CAPITOLO 11

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UN'ACCOZZAGLIA DI GENETICA E RACCONTI DELL'ORRORE 


Vezil avanzò un passo dietro l'altro andando a stringere la mano che il professore gli tendeva. Ariadne si era pietrificata, avrebbero potuto scambiarla per una statua di marmo tanto era rimasta immobile. Era certa che, se solo avesse mosso un muscolo, sarebbe saltata in piedi e fuggita da quell'aula. Una cosa del genere non sarebbe dovuta accadere. Era quasi del tutto entrata in tilt tanto che la penna le sfuggì dalla mano, cadde sul banco e rotolò finché non raggiunse l'estremità, finendo nel vuoto. Nonostante i vari mormorii che si erano alzati nell'aula, il rumore della plastica che colpiva il pavimento attirò su di lei lo sguardo del vampiro. Se Ariadne avesse avuto un cuore che batteva, sicuramente avrebbe esulato la sua ultima contrazione in quell'istante oppresso dall'aura di quell'essere. Le iridi non erano dello stesso granato luminoso che era appartenuto al cugino, no. Erano dello stesso colore del sangue, un rosso cupo ed ancora più terrificante. Non vi era solamente alienazione, ma astuzia, fine intelligenza e tutti gli incubi che un umano avrebbe potuto solamente immaginare. La stessa sensazione strisciante e sinistra che aveva percepito la notte trascorsa la colpì come una stilettata, sembrò le si attorcigliasse intorno la spina dorsale e la tenesse imprigionata lì, sul posto, rigida. Malvagio. Quell'essere era maledettamente malvagio. Ma capì anche un'altra cosa. Lui l'aveva vista. Non si era immaginata quella presenza maligna la notte precedente. Lui era stato lì. L'aveva guardata e, in quel momento, lo stava ancora facendo ma nulla traspariva dalla sua espressione all'apparenza apatica. Non un cenno che l'avesse riconosciuta, nessuno scintillio in quel mare cupo che erano le iridi. Le si avvicinò facendo il giro della cattedra ed Ariadne strinse i denti per costringersi a non gridare, tantomeno a non fuggire a gambe levate. Mai aveva percepito un'aura così opprimente e nera. Neanche in Drake era stata così forte. Vezil arrivò dinanzi i primi banchi e, senza mai distogliere lo sguardo da lei, si chinò per raccogliere la penna che le era caduta. Sapeva che la stava studiando e si fece violenza per mantenere tutta la propria aura nascosta, silente. Altrettanto non poteva fare per il terrore che l'attanagliava. Seppe che lui lo aveva colto quando, impercettibilmente, un angolo del labbro gli si alzò e le pose la penna. No. Non avrebbe voluto toccarlo neanche se ne fosse dipesa la sua esistenza. Con un movimento calcolato e, senza sfiorare la sua pelle neanche per sbaglio, la riprese, spostando la sua attenzione su quella mano candida e affusolata, come quella di un pianista. Come cazzo era possibile che una belva come lui avesse delle mani del genere? Nel momento in cui lo pensò, però, si rese conto di avere il corpo più rilassato. La sensazione strisciante l'aveva liberata ed i suoi muscoli si erano sciolti. Alzò di colpo il viso ma lui non la stava più guardando. Anzi, aveva mosso un passo di lato per osservare il resto dell'aula. Che fosse il potere del suo sguardo a causarle tutto ciò? Persino il suo terrore era leggermente diminuito. Certo, aveva ancora la voglia matta di scappare da lì ma era più sostenibile. Un altro rumore di penne che si schiantavano la distrasse e si voltò ai banchi più in alto sui gradoni. Uno studente aveva rovesciato l'astuccio sul banco e, con una velocità non indifferente, si apprestava a sistemare tutto il disordine creato. La sua leggera aura lo identificò come un vampiro, seppur da poco trasformato.

<<Perdonerete la goffaggine di alcuni vostri colleghi.>> una voce leggera e affinata le riempì i timpani. Fece scattare gli occhi su Vezil che aveva appena parlato. Persino la sua intensità sembrava completamente sbagliata per l'essere che rappresentava. Cordiale, melliflua persino, se non addirittura appartenente ad un tono femminile ma non acuto, piuttosto limpido. Ma che diavolo?! <<Purtroppo, le creature reagiscono così in mia presenza. La mia aura è ben problematica da reggere per loro. Questa è l'eredità che si porta dietro la mia discendenza di vampiri originali e alla quale non ci è permesso rinunciare.>> parlò a tutta l'aula. Una studentessa, umana da ciò che riuscì a sondare, alzò una mano per fare una domanda. <<Mi dica, signorina...?>> lasciò la frase in sospeso.

PURA DANNAZIONE - LA GIUSTIZIA DELLA REGINAWhere stories live. Discover now