7. Life must come to an end pt.1

Začít od začátku
                                    

«Verrai con me oggi. Mi accompagnerai al lavoro. Magari capirai alcune cose.»

Un bussare alla porta ci interruppe e pensai che fosse Nathan, ma mi sbagliavo. Un uomo dai lunghi capelli scuri e lisci con occhi verdi incappucciati entrò nello studio. Era molto alto e dalla camicia bianca che indossava si poteva intuire quanto fosse muscoloso. Aveva un viso molto spigoloso, con un naso aquilino e delle sottili labbra rosee.

«Mi hai convocato?» domandò il nuovo arrivato con una voce cavernosa, rivolgendosi alla creatura accanto a me.

«Sì, oggi prenditi il giorno libero. Ci penserò io alle anime che ti ho assegnato.»

«Lo sai che Mike non la prenderà bene, vero?» chiese l'altro, incrociando le braccia al petto.

«Lo so, Chris, lo so» rispose Morte, chiudendo gli occhi, e si passò una mano sulla fronte per la disperazione.

La rabbia pian piano stava scemando, mentre la confusione divenne una delle principali emozioni che stavo provando. Colui che avevo capito chiamarsi Chris uscì dalla stanza, ignorandomi completamente, e così mi ritrovai da sola con Morte.

«Va bene, dove andiamo?» mi incuriosii.

«Reggiti a me, per il resto ci penserò io» disse, porgendomi la mano.

La sua pelle era candida, mentre le dita erano lunghe e affusolate, perfette per suonare il pianoforte che avevo adocchiato all'entrata. Allungai la mano dopo averla guarita con la magia di nascosto e afferrai con delicatezza la sua. Era fredda, al contrario della mia.

Ci teletrasportammo in un istante di fronte a una casa, vicino alla quale scorreva un fiume. Il sole era coperto da grosse nuvole burrascose; il corso d'acqua lasciava intravedere i grandi massi sul fondale e gli alberi sulle colline che circondavano la piccola casa rendevano quel luogo incantevole, fiabesco... magico. L'aria che si respirava in quel posto era leggera e fresca, ottima per i polmoni. Non si percepiva alcun rumore, se non il delicato fruscio del vento e il lento scorrere del limpido ruscello.

La casa somigliava a una piccola baita di legno lucido con un patio. Sul portico era posizionata una sedia a dondolo, anch'essa lignea, che dava tutta l'aria di essere molto antica, ma anche ben fatta e ancora resistente.

«Entriamo» mi comunicò Morte, per poi iniziare a incamminarsi verso le piccole scale che portavano all'ingresso dell'abitazione.

Iniziai a seguirlo ed entrai in quella meravigliosa baita.

Anche l'interno, come l'esterno, era realizzato in legno lucido. I mobili erano puliti e curati nei minimi dettagli, e rendevano l'ambiente molto confortevole. Su un piccolo tavolino vicino all'ingresso erano poste alcune fotografie incorniciate.

Ne presi una in mano e la osservai. Raffigurava un anziano signore seduto sulla sedia a dondolo sul portico, accanto a quattro bambini. La bambina, che sembrava avere due anni, era accomodata sulle ginocchia dell'anziano e gli rivolgeva un tenero sorriso paffuto. Sui gradini, invece, vi erano tre maschietti. Sul primo gradino era seduto un ragazzo che sembrava avere sui quindici anni, con i capelli neri scompigliati e con un sorriso rivolto alla fotocamera. Seduti dinanzi a lui c'erano gli ultimi due bambini. Erano sicuramente gemelli, considerata la somiglianza: avevano gli stessi capelli neri, i medesimi occhi chiari, il naso piccolo e le labbra sottili. Il bambino sulla destra piangeva toccandosi la fronte arrossata con una mano, mentre il bambino accanto a lui sorrideva con in mano un giocattolo.

Sorrisi nel vedere l'immagine di quella famiglia. Rimisi la cornice dove era posizionata in precedenza e seguii Morte fino a una delle stanze.

Il parquet scricchiolava sotto i nostri passi mentre l'odore del legno mi invase le narici. La camera da letto in cui entrammo era molto piccola, ma anche confortevole. C'era tutto ciò di cui una persona poteva aver bisogno: un letto singolo, un comodino con sopra una lampada a olio, un armadio a due ante e una piccola finestra che si affacciava sul magnifico panorama esterno.

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