Arya

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Non ci mettemmo molto per arrivare. La piazza era piena zeppa di bancarelle colorate. Chi vendeva frutta, chi tessuti, chi pezzi di artigianato. Non era cambiato molto in dieci anni, forse era pure peggiorato. C'era un forte odore di sterco di maiale e cavallo mischiato con qualcosa che somigliava vagamente al cavolo bollito.

-Che odoraccio! – si lamentò Kat tappandosi il naso e facendo smorfie di disgusto.

Scrollai le spalle. – Prima o poi ti ci abituerai. – le dico anche se non era vero, neanche io ero abituata a quella puzza.

Ci facemmo strada tra le decine di persone accalcate, spintonandoci per passare. Ci fermavamo ogni tanto a qualche bancarella facendo finta di dover comprare qualcosa e poi facevamo sempre domande. Il loro amato signor le Blanc era un sant'uomo, dicevano, con il suo lavoro aveva migliorato le esportazione e importazioni facendo aumentare il commercio e i guadagni.

Che bravo attore che era. Chissà se le nostre vecchie domestiche potevano dire lo stesso. Ovviamente le aveva licenziate tutte quando vedeva che mi "proteggevano" dai suoi momenti di pazzia.

-Davvero non ci sono critiche su di lui? – chiesi ad una donna anziana al bar dove ci eravamo fermati per riscaldarci un po'.

Lei scosse la testa facendo ondeggiare i capelli argentei. – No, nessuna. – e se ne andò a servire altri clienti.

Mike sbuffò poggiando il bicchiere con del liquido ambrato dentro. – Non stiamo ricavando nulla da questo posto. –

-Magari gli altri stanno avendo più fortuna. – ne dubitavo fortemente. Aveva amici ovunque e nessuno avrebbe rivelato nulla, se non per una grossa quantità di soldi. Cosa che non avevamo.

-Non è un santo manco per scherzo. – affermò una cameriera sulla quarantina mentre metteva altro liquare nel mio bicchiere.

-Che intende dire? – chiesi mentre me lo passava.

Alzò le spalle. – No, nulla. Non posso. – sussurrò poi alzò di nuovo lo sguardo verso di noi e sorrise. – Fate finta che non abbia parlato. –

-Può dircelo. Non diremo nulla. – promisi.

Lei si morse il labbro, scrollò la testa. – Non posso, mi dispiace. Vorrei davvero, ma ho le mani legate. –

Stava per andarsene quando... - La prego. Lavoriamo per un giornale poco conosciuto e se non tiriamo fuori una notizia eccezionale ci licenziano. Abbiamo pochissimi soldi e questo lavoro ci serve altrimenti finiremo per lavorare all' Arena. –

Per chiarire: l'Arena è una specie di bordello ma mille volte più logoro, putrido e spietato. Diciamo solo che se non lavori finisci in una fossa. Che posso farci, la vita è fatta così.

La barista si girò lentamente. Passo gli occhi scuri tra me e i miei compagni che mi guardavano confusi. Sospirò. – Ok, ma non dovete dire che sono stata io, chiaro? – feci un largo sorriso. – Chiarissimo. –

-Tra dieci minuti finisco il turno, potete aspettare fino ad allora? –

Annuimmo.

Aspettammo quei pochi minuti vicino la fontana fuori dal bar. Era spenta da anni, anzi, non credo di averla mai vista accesa.

Esattamente dopo undici minuti la porta del locale si aprì e la figura snella della cameriera uscì dirigendosi verso di noi.

Mi girai verso Mike e Kat che stavano parlano seduti sul bordo della fontana troppo vicini per me. Li chiamai facendo ricadere la loro attenzione dagli occhi dell'altro alla donna.

-Non parliamone qui, c'è troppa gente. Venite. – disse avviandosi verso una stradina isolata e deserta. Lì iniziò a parlare. – Il signor le Blanc è un uomo che ha sempre fatto molto per Sarq, questo devo ammetterlo, però come dicevo prima, non è un santo. – iniziò parlando sotto voce.

- Aveva una moglie, si chiamava Veronica, bellissima e sempre sorridente. La picchiava ogni giorno per motivi sconosciuti. Prima non era così, amava la signora ma dopo un paio d'anni dal matrimonio impazzì. Ma il culmine della pazzia arrivò l'anno seguente quando nacque la loro prima figlia. La bambina era la creatura più bella che si potesse vedere; capelli di rame come la madre e due splendidi occhi eterocromatici. – mi irrigidii a quelle parole. La donna continuò. – Non alzava mai un dito contro la figlia perché la madre si prendeva tutto. Non voleva che il marito toccasse la bambina, era la cosa migliore che avesse mai fatto, dice sempre. –

Io mi ricordava che me lo diceva, ogni sera prima di andare a dormire.

-Ma la signora morì sei anni dopo cadendo da una finestra aperta al secondo piano della loro villa. La mattina dopo toccò alla bambina prendersi tutti gli schiaffi del padre. –

-Andò avanti così per anni, due se non erro, e un giorno la bambina sparì. –

-Sparì? Aveva otto anni, come ha fatto? – chiese Mike che era rimasto in religioso silenzio.

La donna scrollò le spalle. – La casa era piena di passaggi segreti e nascondigli. Li aveva costruiti la signora Veronica per la bambina. –

-Mi scusi – intervenne Kat - ma lei come sa tutto questo? –

Lei sorrise. – Mia madre lavorava per loro. E' morta dopo che il signore l'ha licenziata lo scorso mese perché era malata. – a quelle parole mi venne da vomitare.

Mi girai verso i miei compagni. – Di quello che ha appena detto non dite nulla a nessuno. –

La cameriera mi guardò confusa. – Ma la notizia sul giornale? –

Scossi la testa. – Sei Arienne, giusto? – lei annuì. – Mi dispiace che quel bastardo abbia fatto soffrire tua madre lasciandola morire così. –

-C-come mi conoscete? – balbettò. Poi sgranò gli occhi. – Oddio, voi siete? – annuii. – Siete tornata? Dove eravate? –

-Per piacere niente domande. – la ammonii. La donna si scusò e non ne parlò più.

Eravamo quasi tornati a casa e Kat e Mike mi stavano tartassando di domande su quello che aveva detto Arienne.

-State zitti! – urlai. Non li sopportavo più.

Loro sobbalzarono. – Scusaci, ma non ci stiamo capendo nulla. – si scusò Mike.

-E continuerete a non capire perché non dovrete sapere più di quanto già non sappiate. – dissi aprendo il cancello della villa. A metà strada dalla porta, mi voltai verso di loro. – Non provate a dire a qualcuno quello che avete sentito o vi faccio tornate all'Accademia in un sacco di plastica! – loro annuirono, mi parsero leggermente spaventati. Chi sa perché?

Entrammo in casa poco dopo trovando gli atri tre nel salotto a prendere un tè, sicuramente allungato con dell'alcool.

Ness venne verso di noi e mi abbracciò come se non ci fossimo viste per anni. – Scovato nulla? – chiese staccandosi da me per avvinghiarsi a Kat.

Scossi la testa. – Nulla di importante. Vero? – dissi rivolta a Mike e Kat che subito fecero no con la testa. Gli lanciai un sorriso beffardo. Avevano capito, bene. – Voi? –

-Nulla, se vogliamo tirar fuori qualcosa dalle boccacce di quei tizzi dovremmo sborsare un patrimonio. – disse la mia amica.

Le diedi una pacca sulla spalla. – Su col morale, domani ci riproviamo. –

-Si. – rispose lei con un leggiero sorriso.

-Che ne dite se andiamo a mangiare fuori questa sera per cena? Conosco qualche locale carino. – proposi.

Jordan scattò in piedi. – Si, si, si. –

Risi. – Quanto entusiasmo Jordan. – 

academy of murderersDove le storie prendono vita. Scoprilo ora