Crudele realtà

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Ero sgattaiolata nel letto di papà anche quella mattina, anche quella mattina avevo bisogno di sentirmi protetta, di sentire qualcuno vicino. Anche se lui dormiva, anche se non era presente come avrei voluto, ma mi andava comunque bene. I ricordi della conversazione con Alex frullavano ancora nella mia testa, non mi avevano lasciata dormire, erano rumorosi e fastidiosi. Anche il peso della bugia detta a Dylan iniziava a farsi pesante, non mi era mai piaciuto dire le bugie, ma con il tempo avevo imparato che a volte erano necessarie. A volte servivano a proteggere, noi stessi o le persone che amiamo.
<Aly...>
Mi ero addormentata abbracciata a papà poco dopo essere arrivata nel suo letto, forse perché durante la notte i pensieri non mi avevano dato tregua. Mi svegliai sentendo quella piccola voce fragile che mi chiamava da davanti la porta della camera, immersa nel buio un ombra minuta si stropicciava gli occhi.
<Noah, che succede?>
<Ho fatto un brutto sogno.>
<Vieni qui.>
Quasi di corsa raggiunse il letto, saltò su e si infilò sotto le coperte accanto a me.
<Come hai fatto a capire che ero qui e non nel mio letto?>
<Perché ti sento ogni mattina, tu vieni qui e guardi papà dormire.>
Sorrisi. È facile dimenticare l’intelligenza dei bambini, a volte pensiamo di proteggerli tenendoli all’oscuro dalle cattiverie del mondo, ma non ci accorgiamo che loro sono già un passo avanti a noi e che probabilmente hanno già capito tutto.
<Aly...>
<Si?>
<Puoi parlarmi di lei?>
Il mio cuore si spezzò un’altra volta. Noah stava crescendo, e più cresceva più desiderava conoscere la sua mamma. Ma ormai l’unico modo che aveva per farlo era tramite i nostri racconti, anche se mi faceva male parlarne io glielo dovevo. Lui meritava di conoscere i colori della mamma, tutte le sue sfaccettature, tutto ciò che la rendeva unica.
<Lei era...un sole.>
<Un sole?>
<Si. Portava la luce ovunque andasse, aveva sempre un grosso sorriso stampato sulla faccia, anche quando le cose andavano male. Ed era bella, era bellissima. Aveva lunghi riccioli bruni come i miei, e occhi verde chiaro come l’acqua del mare. Le piaceva la musica, così tanto che ogni mattina accendeva la radio mentre preparava la colazione e cantava.>
<Cantava?>
<Si, cantava, ed era anche brava.>
<E poi?>
<E poi le piacevano le poesie, me ne leggeva sempre una prima di dormire. Le piaceva il latte al cioccolato, proprio come te. Lei era gentile, sincera, buona. Era….era la madre migliore che potessi desiderare.>
Il mio cuore faceva male ripensando a lei, a tutti quei ricordi. Eppure sorridevo. Sorridevo perché nonostante tutto ero infinitamente grata alla vita per avermi fatto un tale dono, la madre migliore che potessi desiderare.
<Tu eri lì?>
<Cosa?>
<Eri lì quando è volata in cielo, non è così?>
Mi bloccai di fronte a quella domanda, ma anche questa volta non potevo evitare di rispondere, meritava di sapere, per quanto quel ricordo facesse male.
<Si è così, io ero lì.>
<Lei ha...ha detto qualcosa?>
<Si, lo ha fatto.>
<Cosa ha detto?>
Tremai. Ricordavo quel momento come se fosse accaduto da poche ore, era rimasto chiaro nella mia mente. Non era mai sparito, non si era mai neppure sbiadito.
<Saluterò le stelle da parte tua.>
Una lacrima scese a bagnare il mio viso, ed io mi affrettai ad asciugarla per non lasciargliela vedere.
<Ecco, questo è quello che ha detto.>
<Credi che lei sia con loro? Con le stelle?>
<Si.>
Dissi con un filo di voce.
<Lei è con le stelle.>
Noah si addormentò dopo poco, mentre io stringevo la sua piccola manina che si era infilata nella mia. Quella conversazione era stata dolorosa ma necessaria. Rivivevo quel ricordo ogni giorno, non mi aveva mai abbandonata. Ricordavo ogni dettaglio, ogni rumore, ogni dolore. Ricordavo la pioggia fredda che si mischiava alle mie lacrime, le sue mani che ad un certo punto hanno smesso di stringere le mie, i suoi occhi che piano si erano spenti. Ero quasi sicura di aver perfino sentito il suo cuore smettere di battere. Io ricordavo tutto, e desideravo non farlo.
<Aly...>
Sentii papà muoversi accanto a me, ma non girarsi.
<Si papà?>
<Avrei dovuto esserci io lì con lei quel giorno, non tu. Non meritavi un simile peso, eri ancora una bambina.>
<Non è colpa di nessuno papà.>
Mi girai di nuovo verso di lui e l’abbracciai da dietro.
<Aly...>
<Si?>
<Ho bisogno di aiuto.>
<Lo so.>
Strinse la mano che tenevo appoggiata al suo petto.
<Non ce la faccio più, non voglio più vivere così.>
<Io sono qui papà, ce la faremo insieme. Tutto questo finirà, te lo prometto.>
<Lo credi davvero? Credi davvero che io possa tornare ad essere felice?>
<Devi farlo papà, per noi, per la mamma.>
Strinse ancora la mia mano e tirò un lungo respiro.
<Non ce la faccio Aly...>
<Ti prego papà, torna ed essere il mio eroe, ti prego.>
<Ci proverò bambina mia.>
E lì rimasero quelle parole, nel rimbombo di quella stanza e in quello del mio cuore.
Per una persona con la sua malattia, le parole erano solo parole. Nessuno poteva assicurarmi che fossero reali, che si sarebbe davvero impegnato, che le cose sarebbero cambiate. Quelli come lui cambiano umore da un momento all’altro, cambiano personalità, cambiano sentimenti. Papà di promesse me ne aveva fatte tante, prometteva di tornare da me ma poi puntualmente non lo faceva. Diceva “basta” ma allo stesso tempo diceva “ancora”.
Quelle erano solo parole, promesse silenziose che probabilmente si sarebbero trasformate in un mucchio di niente. Io volevo crederci, ma non potevo più.
Quando ci credevo poi faceva più male.
Stavolta volevo proteggermi, volevo una via di fuga da quel dolore.
Quello non sarebbe mai stato reale, lui non sarebbe mai tornato, non sarebbe mai cambiato.
E a me non restava altro che accettarlo.
Perché quella bestia l’aveva oramai divorato del tutto, ed io dovevo limitare i danni, non potevo lasciare che inghiottisse anche me e Noah.
Forse, dovevo accettare il fatto che io non potevo salvarlo, non più ormai, era tardi.
Era tardi ed io avevo esaurito le forze.
Era tardi e lui non sarebbe tornato più. Almeno non come avrei voluto io.
Non c’era più, si era perso boccheggiando in mezzo a quell’abisso nero.
Era la realtà, ed era arrivata l’ora di farci i conti.

Come amano le stelleWhere stories live. Discover now