CAPITOLO 7 - PORTA DI CORNO, PORTA D'AVORIO

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«Dei sogni, due sono le porte» proseguì Epidio «Una è di corno, e l'altra d'avorio. Dall'avorio escono i falsi, e conducono con sé illusori fantasmi. I veri, invece, dal corno, e questi mai l'uomo scorge invano.»

Schizzai le immagini dei due ingressi, appuntandomi le parole del rhetor. «Signore?» sussurrai, richiamando la sua attenzione «Dove si trovano le porte?»

Lui aggrottò la fronte, perplesso.

«Intendevo» provai a essere più esplicito «Da dove nascono i sogni? Li mandano gli Dei? Abitano un mondo proprio? E gl'Incubi

«Gl'Incubi sono demoni che si posano sul nostro stomaco, Virgilio» rispose Epidio, mal celando il fastidio di essere stato interrotto «Ci mostrano immagini angoscianti per indebolire il nostro animo. In quanto ai sogni...» osservò a uno a uno i presenti e tornò a guardare me «Quando ricevi una spada, non ti chiedi da dove provenga il ferro con cui è forgiata. A che pro? Il tuo compito sarà imparare a usarla e aver cura che sia affilata» non era la risposta che gli avevo chiesto, però il rhetor  proseguì in tono deciso «Non interrogarti sull'origine dei sogni, Virgilio. Pensa, piuttosto, a riconoscere quelli veri, e trai da essi insegnamento.»

Ringraziai e non posi altre domande, ma continuai a fissare il mio schizzo. Porta di corno, Incubo, o porta d'avorio: da dove veniva la visione? Sbagliavo ad accantonare l'ipotesi di Catilina e del demone alastore?

I dubbi mi seguirono fuori dall'aula, rimasero al mio fianco mentre preparavo i bagagli e giunsero insieme a me nella domus del nonno. Tuttavia, riuscii a malapena a varcare la soglia, che Flacco mi saltò in braccio

«Sorpresa!» esclamò «Sei contento di vedermi? Dimmi di sì, dimmi di sì, dimmi di sì!»

Stavo per rispondere, quando scorsi nella penombra un uomo incurvato, avvolto in un pesante mantello e con entrambe le mani pigiate su un bastone. A un primo sguardo, pensai che fosse un anziano servo venuto a chiedere aiuto; un attimo dopo, però, il nonno gli si avvicinò con fare protettivo e fu lì che ebbi un sussulto.

"Padre?"

«Perché non sorridi più?» si lamentò Flacco, notando il mio improvviso cambio d'espressione «Non sei contento di... e questa cos'è?» indicò la catenina che avevo al collo «Mi hai sostituito! Hai trovato un nuovo fratello!»

«Certo che no» balbettai, ancora scosso da ciò che avevo appena visto.

«Allora, come mai un tale "Ottavio"» mugugnò, storcendo le labbra in una smorfia «Ti scrive che sei speciale e che potrete sempre contare l'uno sull'altro?!»

«Te lo spiegherò più tardi» ero frastornato e volevo capire per quale motivo mio padre avesse un aspetto tanto diverso. Misi Flacco a terra, ignorando le sue rimostranze, e raggiunsi il nonno «Tu sapevi...?»

«Gliel'ho detto all'ultimo» ammise mio padre «Desideravo venire a Roma, vederti nel Foro e nell'accademia.»

«Papà dice che, se non lo fa adesso, non potrà farlo più» aggiunse Flacco «Però, a te non importa: avrai anche dei nuovi genitori!»

Scossi la testa, incapace di ribattere. «Cosa succede?»

Il nonno e mio padre si scambiarono un'occhiata, forse per capire a chi spettasse il compito di dare delle spiegazioni. Nessuno voleva parlare, ma era necessario.

«Stimicone non avrebbe lasciato tua madre al Nord, se non fosse stato importante» dichiarò il nonno in tono fin troppo distante «Maia deve prendersi cura di un bambino... fragile...»

«Silone non è fragile! Lui è Cerbero.»

«Non m'interrompere, Flacco» gli lanciò uno sguardo gelido e tornò a fissare me.

Acheronta MoveboWhere stories live. Discover now