Logan

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Le due settimane di viaggio passarono in fretta.

Eravamo molto più uniti, come squadra, di quando eravamo partiti.

Dovevo ammetterlo, noi sei eravamo davvero un bel gruppo.

Eravamo strani forte, eh, ma una vera squadra.

Visti da fuori potevamo sembrare felici. Dentro no, però.

Almeno io non lo ero più da un po'.

Poche ore e avremmo varcato il cancello dell'accademia.

Poche ore e saremmo tornati alla nostra solita vita.

Poche ore e il mio cuore sarebbe andato in frantumi.

Una delle regole di papà era non provare forti sentimenti per qualcuno.

Bè, l'avevo infranta nell'esatto istante in cui avevo incrociato lo sguardo di Arya.

Ero solo un bambino eppure sapevo che quella ragazza mi avrebbe incasinato la vita.

Ed eccomi qui, dieci anni dopo, a pensare a quanto mi sentirò vuoto senza di lei.

Era incredibile quanto fossimo cambiati. Un mese fa eravamo pronti a saltarci alla gola e staccarci la testa, ora amavo passare la notte ad accarezzarle i capelli. Amavo guardare le stelle con lei. Amavo baciarla. Amavo lei.


Poche ore dopo bussarono alla parete della carrozza. – Siamo arrivati! – ci informò il nostro cocchiere.

Mi affacciai fuori dal finestrino. La grande struttura che ospitava l'accademia si stagliava di fronte a noi. Le pareti di pietra scura erano illuminate dalla luce del solo pomeridiano. Sfumature dorate si crearono sulla pietra.

Non avevo mai visto quel posto in quel modo. Sembrava diverso, più bello.


Eravamo tornati.

Sentii il rumore del grande cancello chiudersi alle nostre spalle.

Guardai Arya. Era il più lontano possibile da me.

Per loro noi ci odiavamo ancora. Avremmo dovuto recitare ancora un po'.

-Siete tornate! – vidi un ragazzo dai capelli scuri buttarsi addosso a Ness e Arya.

Le ragazze ricambiarono l'abbraccio sorridendo. – Ti siamo mancate così tanto? – chiese Ness.

-Ovvio! – rispose Kai.

Ma non c'era tempo per i saluti e le smancerie.

Un uomo alto e disgraziatamente affascinante stava venendo verso di noi.

Con i suoi capelli perfetti, l'abbigliamento perfetto. Tutto. Fottutamente. Perfetto.

Mio padre.

-Ben tornati, ragazzi miei. – esclamò quando ci raggiunse. Ci rivolse il suo sorriso più brillante. – E' ora di riscuotere il vostro premio. –


ARYA


-Entra pure e chiudi la porta. – mi disse Bennet.

Il suo ufficio era un enorme spazio riempito da una scrivania, un paio di librerie, un divano e l'immancabile credenza con gli alcolici.

Feci come mi aveva ordinato e mi sedetti di fronte a lui. Incrociò le braccia e si poggiò allo schienale della sedia. – Bene, Arya, dimmi, come è andata? –

Stava valutando il nostro lavoro. – Tutto sommato, bene. – sorrise. Lo stesso sorriso di Logan quando aveva qualcosa di sconsiderato in mente.

-Con gli altri gruppi, invece, come è andata? -

-Morti e in galera. –

-Con la tua squadra? –

-Siamo andati d'accordo. –

Alzò un sopracciglio. – Anche con mio figlio? –

Ah, ecco la domanda.

-Si. –

Sembrò sorpreso. – Davvero? Non vi siete saltati addosso? –

-Si. – non nel modo in cui pensava lui, però. – Ma alla fine ci siamo riappacificati. –

-Bene. – prese un foglio e una penna. – Avete vinto questo torneo, il premio era la possibilità di esaudire un tuo desiderio. Quello che vuoi. –

Ci riflettei un secondo, ma in realtà già sapevo cosa chiedere. – Ci sono tante cose che vorrei. –

-Quello che vuoi. –

-Vorrei essere libera. –

Bennet staccò gli occhi dal foglio. – Che intendi? –

Ed io glielo spiegai.

Gli dissi che volevo andarmene.

Che volevo una vita fuori da qui.

Che non mi importava se ero la sua migliore assassina. Non era ciò che volevo.

Che sognavo di volare tra le stelle.

Bennet era paralizzato. La bocca aperta per lo stupore. – I-io non so... -

-Ti prego, lasciami andare. –

Lui fece l'unica cosa che non mi aspettavo facesse. Sorrise. – Okay. –

Ora ero io quella sorpresa. – Okay? –

-Si, vai pure. –

-Non hai nessun secondo fine? –

Scosse la testa. – No. –

-Mi lasci andare così? –

Si alzò e venne verso di me. Mi tese la mano. – Credo sia ora che tu vala via da qui. –

Gli strinsi la mano. – Sai il significato del mio tatuaggio. –

Sorrise di nuovo. In modo quasi paterno. – Ti conosco meglio di quanto pensi. – ammise. – Ora va. –

Mi diressi verso la porta, ma proprio mentre stavo per uscire mi girai di nuovo.

-Grazie per quello che hai fatto per mia madre. -

academy of murderersWhere stories live. Discover now