Esci con me

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Quella notte la passai insonne, a girarmi e rigirarmi nel letto. Mille domande nella mia testa.
“Mai amici. Quello mai.”
Che significava? Che voleva dire?
La mattina seguente mi alzai con un forte mal di testa, non seppi riconoscere se dipendeva dall’alcol della sera precedente o dal sonno perso, fatto sta che non mi reggevo in piedi.
Non mi sentivo bene sotto ogni aspetto, sia fisicamente che mentalmente.
<Forse è meglio che tu non vada a lavoro oggi scimmietta, resta a casa e riposati. Accompagno io Noah a scuola.>
Papà era così premuroso ultimamente, da quando mi aveva fatto quella promessa, era cambiato. Non so cosa l’avesse spinto a fare quel passo, ma stava bene, era di nuovo il mio papà, e questo mi bastava.
<Si forse hai ragione, chiamerò Bill per avvisarlo.>
Mi sorrise, porgendomi una tazza di tè, poi andò ad aiutare Noah a prepararsi per la scuola. Io finii il mio tè, poi chiamai Bill che per fortuna fu molto comprensivo. Quando Noah e papà uscirono tornai a letto, forse avrei dovuto dormire ma non volevo sprecare la mia giornata, perciò mi misi comoda e ripresi a leggere il mio libro. Sarei stata a casa da sola per un paio d’ore almeno, papà voleva uscire un po' dato che non l’aveva fatto molto negli ultimi mesi, la cosa mi riempiva di gioia. Ma sapevo con certezza che di sicuro sarebbe andato a trovare la mamma, e in cuor mio speravo che farlo non avrebbe portato nuovi cambiamenti al suo umore.
Il tempo passava, tra il mio libro e qualche sms di Ellie che mi raccontava di come aveva concluso lei la serata. Nonostante lo negasse con convinzione, ero quasi del tutto certa che questa volta, con Liam, le cose erano diverse. Vedevo Ellie diversa, più felice, vedevo come ci teneva ad essere bella per lui e vedevo come il suo sorriso si allargava ogni volta che Liam le stava accanto. Era innamorata, io lo sapevo, lei l’avrebbe capito presto.
Mentre ero totalmente immersa nel mio libro, durante una scena di romanticismo puro, suonarono alla porta. Sobbalzai per lo spavento, non aspettavo nessuno, chi poteva mai essere? Speravo solo che, chiunque fosse, avesse una buona motivazione per aver interrotto la mia lettura in un momento così importante.
Borbottando scesi ad aprire, pronta ad insultare se fosse stato qualche venditore o roba simile, ma rimasi interdetta quando vidi chi c’era dietro la porta.
<Tu che ci fai qui?>
<Ciao stellina, non mi inviti ad entrare?>
<No.>
Rimase lì a fissarmi, forse si aspettava davvero che lo invitassi ad entrare, ma non l’avrei fatto neanche morta. Per lo più, se fosse tornato papà e l’avesse trovato lì, probabilmente mi avrebbe decapitata.
<Che ci fai qui? Che vuoi?>
<Accidenti, come siamo nervose. Mi sono solo preoccupato, sono stato al bar e non ti ho vista. Bill mi ha detto che non stavi bene, sono passato a controllare. Che c’è, hai le tue cose?>
Arrossii imbarazzata, ma allo stesso tempo irritata.
<No.>
<Allora che cos’hai? Sei troppo triste perché ti ho detto che non possiamo essere amici?>
Lo odiavo, lo odiavo senza dubbio.
<Da quando ti preoccupi per me? Gli amici si preoccupano, noi non siamo amici.>
<Hai ragione stellina. Ma se non amici, cosa siamo?>
<Niente...suppongo.>
Mi guardò, poi fece un passo verso di me, avvicinò il suo viso al mio e mi fece una leggera carezza sulla guancia con due dita. Il mio battito accelerò ed il mio respiro si fece pesante, vibravo sotto il suo tocco.
<Se non siamo niente...allora perché tremi quando mi avvicino?>
Mi scostai con uno scatto, allontanandomi. Lui sorrise, fissandomi con quei suoi maledettissimi occhi verdi, poi si girò e se ne andò.
<Ci vediamo stellina.>
Rientrai, chiudendo la porta alle mie spalle. Continuavo a domandarmi perché si comportava così, voleva giocare con me ed io lo sapevo. Ma io non volevo essere uno dei suoi tanti giocattoli, non volevo essere l’ennesima ragazza che si portava a letto, non volevo aggiungermi alla sua probabilmente lunga lista. Ma allora perché reagivo così? Perché il mio cuore impazziva anche solo standogli accanto? Perché il mio corpo vibrava anche solo se mi sfiorava?
A quelle domande io non sapevo dare risposta, forse un giorno. L’unica certezza che avessi in quel momento era che non lo volevo vicino, non volevo che giocasse con me.
E, più di tutto, non volevo innamorarmi di lui.
Se fosse successo avrei sicuramente sofferto, con uno così non c’erano altre opzioni. Inoltre, mi ero ripromessa di non avere più a che fare con l’amore, avevo imparato a mie spese che amare significava soffrire, ed io ne avevo abbastanza di soffrire, avevo già i miei mostri con cui combattere.
Tornai in camera per chiamare Ellie, dovevo assolutamente raccontarle tutto, avevo bisogno di parlarne con lei, di analizzare la situazione. Ellie era l’unica in grado di pormi quelle domande che io non sarei stata in grado di porre a me stessa, è sempre stata capace di aprire in me piccole porticine che io da sola non avrei mai aperto, e di farmi buttare fuori quelle verità che da sola non ammetterei.
<Liam mi ha detto che a Dylan piace giocare, fa sempre così. Magari è il momento di buttarsi Aly, tu non vuoi una relazione, neppure lui, è perfetto per divertirsi entrambi.>
<Non so Ellie, sai come sono con queste cose, non fanno per me. Se poi mi affeziono? Non mi va di starci male.>
<Senti, facciamo così, stasera prendi una bella aspirina e vieni con noi al falò. Vediamo come si comporta, magari avrai le tue risposte.>
Non avevo voglia di vederlo, e non sapevo se avessi le forze necessarie per un’altra festa, ma Ellie aveva ragione. L’unico modo che avevo per capire le sue intenzioni, e le mie, era stargli accanto. Avevo un brutto presentimento, ma accettai la proposta.
Quando papà tornò mi meravigliai di vederlo ancora di buon umore, non gli chiesi se fosse andato dalla mamma, m’importava solo che stesse ancora bene.
<Esci di nuovo? Non stavi male?>
<Beh si, era così. Ma mi sento meglio ed Ellie ci tiene tanto, non vorrai che io stia ancora rinchiusa in casa?>
<Certo che no scimmietta, ma non ci sarà mica di mezzo un ragazzo?>
Papà era sempre così perspicace.
<No, ovviamente. Ho solo voglia di passare più tempo con Ellie.>
<D’accordo scimmietta, ma non fare troppo tardi.>
Quando fu sera e iniziai a prepararmi, percepivo un buco alla stomaco, il cuore mi batteva forte. Conoscevo bene quella sensazione, era ansia. Ci avevo sofferto per molto tempo, prima con la scuola, poi con la morte della mamma. A volte mi veniva per motivi futili, a volte anche solo uscire di casa la provocava. Non sapevo per quale motivo ce l’avessi in quel momento, potevano essere tante cose. Per fortuna, avevo imparato a controllarla e a conviverci, perciò non ci feci caso e mi preparai.
Indossai una gonna a vita alta, attillata, azzurra, con un top bianco con delle bretelline sottili. Lasciai i capelli sciolti e misi giusto un po' di mascara e un po' di gloss. Non era granché, ma io mi sentivo bella.
Ellie arrivò puntualissima, in auto le chiesi di mettere un po' di musica e cantammo a squarciagola fino alla nostra destinazione. Era uno tra i miei metodi più efficaci contro l’ansia, se mi concentravo sui testi delle canzoni non pensavo al resto. Arrivate al falò trovammo Liam quasi subito, e con mia sorpresa notai che era con un ragazzo che non era Dylan.
Si chiamava Harry, era alto con dei meravigliosi riccioli biondi e dei bellissimi occhi azzurri.
Andammo a prenderci da bere, ed io non facevo che guardarmi intorno. Cercavo lui, cercavo i suoi occhi tra la folla, ma niente. Ero venuta per questo, se lui non veniva, sarebbe stato meglio rimanere a casa.
<Cerchi qualcuno?>
Harry richiamò la mia attenzione.
<Cosa? Oh no io….mi guardavo intono, tutto qui.>
<Credevo stessi cercando il tuo ragazzo, magari.>
Sorrise, impacciato.
<Non c’è nessun ragazzo.>
Gli sorrisi a mia volta. Lui rimase a fissarmi dritto negli occhi per qualche secondo, come se stesse valutando se credermi o no.
<Bene.>
Mi fissava, ancora, sorridendo, ed io non sapevo più che rispondere finché arrivò Ellie a salvare la situazione, trascinandoci tutti a ballare.
Ballammo, forse per delle ore, Harry si rivelò davvero simpatico e divertente, era bello non essere sola con Liam ed Ellie che si sbaciucchiano.
<Ti va di andare a prendere qualcosa di fresco da bere e riposarci un po'? Fa davvero caldo, e poi sono stanco di questi due piccioncini.>
Io e Harry scoppiammo a ridere insieme, finalmente qualcuno che mi capiva. Accettai il suo invito e dopo aver preso una bibita fresca, analcolica perché non avrei retto altro alcol, andammo a sederci su un piccolo muretto poco lontano dal falò, così che la musica fosse meno assordante.
Restammo lì a chiacchierare, ero sempre più convinta che fosse davvero simpatico e avrei voluto che venisse più spesso, così non sarei più stata da sola con Liam ed Ellie.
<Quindi non c’è nessun ragazzo in vista, ho capito bene?>
<Oh no, ho chiuso con queste cose, almeno per un po'.>
<Come mai?>
<Diciamo che la mia ultima relazione non è finita bene, sono successe tante cose, sono stata molto male. Perciò ho deciso di lasciar perdere i fidanzati per un po'.>
Lui si fece serio e mi guardò per un secondo prima di parlare.
<Beh non vuoi un fidanzato però vuoi divertirti, no?>
<Certo, come tutti credo, che c’è di male in questo?>
<Oh nulla, non c’è assolutamente nulla di male.>
Il suo sguardo cambiò, si fece ancora più serio ed io temetti che avesse frainteso la mia idea di divertimento.  Allungò la sua mano sulla mia coscia ed iniziò a farla salire fino a toccare l’orlo della mia gonna, mi poggiò una mano sul viso ed iniziò a tirarlo verso di lui, era sul punto di baciarmi.
<No aspetta, io...io credo tu abbia capito male.>
<Lasciati andare principessa, fa parte del divertimento.>
Cercai di spostarmi all’indietro, di allontanarmi da lui, dalle sue labbra sempre più vicine alle mie. Gli afferrai il polso, cercando di fermare la sua mano che continuava a salire.
<Fermati, io non voglio. Fermati!>
Le mie mani iniziarono a tremare, la mia voce si fece disperata, le lacrime iniziarono ad appannarmi gli occhi. Non sapevo come fermarlo, non sapevo come andare via, lui non si fermava, cercava ancora di avvicinarmi a sé. Provai ad urlare, ma nessuno poteva sentirmi, erano tutti al falò e c’era la musica troppo alta.
Iniziai a sentirmi persa, incapace, inerme. Finché non sentii una voce che fece tornare il mondo a colori ed il mio cuore si alleggerì.
<Ha detto di no, sei sordo?>
Harry si allontanò da me per girarsi a vedere chi fosse stato ad averlo interrotto, io lo avevo già capito dalla voce ma riuscii finalmente ad aprire gli occhi e a guardarlo anch’io.
Dylan era lì, in piedi dietro di lui, con i pugni chiusi e gli occhi verdi che brillavano al buio.
<Ehi Dylan,sei venuto. È tutto okay non preoccuparti, torna alla festa, ci vediamo dopo.>
Si conoscevano. Guardai Dylan con occhi appannati di pianto, supplicanti, impauriti. Non riuscivo a parlare, speravo capisse dal mio sguardo, lo stavo silenziosamente pregando di portarmi via da lì.
<Ha detto di no, devi lasciarla.>
<Amico calmati, ci stiamo solo divertendo. Sei geloso? Sono sicuro che puoi trovare anche tu una bella ragazza con cui divertirti lì alla festa, perché non te ne vai?>
Dylan si avvicinò, finalmente la luce lo colpì ed io riuscii a vederlo in viso. Sembrava arrabbiato, infastidito, e con estrema felicità capii che non mi avrebbe lasciata lì.
<Lei sta con me, ed io ti ho detto che devi lasciarla all’istante.>
<Lei ha detto che non sta con nessuno, non rompermi il cazzo Dylan!>
Harry riuscì a stento a finire la frase, con velocità Dylan lo afferrò per la maglietta e lo scaraventò a terra, per poi iniziare a prenderlo calci.
<Fermati Dylan basta, basta!>
Per fortuna mi ascoltò e si fermò, fissando Harry accasciato a terra, mentre io versavo fiumi di lacrime.
<Non devi toccarla, né ora né mai.>
Poi si girò verso di me, mi prese per il  bracciò e mi tirò via, mentre io continuavo a piangere.
<Che cazzo ci facevi con lui?>
<Era gentile, eravamo solo andati a prendere un po’ d’aria, io….io non l’avrei mai detto, non pensavo potesse...>
Scoppiai di nuovo a piangere, le lacrime non si fermavano.
<Che potesse cosa? Cercare di stuprarti? Beh, sorpresa! Dovresti stare più attenta. Dio, avrei dovuto ucciderlo!>
Continuò a camminare a passo veloce, tirandomi ancora per il braccio, come se volesse portarmi via il più velocemente possibile.
<Senti fermati, mi stai facendo male.>
Mi ascoltò anche stavolta e si fermò, lasciandomi il braccio.
<Perché fai così? Perché sei così arrabbiato?>
<Perché il solo pensiero delle sue mani schifose su di te mi fa venire da vomitare. Dovrei ammazzarlo di botte, ma non posso finché tu sei qui.>
<Cosa? No, non serve. Basta, voglio solo andare a casa.>
<Già infatti, andiamo a cercare la tua amica così può riaccompagnarti.>
Continuammo a camminare a passo veloce fino alla festa, senza dire una parola, cercando Ellie e Liam tra la folla.
<Cazzo Alya, dov’eri finita? Hai pianto?>
Ellie corse da me, preoccupata, io non le risposi.
<Dylan, amico, sei venuto. C’è anche Harry, vi siete già incontrati?>
<Oh si, ci siamo già incontrati, è stato divertente. Tieni gli occhi aperti la prossima volta Liam.>
Dopo aver rimproverato Liam si girò e se ne andò, lasciandoci lì, interdetti.
<Ma che è successo?>
La preoccupazione di Ellie aumentò, e anche la mia. Ma io volevo solo andarmene via da lì.
<Niente. Per favore, puoi riaccompagnarmi a casa?>
<Certo, andiamo.>
Ce ne andammo, ma mentre guardavo le auto sfrecciare veloci fuori dal finestrino, riuscii solo a pensare a Dylan. Speravo con tutta me stessa che non tornasse da Harry, pregavo che non gli succedesse niente, che non facesse nulla di stupido. E intanto le mie lacrime continuavano a scendere, e il cuore batteva più forte di prima.
Tornata a casa mi tremavano ancora le gambe, non trovai il coraggio di raccontare ad Ellie quello che era successo, avrebbe significato rivivere quel momento, le promisi che le avrei raccontato tutto un’altra volta. Anche quella notte la passai insonne, continuavo a pensare a quel momento, a come le mani di Harry mi stringevano forte, al suo sguardo, alla mia paura. Una paura che conoscevo bene, che dimorava ancora nelle mie ossa, indelebile.
Se Dylan non fosse arrivato, non so come sarebbe finita.
Ma per fortuna era arrivato, appena in tempo, e solo guardandolo mi ero sentita meglio. Mi aveva salvata, da qualcosa che poteva trasformarsi in un incubo. Continuavo a pensare anche a lui quella notte, mi chiedevo perché si fosse arrabbiato così tanto, come se avessero toccato qualcosa di suo. Temevo che fosse tornato da Harry dopo avermi lasciata con Ellie, per finire ciò che aveva iniziato. Avevo paura per lui, avrei voluto contattarlo in qualche modo, per sapere se stava bene. Non avevo il suo numero, e non sapevo quale fosse il suo cognome per cercarlo sui social, ma non sarei riuscita a prendere sonno se non fossi stata certa che stava bene. Perciò decisi che avrei potuto provare a cercare tra gli amici di Liam, senza dubbio l’avrei trovato.
Infatti, dopo aver controllato i profili di ben dieci Dylan diversi, lo trovai.
Dylan Johnson.
Persi un po' di tempo a sfogliare le sue foto, foto in cui mi sembrava così diverso.
Dylan in barca, Dylan al mare, in montagna, sugli scii, mentre fa surf.
Improvvisamente mi sembrò così bello.
Cercai di cacciare via in fretta quei pensieri dalla mia testa, mi feci coraggio e gli scrissi un messaggio, solo per sapere se stava bene.
Alya:  Ehi, come va? Stai bene?
Aspettai, fissando quello schermo, sperando che non ci mettesse molto a rispondere. Dopo dieci minuti persi già le speranze e nell’attesa tornai a sfogliare le sue fotografie, presa dalla curiosità, decisi di leggere anche i commenti sotto qualche foto. Pian piano mi resi conto di commenti ricorrenti, sotto ogni sua foto c’era almeno un commento di una certa Kelly Smith.
Ehi bel ragazzo!
Quando vieni a trovarmi?
Divertiti!
Come sei in forma!
Ti mando tanti baci <3
Chi era? E perché lui non rispondeva mai ai suoi commenti?
Un’ altra volta la curiosità prese il sopravvento, e decisi di dare un’ occhiata anche al profilo di questa Kelly. Sfogliai una decina di foto, normalissime.
Lei ad una festa, lei in bikini, lei che sorseggia del caffè, che mangia una torta.
Finché, ad un certo punto, mi capitò una foto in cui due occhi verdi mi impedirono di andare avanti. Erano loro. Lei e lui. Abbracciati e sorridenti a bordo piscina. Lui con un sorriso che non avevo mai visto, lei gli teneva le braccia intorno al collo, sorridendo smagliante. Decisi di guardare la descrizione della foto, e mi lasciò ancora più interdetta.
Mi manchi tanto amore, torna presto, ti aspetto a casa!! <3
A casa? Che cavolo significava? Dylan ha la ragazza?
Rimasi immobile a guardare quella foto, avvertendo una leggera sensazione di delusione. Se aveva la ragazza perché giocava così con me?
Sobbalzai quando il telefono vibrò tra le mie mani, ed il cuore iniziò a martellarmi nel petto appena notai che era lui, aveva risposto al mio messaggio.

Dylan: Allora sei davvero una stalker stellina, come mi hai trovato?

Che antipatico, mi pentii di essermi preoccupata per lui.

Alya: L’ho fatto solo per sapere se stavi bene, temevo potessi fare qualche stupidaggine.

Dylan: Nessuna stupidaggine stellina, non preoccuparti. Tu stai bene?

Alya: Si.

Non stavo bene, per niente, ma volevo lasciarglielo credere. Non volevo starmene lì a piagnucolare con lui, per di più se era davvero fidanzato non volevo di certo ritrovarmi in mezzo, dovevo lasciar perdere.

Dylan: Ottimo. Buonanotte stellina <3

Un cuore?
Perché aveva messo un cuore?
Decisi di non rispondere, ne avevo abbastanza. Posai in cellulare e abbracciai il mio cuscino, dormivo sempre così quando avevo dei pensieri per la testa. Temevo di non riuscire a prendere sonno neanche quella notte, ma mi sforzai perché questa volta non avrei potuto rimandare il lavoro, e incredibilmente ci riuscii.
Seppur poche, quelle ore di sonno fecero sì che mi alzassi in ottima forma quella mattina, raggiante e riposata. Mi vestii e mi lavai in fretta, poi corsi a svegliare Noah.
<Aly, non voglio andarci oggi a scuola.>
Mi disse lui non appena lo svegliai, stropicciandosi gli occhi.
<Come sarebbe? Tu adori andare a scuola.>
<Si ma oggi non mi va, voglio fare come te, tu ieri sei rimasta a casa a riposarti.>
Gli sorrisi, aveva ragione in effetti.
<D’accordo, ma solo per oggi.>
Lui mi sorrise, mi abbracciò e si rimise comodo per dormire. Temevo da sempre che Noah potesse prendere esempio da me e decidere di lasciare la scuola, io l’avevo fatto perché non stavo bene lì, ma non volevo questo per lui.
Mi spostai in cucina per fare colazione e lì trovai papà che aveva già versato due tazze di caffè.
<Come stai oggi scimmietta?>
<Bene, ma ho un po' di problemi a dormire ultimamente.>
<Volendo potresti riprendere quelle pillole che prendevi tempo fa, ti aiutavano no?>
Quando era arrivata la mia ansia, con lei erano arrivati anche gli attacchi di panico e l’insonnia. Avevo iniziato a prendere delle pillole per dormire, nulla di troppo pesante ma erano davvero efficaci. Con il tempo però non riuscivo più a chiudere occhio senza quelle, ne stavo diventando dipendente, perciò con tanta forza di volontà smisi di prenderle e pian piano ricominciai a dormire anche senza. Non volevo ricominciare.
<No, non importa, sarà solo un po' di stress, passerà.>
<D’accordo. Dov’è Noah?>
<Dice che non ha voglia di andare a scuola oggi, gliel’ho concesso per questa volta. Magari potreste fare qualcosa insieme.>
<Affare fatto.>
Sorseggiammo i nostri caffè e chiacchierammo ancora per un po',poi scappai al lavoro.
Quella mattina al bar fu frenetica, a quanto pare per Bill gli affari iniziavano ad andare meglio, ne ero felice. Poco prima di andarmene, mentre sistemavo le ultime cose e pulivo il bancone, la porta si aprì.
Era lui.
<Hai tempo per un ultimo caffè, stellina?>
Lo guardai fisso per un attimo, pronta ad insultarlo perché,decisamente, non avevo tempo per un ultimo caffè, ma poi notai le sue mani. Nocche arrossate, spaccate, quasi sanguinanti. Un brivido di freddo mi salì lungo la schiena, mi domandai come si fosse procurato quelle ferite, e pregai che non c’entrasse quello che era successo con Harry la sera precedente.
<Che hai fatto alle mani?>
Le guardò per un attimo, come se prima di quel momento non si fosse accorto delle loro condizioni, come se fosse semplicemente un graffietto, poi tornò a guardare me.
<Incontro ravvicinato con degli zigomi, ti piacciono? Di solito funzionano con le ragazze.>
<No.>
Lo guardai infuriata, mentre lui mi fissava con un mezzo sorriso.
<Gli zigomi di chi?>
Gli chiesi, continuando a sperare che non ci fosse di mezzo quella faccenda, pregavo in cuor mio che dicesse un qualsiasi nome che non fosse quello.
<Di qualcuno che meritava una lezione. Allora, questo caffè?>
Si trattava di Harry, si trattava sicuramente di lui. Che gli aveva fatto? Perché ci era tornato?
<C’entra niente quello che è successo ieri sera?>
<Cos’è successo ieri sera?>
Adesso faceva finta di non ricordare, ottima tattica, ma io non avevo intenzione di mollare, io volevo sapere.
<Beh, sai quando sei arrivato ieri, mentre io...ecco mentre io ero...>
<Ah si! Mentre tu eri con uno stronzo che cercava di toccarti sotto la gonna, si adesso ricordo.>
Sorrise ironico, ed io odiai la sua schiettezza.
<Beh quindi? C’entra niente?>
Rimase a fissarmi serio, mentre io attendevo una risposta, sperando fosse diversa da quella che immaginavo.
<Certo che c’entra stellina.>
Mi guardò ancora serio, come se quello che aveva fatto non lo toccasse minimamente, come se mi stesse dicendo che era semplicemente andato al supermercato e aveva comprato una busta di patatine.
Io sbottai.
<Perché? Perché l’hai fatto? Non serviva, dovevi lasciare perdere.>
<Che avrei dovuto fare? Credevi davvero che avrei lasciato perdere dopo che l’ho visto cercare di infilare la mano tra le tue gambe?>
<Io ti avevo chiesto di lasciar perdere, non volevo questo, non ti avevo chiesto questo.>
<Non mi importa cosa volevi tu o cosa mi avevi chiesto, m’importa solo che abbia capito che non deve più toccarti.>
Rimasi interdetta per un attimo, parlava un’altra volta come se avessero toccato qualcosa di suo e lui ne fosse geloso. Ma forse era davvero così, quel qualcosa ero io.
Ero il suo giocattolo preferito, e come un bambino che fa i capricci non voleva condividerlo con nessuno.
<Perché ti crea così tanto disturbo?>
Avevo quasi paura a chiedere, ma dovevo farlo, dovevo sapere.
<Credo tu sia molte cose stellina, ma non credo tu sia stupida.>
<Cosa vuol dire?>
Risposi irritata, odiavo questo suo parlare a metà.
<Esci con me.>
Mi bloccai. Rimasi a guardarlo mentre lui faceva lo stesso, ripetendo nella mia testa la frase che aveva appena detto. Uscire insieme non faceva parte del gioco, almeno così credevo. Non credevo necessario un appuntamento se vuoi solo portarmi a letto.
In ogni caso, gioco o no, io non volevo uscirci. Dovevo allontanarmi da lui, prima che fosse troppo tardi, prima di legarmi, dovevo interrompere immediatamente, dovevo limitare i danni.
<No.>
<Perché no?>
<Non c’è un perché.>
<Deve esserci un perché.>
Dio, mi irritava.
<Senti devo chiudere, dovresti andartene.>
Rimase a guardarmi, poi abbassò lo sguardo sulle sue mani, quasi deluso.
<D’accordo stellina, ma non finisce qui. E lo sai bene anche tu.>
Non mi diede neanche il tempo di rispondere e andò via, lasciandomi un’altra volta piena di domande senza risposta.

Come amano le stelleOnde histórias criam vida. Descubra agora