8. Non è il colmo?

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Alla fine della lezione di matematica mi metto lo zaino in spalla e mi affretto verso l'uscita, come se restare a scuola per qualche secondo di più potesse danneggiarmi fisicamente.

Pochi minuti dopo imbocco la strada che mi porterà a casa di Jimin. Cammino in fretta, forse sperando che il rumore dei miei passi sull'asfalto copra quello dei miei pensieri.

Non riesco a smettere di tornare con la mente a ciò che è successo questo pomeriggio. Namjoon e Seokjin.

Dovevo immaginare che tra di loro c'era qualcosa, dovevo saperlo che un ragazzo carino e gentile come Namjoon non poteva essere attratto da uno come me. D'altronde è meglio un bullo di un disadattato.

Dovevo saperlo.

“Yoongi!”.

Non ci posso credere. Probabilmente me lo sono immaginato. Continuo a camminare come se nulla fosse, ma una mano si posa sulla mia spalla e mi costringe a fermarmi.

Namjoon mi supera e mi guarda dritto negli occhi, ansimando a causa della corsa che deve avere fatto per raggiungermi.

Vorrei chiedergli perché ha appena sprecato energie per uno come me.

“Ti devo parlare” mormora.

Vorrei urlargli che non deve dirmi proprio un bel niente, perché ho già capito tutto, ma non ho abbastanza fegato per farlo. Sono un vigliacco, per cui taccio e annuisco.

“Io e Seokjin non stiamo proprio insieme. Lui mi piace, ma...”.

“Perché sei uscito con me?”.

Per qualche secondo lui mi guarda in silenzio e la curva delle sue sopracciglia e delle sue labbra mi fa finalmente comprendere che cosa è accaduto.

Dovevo immaginarlo, dovevo immaginarlo fin dall'inizio. Sono stato un povero illuso a credere che qualcuno potesse essere interessato a me.

“È stato Jimin a chiederti di uscire con me, non è così?”.

“Yoongi...”.

“Va bene” dico, sebbene niente vada bene in questo momento. Sorrido e cerco di non sembrare troppo falso. “Non c'è problema, non è colpa tua”.

“Sì che è colpa mia!” esclama lui, strabuzzando gli occhi. “Ti ho ingannato uscendo con te quando il mio cuore era già occupato da Seokjin e non ho avuto il coraggio di difenderti quando lui ti ha trattato male, prima. Sono una persona disgustosa e non merito di essere tuo amico, dopo tutto ciò che ti ho fatto”.

“Va tutto bene, davvero. Anzi, ti ringrazio, perché mi hai disilluso”.

“No, non va bene, Yoongi” dice Namjoon con la voce strozzata.

Mi irrigidisco. Non è possibile che stia per piangere, non è possibile. Non voglio che qualcuno soffra a causa mia.

“Tu sei troppo buono e nessuno ti rispetta. Non è il colmo? Siamo tutti delle nullità, per quanto facciamo finta di non esserlo. Siamo nullità, in confronto a te”.

“Ma cosa dici?!” esclamo sbuffando.

Ciò che afferma è ridicolo e crederei facilmente che mi stia prendendo in giro, se non potessi vedere i suoi occhi velati di lacrime.

“Un giorno avrai la tua rivalsa, Yoongi. Io non posso aiutarti, perché sono un codardo, ma un giorno arriverà qualcuno che saprà starti accanto e amarti così come sei. Vedrai, un giorno qualcuno ti ascolterà, ti aiuterà e ti rispetterà per davvero”.

Apprezzo le sue parole, perché sento che sono sincere, ma allo stesso tempo vorrei mettermi a gridare, perché tutti, a partire dai miei genitori, hanno sempre detto così. Hanno sempre detto che un giorno sarebbe arrivato qualcuno in grado di amarmi veramente, ma quel giorno non è mai arrivato e io sinceramente sono stufo di aspettare.

Perché questo qualcuno non può esistere oggi? Perché deve ancora arrivare? Cosa ho fatto di male per sopportare quest'attesa infinita?

“Addio, Yoongi, e perdonami, se puoi”. Namjoon torna indietro e io rimango solo.

Ciò che provo nei suoi confronti è contrastante. Da un lato sono furioso per quello che mi ha fatto passare, per il suo doppiogiochismo, dall'altro mi sento sollevato dalle sue parole di conforto.

Ma era davvero conforto? E se mi avesse ancora mentito?

Mi prendo la testa tra le mani e mi chino su me stesso, dimenticandomi di essere in mezzo a un marciapiede in una strada trafficata.

I miei pensieri sono come una bufera di neve, fiocchi bianchi che vanno un po' dappertutto. Il caos regna sulla distesa della mia psiche. Non esiste un ordine quando una mente è vittima della solitudine e della tristezza.

“Taehyung, aiutami” sussurro, prima che un singhiozzo esca dalla mia bocca e alcune lacrime bagnino le mie guance.

Sto chiedendo aiuto a un personaggio immaginario. È assurdo, ma quel personaggio immaginario è uno dei pochi veri amici che ho.

Jimin. Devo andare da Jimin e scoprire se anche lui è diverso da ciò che credevo. Non so se riuscirei a sopportare il peso della verità, ma ferita sopra ferita non dovrebbe fare troppa differenza, no?

Mi alzo e affronto il mondo con le lacrime che ancora rigano le mie guance. Un passo dopo l'altro, cammino di nuovo e mi dirigo verso la casa del mio migliore amico.

Nessuno mi nota. Nessuno mi chiede perché sto piangendo. In questa metropoli fredda e improntata all'individualismo a chi potrebbe importare di un diciassettenne solo, piangente e sperduto?

Accanto a me c'è soltanto Taehyung, che mi tiene per mano.

Uno squarcio di luce spezza il grigiore dei miei pensieri. Taehyung è accanto a me, lo sento. Mi sta guardando con il suo tipico sorriso rettangolare. Le sue dita affusolate sono intrecciate alle mie e i suoi capelli scuri sono accarezzati dal vento.

Taehyung mi dice che è accanto a me e che bastiamo io e lui.

Chi se ne frega della gente? Finché siamo insieme, il mondo può continuare ad andare avanti. Noi, invece, camminiamo in una bolla tutta nostra e ci sorridiamo, perché i nostri sorrisi ci fanno sentire meno soli.

Quando arrivo sotto casa di Jimin mi sono calmato quasi del tutto e solo grazie al pensiero di Taehyung. Mi viene ad aprire il mio amico e il suo volto angelico mi tranquillizza ulteriormente.

“Yoon, che ci fai qui?”.

Sospiro. “Oggi non c'eri, a scuola, e non rispondevi ai miei messaggi, quindi ho pensato di fare un salto a casa tua per vedere come stai”.

Jimin sorride e il suo sorriso è così contagioso che mi ritrovo a imitarlo.

“Va bene, però vieni dentro”.

Obbedisco e presto sono seduto sul divano del soggiorno di casa Park, davanti a un buon caffè fumante.

“Stai bene?” domando, impensierito, per poi dare un sorso alla bevanda.

Il mio migliore amico sospira e si tortura le cuticole, in preda al nervosismo. Tiene lo sguardo puntato sul tappeto sotto i nostri piedi e questi piccoli dettagli sono sufficienti per far crescere in me l'ansia.

Che Seokjin avesse ragione?

You Aren't Real || TaegiWhere stories live. Discover now