CAPITOLO 14: DUE GEMELLE

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Era pomeriggio inoltrato e il giorno stava per giungere a termine, quel poco di luce che in quella parte di Arriét era ancora visibile stava lasciando spazio alla sera. Sire Emon era nel suo studio, nel piano più alto della torre, ribattezzata "oscura" a studiare le carte; anche se da loro non era visibile, la luna avrebbe raggiunto il suo culmine quella notte e l'energia da essa sprigionata sarebbe stata utile a rimuovere quell'incantesimo di protezione sulla principessa. Si era rivelato più potente del previsto, rispetto alle informazioni che avevano ricevuto e ancora non avevano trovato un modo per rimuoverlo. In realtà Emon aveva capito che si trattava di un incantesimo anomalo, aveva reso la principessa una sorta di pupazzo di carne privo di anima, era a quella che loro dovevano arrivare, ed Emon non capiva come. Non era lui l'esperto di magia, in realtà aveva al suo servizio un mago che affermava di essere estremamente potente anche se aveva dimostrato il contrario, era solo capace a procurargli un tonico che lo teneva in forze e a educare le sue figlie, ma oltre a questo non gli aveva visto fare grandi magie. Emon si chiedeva se Sharx sarebbe stato in grado di consegnargli Aishling, senza di lei tutto il lavoro e l'attesa degli ultimi sedici anni sarebbe stato inutile.

«Avete chiamato, mio signore?» Un servo fece capolino nella stanza.

Emon non aveva mai imparato il suo nome, per lui non aveva importanza chi fosse ma solo che eseguisse i suoi doveri in modo impeccabile. Nonostante fosse un uomo intorno ai quarant'anni, non era forte, la sua schiena era ricurva quanto quella di un anziano ed era estremamente goffo nei movimenti. Emon lo tollerava poco, ma tutto sommato aveva buone capacità, svolgeva i suoi doveri senza fare domande né protestare ed era anche particolarmente puntuale quando si trattava di scadenze. Emon, con voce flebile dettata dalla concentrazione, quasi un sussurro, gli rispose senza nemmeno alzare lo sguardo dalle carte del cielo. «Si, desidero vedere le mie figlie, il rituale avrà inizio al sorgere della luna. Dite loro che le voglio vederle subito.»

Il servo s'inchinò ancora. «Sarà fatto Sire, ma devo darvi notizia che Lui ha chiesto di vedervi» nel parlare di Exitium gli si strozzò la voce.

«Sì, mi recherò da Lui dopo aver portato a termine il rituale» disse ancora Emon, infastidito da quel ritardo del servo nell'eseguire la sua richiesta.

«No sire, vuole vedervi adesso. Ha detto di rimandare ancora» balbettò il servitore, terrorizzato all'idea di contrariare il suo signore.

«Che significa rimandare?» Emon aveva alzato lo sguardo dalle carte con espressione truce, il suo tono di voce era cambiato e non nascondeva una rabbia crescente dovuta a quei continui rimani.

«Mio Sire, Lui ha detto proprio così, dovete attendere e recarvi immediatamente da lui, vuole parlarvi...», il servo era ormai terrorizzato.

Emon lanciò le carte sul tavolo di ebano finemente intarsiato sul quale era intento a studiare; era furioso, da giorni ormai i piani del suo di Sire continuavano a cambiare, era diventata una costante quasi irritante. Inoltre, avevano solo quella notte per risolvere la questione una volta per tutte. «Stanotte la luna piena giungerà al culmine...» brontolò, poi si rivolse di nuovo al servo. «Va, chiama le mie figlie e di loro di raggiungermi nella camera rotonda. Non serve che avvisi Sire Exitium, sto andando da lui come richiesto»

«Sarà fatto mio signore» disse il servo. Inchinandosi, lasciò le stanze del re e si recò verso l'esterno, alle serre, dove le figlie di Sire Emon stavano studiando le piante per carpirne gli usi migliori contro il nemico.

*

Sire Emon apparteneva a una di quelle famiglie che ai tempi della ribellione scelsero Exitium, possedeva molti territori assoggettati dal suo Sire, anche se ormai non ne restava più granché; quella parte di mondo stava morendo lentamente. Il suo padrone aveva prosciugato tutta la linfa vitale di quelle terre, fra poco le isole sarebbero collassate su loro stesse diventando cenere; persino la poca vegetazione delle serre cominciava a risentire dei poteri di Exitium. Per questo volevano Nèimey, quello era il punto in cui Luce e Ombra si incontravano, volevano quel potere da prima che l'unica erede nascesse, e ora gli serviva per poter arrivare lì dove la vita si generava. Emon era stanco, tutti quegli anni e la vicinanza di Exitum gli avevano tolto forza vitale; se non fosse stato per quel tonico, che ogni sera gli preparava il suo mago, non sarebbe arrivato così avanti negli anni. Era un uomo vecchio, dai lineamenti stanchi, i suoi occhi erano neri e circondati da profonde rughe che gli conferivano un'aria di perenne stanchezza, una folta barba gli riempiva il viso, a differenza dei capelli aveva ancora qualche traccia del colore della gioventù. Emon era solo, non c'era un amore al suo fianco da anni ormai, ma aveva due figlie di nome Ive e Lèan che lui sapeva essere destinate a prendere il suo posto. Erano gemelle, identiche nell'aspetto, viso piccolo e a punta, incorniciato da lunghissimi capelli neri gli occhi piccoli, leggermente allungati e di color giallo miele. Erano alte e magre, la carnagione così chiara da sembrare malate; d'altronde non avevano mai visto il sole. Caratterialmente erano diverse: tra le due Léan era la più forte, aveva atteggiamenti violenti e ogni tanto era colta da scatti d'ira così forti da poter far del male a chiunque, persino a suo padre: Léan spadroneggiava nel castello maltrattando verbalmente e fisicamente non solo la servitù, ma anche la sorella.

LA NOTTE CHE AVVOLSE IL MONDODove le storie prendono vita. Scoprilo ora