediatamente prese fuoco. Un lieve fumo iniziò a innalzarsi verso il cielo fino a diventare più grande e più scuro, restarono lì a osservarlo, mentre lentamente iniziava ad albeggiare.  

LA NOTTE CHE AVVOLSE IL MONDODove le storie prendono vita. Scoprilo ora