CAPITOLO 8

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WALTER 

L'INCARNAZIONE DELLA MORTE STESSA 


Nella sua lunga esperienza come assassino aveva vissuto molte situazioni come quella in cui si trovava in quel momento. Lo scovare una preda consisteva non solamente nel trovarla ed ucciderla. C'era tutto un lavoro dietro, una programmazione ed un organizzazione che non poteva essere esclusa. Prima di uccidere un obiettivo, bisognava conoscerlo, arrivare a pensare come pensava lui, a frequentare i posti che frequentava lui. Dietro ogni uccisione che aveva compiuto, c'era stata una profonda conoscenza della vittima designata. Lavorare come mercenario gli aveva dato l'esperienza necessaria per diventare il migliore in quel campo. Per questo non era un lavoro da tutti. Bisognava essere abbastanza freddi e sociopatici da non affezionarsi all'obiettivo. Molti altri suoi conoscenti avevano fallito in quella fase del lavoro. Ma Walter mai. Mai aveva lasciato un lavoro incompiuto. Che si trattasse di uccidere donne, uomini o anziani. Qualche volta gli era capitato che il mandante designasse per lui anche l'uccisione di ragazzini. Neanche in quel caso aveva esitato. La sua anima era nera e senza scrupoli, lo sapeva bene. L'unica legge che seguiva a quei tempi era stata quella del denaro. Diventare un cacciatore di vampiri era stato più semplice da un lato, almeno per quanto riguardava la prestazione fisica. Aveva già fatto sua l'arte di uccidere. Ma uccidere umani era diverso dall'uccidere creature ultraterrene. Per questo, quando Marx anni addietro gli offrì il lavoro, aveva dovuto ammettere che essere un semplice assassino non bastava ed entrare nella mente di un vampiro o di un licantropo era assai più complicato. Venire a conoscenza dell'esistenza di simili creature era stata per lui una gioia ma anche una tragedia. C'erano assassini ben più spaventosi al mondo. Più feroci. Più sanguinari. Lui, avrebbe dovuto diventarlo di più. Aveva ricevuto la runa Algiz dopo un anno di addestramento come cacciatore. Un anno in cui la sua mente era stata fortificata ma anche sensibilizzata ad un potere che nulla aveva di umano. Un anno a rivalutare anche il concetto di fiducia, di bene e di male. Dopotutto, fare il cacciatore era mettersi al servizio di un cliente più grande. Il mondo. Uccidere aveva assunto una sfumatura diversa. Proteggeva quegli stessi umani da un male maggiore. Era leale a Marx per avergli mostrato quella nuova realtà, per averlo coinvolto in una battaglia che avesse un senso. Soprattutto, per avergli finalmente dato uno scopo. Utilizzava la sua bravura per uccidere mostri. Aveva passato i seguenti anni a stretto contatto col lican e, volente o nolente, gli aveva inculcato i suoi ideali di giustizia, di principi che lui non aveva mai posseduto ma che davano valore ad ogni vita che toglieva. Un valore no monetario ma personale. Più mostri ammazzava e più la sua soddisfazione cresceva. Inoltre, più pericoloso era il mostro e meno era la noia che per anni lo aveva accompagnato. Sarebbe sempre rimasto un assassino ma almeno lo faceva per uno scopo. Era passato dall'uccidere illegalmente all'uccidere in maniera legale e sicura. Cosa mai avrebbe potuto chiedere di meglio, poi? Inoltre, in quel lavoro poteva essere sadico quanto volesse. Non c'era niente di meglio che confrontarsi coi veri mostri tanto da esserlo a sua volta quando non solo dava loro la caccia, ma faceva in modo che sapessero che lui era lì ad attenderli. L'incarnazione della morte stessa, la loro morte. Tutto ciò, grazie a Marx ed alla proposta che gli fece anni prima. Doveva molto a quel dannato licantropo e, da un lato, lo ammirava. Come ammirava le gesta della sua collega. Come lei, Walter aveva iniziato abbastanza giovane ad uccidere. A differenza sua, però, lei aveva ucciso il capo dei mostri. A soli sedici anni. Un'esperienza che l'aveva marchiata ma non ammazzata. Perché la piccola continuava ad essere una cacciatrice anche se, con gli istinti che possedeva, avrebbe potuto diventare un mostro ben peggiore di ciò che aveva ucciso. L'ammirava e perciò si era guadagnata la sua lealtà. Almeno finchè non avesse scelto di mettere quel potere a disposizione del male vero e proprio. In quel caso sarebbe stata una guerra coi controcazzi alla quale, a differenza di quel che credeva Marx, non teneva a partecipare. Quell'anno di addestramento da una parte lo aveva fortificato ma, dall'altra, lo aveva reso più incline alle emozioni umane. Sarebbe stato un peccato ucciderla, o meglio provare ad ucciderla, perché un po' le si era affezionato. Inoltre, era un piacere lavorare con lei. Come in quell'occasione. Condividevano lo stesso malato e perverso piacere nell'uccidere creature non umane oltre al black humor che li accompagnava sempre. Era una dannata vampira che si era ribellata alla sua stessa specie ed usava quegli istinti a favore di un bene superiore. Non come quei vampiri inetti che ballavano sul cazzo di palco vendendo la loro soggiogazione come moneta di piacere. Tamburellò nervosamente le dita sul tavolo mentre una nuova zaffata di potere immergeva l'aria. Strinse la mano sinistra a pugno, nascondendo la runa Algiz che aveva marchiata sul palmo. Il sacerdote che gliel'aveva conferita era stato abbastanza reticente per aver scelto quella zona ma lui aveva alzato le spalle dichiarando che, il simbolo di ciò che era diventato, doveva essere l'estensione di sé stesso, così come la pistola era un'estensione della sua mano. Ed essendo mancino, non aveva visto luogo più appropriato di quello per essere marchiato. Diede una veloce occhiata ai dintorni alla ricerca della sua collega. Erano passati ben venti minuti da quando si era alzata dal tavolo. Al bancone dove quel vampiro aveva detto di volerla portare non c'era. Sospirò leggermente mentre sul palco un ballerino, umano quella volta, iniziava ad ancheggiare e a strusciarsi sul corpo dell'altro. Storse la bocca. Non aveva nulla contro gli omosessuali, ognuno era libero di esprimere le proprie preferenze sessuali come preferisse ma quello che stavano mostrando... Era un corteggiamento alla morte. A volte si chiedeva come avessero fatto gli umani ad evolversi fino al tempo corrente. Alcuni erano rimasti del tutto stupidi a suo parere. Decise che era il momento di andare a cercare Ariadne. Non ne poteva più di quel teatrino. Sperò non avesse iniziato a massacrare non morti senza di lui. Ne sarebbe rimasto offeso. Andò al bancone del bar e si poggiò su di esso col braccio destro. Alzò due dita per attirare l'attenzione del barman. Quest'ultimo si voltò e lo raggiunse,

PURA DANNAZIONE - LA GIUSTIZIA DELLA REGINAKde žijí příběhy. Začni objevovat