Sorseggiai la spremuta di arance e poi rivolsi lo sguardo alla mia sinistra, sentendomi gli occhi della regina addosso. «Spero che Nicholas non sia un disturbo e che le cose tra di voi vadano bene.»

Voltai lo sguardo verso il moro, concentrato sul cibo nel suo piatto. «Spero vivamente che a palazzo si trovi bene. Purtroppo non abbiamo avuto molto tempo per parlare e per passare del tempo insieme. Sa com'è, le faccende del regno non mi lasciano molto tempo a disposizione.»

«Comprendo appieno. Dovremo stabilire una data per il fidanzamento ufficiale» comunicò inaspettatamente la regina.

A quelle parole, un pezzo di carota quasi non mi andò di traverso. Solo in quell'istante realizzai ciò che giorni prima avevo deciso. Speravo di trovare una scappatoia in tempo, ma non avevo fatto i conti su quanto esso potesse essere infame.

«Magari dovremmo parlarne dopo, cosa ne pensa?»

«Certo» rispose con voce squillante, stendendo le labbra e cercando di sorridere.

Quel luogo rispettava, a mio parere, le persone che ospitava. Bello e incantatore all'esterno, gelido e terrificante all'interno. Avevo accettato l'invito dei regnanti delle terre del sud solo per mantenere le apparenze. Non mi fidavo né di loro, né di quel posto.

Finimmo di mangiare e il tavolo si svuotò immediatamente. Rimanemmo seduti solo io, Nathan, Carol e Robert, Victoria e, infine, Nicholas.

«Spero che il pranzo sia stato di vostro gradimento» si augurò Robert, scrutandomi con attenzione.

«Assolutamente delizioso, così come la vostra dimora» replicai, tentando di sorridere.

«Se volete seguirmi, possiamo passare un po' di tempo insieme. Da regina a regina.»

«Ma certo, Carol, nessun problema.» Mi alzai e mi lisciai il vestito accuratamente. «Fais attention, Nathan. Ne soyez pas dupe.» "Stai attento, Nathan. Non lasciarti ingannare".

Sapevo che la mia guardia del corpo era intelligente e che non c'era bisogno che io mi preoccupassi, ma prevenire era meglio che curare.

«Oui, Votre Altesse.» "Sì, Vostra Maestà".

Seguii Carol fuori dalla sala da pranzo e ci incamminammo lungo i vari corridoi luminosi.

«Qual è il motivo per il quale mi hai invitata qui, Carol?» domandai senza indugio, continuando a camminare e a mantenere lo sguardo fisso davanti a me.

«Volevo conoscere la futura moglie di mio figlio» rispose semplicemente.

A quelle parole, un brivido di disgusto mi si inerpicò lungo la spina dorsale. «Perché hai accettato questo accordo? Avresti potuto rifiutare e distruggere il mio regno.»

«Volevo vedere mio figlio sposato. Certo, non avrei mai immaginato con qualcuno come te, ma c'è di peggio.»

A quelle sue parole sogghignai appena. Finalmente si stava dimostrando per ciò che era, senza troppi scrupoli. «Oh, andiamo, Carol, non che tuo figlio sia il principe azzurro. Lo sto facendo per il mio regno. Certo, non è male, ma c'è di meglio» le risposi a tono.

«Bada alle tue parole, Edith, sei comunque nel mio regno. E ricordati che posso disdire il nostro accordo anche adesso.»

«Ma non ti conviene farlo. Sai che meglio di me non troveresti.»

«Oh, ma per favore. Una regina di un regno dimenticato, che per di più combatte. Le guerre lasciale ai soldati.» ù

Percepii un fuoco accendersi in me. Mi stava piacendo quella situazione e la sensazione che ne conseguiva. Amavo le discussioni, ma soprattutto amavo vincerle.

«Come potrei anche solo definirmi una regina se non combatto per il mio regno? Le mie abilità in battaglia sono magistrali e in ogni guerra che il mio regno combatterà, potrai trovare me in prima fila. Dovrei sacrificare la vita del mio popolo per salvaguardare la mia?»

«La vita dei regnanti conta di più di quelle dei comuni popolani» ribatté.

«C'è un dettaglio che ti sfugge, Carol. Senza popolo, non può esistere una regina, né tantomeno un re.»

«Può anche darsi, resta il fatto che ti sto facendo un enorme favore» rispose, cercando di svincolarsi dalla piega che aveva preso il discorso. Ciò che rendeva quella discussione ancora più eclatante era la calma con la quale ci stavamo ponendo.

«Oh, andiamo, non prendiamoci in giro. Non fare la parte della madre amorevole che vuole un bel futuro per il proprio figlio. Voi fae, o meglio, voi regine dei fae, volete partorire solamente donne in quanto eredi dirette al trono. L'unica tua priorità, in questo momento, è Victoria. Quanto ti resta ancora da vivere? Un anno? I fae possono raggiungere massimo i seicento anni, dico bene?»

«E con questo cosa vorresti insinuare?» mi inquisì, assottigliando lo sguardo e digrignando i denti.

«Assolutamente niente...» risposi, fermandomi alla fine del corridoio con un ghigno sul volto che non voleva andarsene. «È stato un piacere, Carol, come sempre.»

«Vorrei poter dire lo stesso...» farfugliò, per poi darmi le spalle e allontanarsi.

***

Nathan

Uscii dallo studio del principe Robert, dopo che quest'ultimo mi aveva mostrato la sua intera collezione di liquori al ginseng. Non capivo quale fosse la reale quantità di tempo trascorsa in quel luogo, ma ero arrivato a un punto in cui non ce la facevo più a sentire la sua voce.

Camminai alla ricerca di Edith, nella speranza che non fosse finita in qualche guaio con la regina di quel regno. Edith adorava le discussioni e a volte amava creare scompiglio. Non sapevo perché l'aggradasse, ma il suo sguardo mentre lo faceva parlava chiaro. Le piaceva tenere in pugno le persone e sapere di avere il coltello dalla parte del manico.

La figura che incontrai lungo il corridoio, però, non si trattava di quella della regina del Regno del Nord, ma di Morte. «Dove eri andato?» lo interrogai.

«Edith te l'ha detto, no? Sono venuto con voi per delle questioni personali» rispose, tranquillo, e cominciò a incamminarsi.

«Perché lo stai facendo? Per quale motivo la stai aiutando? Sai anche tu che, oltre a essere qualcosa di immorale e pericoloso, è anche infattibile.»

Morte arrestò i suoi passi, ma continuò a darmi le spalle. «Il perché io lo stia facendo non è affar tuo.»

«Si tratta della mia regina, quindi sì, è anche affar mio.»

«No, non lo è.»

«Non so a quale strano e contorto gioco tu stia giocando, ma non ti permetterò di ingannarla.»

«Non sto giocando a nessun gioco, biondino. Stanne fuori.»

«Siete entrambi qui. Bene.»

La voce di Edith interruppe ciò che stavo per dirgli. Non mi fidavo per niente. Il mio cervello non riusciva a capire il motivo per cui la Morte volesse aiutare una completa sconosciuta a fare qualcosa di così pericoloso.

«Vostra Maestà» la salutai, piegando leggermente il capo.

«Andiamo» ci esortò, porgendole mani a entrambi.

Dopo esserci teletrasportati di nuovo nel freddo Regno del Nord, Edith mi ordinò di lasciarla sola con Morte. Avevo paura. Temevo l'idea di vedere un'altra volta la mia regina, la mia migliore amica, spezzata dai singhiozzi e con lo sguardo stanco della vita.

La scomparsa di suo padre avrebbe potuto superarla, in qualche modo. Ma in quel momento, con la speranza che si faceva sempre più spazio in lei, sarebbe stato praticamente impossibile.


Nota dell'autrice

Ciao a tutti e buon mercoledì.
Ecco qui l'undicesimo capitolo. Cosa ne pensate?
Abbiamo dei nuovi personaggi non proprio simpatici, ecco.
Vi volevo svelare anche un piccolo funfact.
Victoria è ispirata a Flora delle Winx, dico solo questo. Non so sinceramente che problemi affliggano il mio cervello per creare un personaggio simile a Flora. Penso però che non lo scoprirò mai.
Spero vivamente che questo capitolo, come anche questa storia, vi siano piaciuti.
Alla prossima!

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