Chapter One.

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I primi raggi del sole battevano sul mio viso quando me ne stavo seduta sugli scalini fuori casa mia, i miei occhi erano stanchi, gonfi, sentivo le palpebre pesanti e un lieve dolore fastidioso su di esse. Molti vicini passavano di fronte questa casa bisbigliando tra loro, non riuscivo nemmeno a realizzare quanti di loro mi si avvicinarono dispiaciuti porgendomi le loro condoglianze.

Si quella notte.

Quel corpo.

Il corpo di mia madre.

Un'altra lacrima scese giù per la mia guancia bagnandola, credevo di esserne rimasta al secco, non avevo fatto altro che versarne per tutta la notte, mi sentivo vuota, afflitta, stanca e delusa. Mi sentivo male.

E' tutta colpa sua. Si, la colpa è sua e lo odio per questo.

E' anche mia, non avrei dovuto, io non- non avrei dovuto lasciarli da soli.

«Tesoro, ti ho preparato una tazza di té.»

Lei era mia zia, viveva a Crawley non molto lontano da Brighton, quando le comunicarono quello che, che successe quella notte lei dopo trenta minuti era qui con me, tentando di consolarmi come più poteva, ma non era così semplice. Anche per lei era difficile venire a sapere che sua sorella era morta, e poco dopo cercare di farmi stare meglio quando anche lei stava male. «Approfittane presto, prima che si raffreddi.» Mi porse la tazza di té e mi accarezzò i capelli prima di sedersi accanto a me.

Mormorai un "Grazie" quasi udibile, portai la tazza alle mie labbra bagnandole con il contenuto caldo.

«Ehi, è tutto okay.» Poggiò la sua mano sulla mia guancia umida e un'altra lacrima bagnava la sua mano. Scossi la testa più volte.

«No, non lo è. Mamma è morta.» Sussurrai piangendo. «Ed è tutta colpa mia.» Cercai di soffocare un singhiozzo senza riuscirci, le mani mi tremavano e non mi sarebbe importato molto se quel té fosse caduto per terra.

«No tesoro, non lo è.» I suoi occhi erano lucidi e passava una ciocca dei miei capelli dietro l'orecchio. Continuai ad annuire e lei a scuotere la testa. «Tu non ne hai la colpa, quello che è successo è solamente colpa sua, tu non potevi sapere cosa sarebbe successo.» Mi abbracciò, lei somigliava così tanto a mia madre, avevano lo stesso colore degli occhi, a differenza di mamma lei aveva solamente un profumo più forte e i capelli più scuri. Mi lasciai cullare tra le sue braccia mentre il fresco della mattina batteva su i nostri visi.

Zia Judith rimase con me nei giorni successivi e organizzò il funerale, io non avrei saputo da dove iniziare e faceva già abbastanza male. Lei aveva chiuso per un po' il salone di bellezza dove lavorava nel paesino dove viveva per starmi il più vicino possibile e non sapevo nemmeno come ringraziarla. I giorni passarono fin quando il giorno del funerale arrivò. Non credevo di essere mentalmente che fisicamente pronta a questo, temevo di avere un crollo quando meno me l'aspettavo, odiavo questo posto, odiavo questa casa e odiavo il fatto di avere nelle vene lo stesso sangue di quel mostro.

Bussarono alla porta della mia camera e poco dopo si aprì, rilevando la figura di mia zia.

«Andiamo?» Chiese dolcemente. Annuii.

«Sto arrivando.» Mi sorrise debolmente e chiuse la porta.

Mi guardai allo specchio che si trovava in camera mia prima di uscire, mi fissai per un tempo indefinito e uragani di emozioni si manifestarono dentro me, delle lacrime scesero dai miei occhi. Non so perché lo feci ma mi allontanai prendendo una spazzola per capelli che si trovava sul comò e la scagliai contro lo specchio.

Forse era rabbia? O dolore?.

Mi asciugai le lacrime e scesi, mia zia mi aspettava in macchina e quando salii lei partì.

Scarlett.     H.SDove le storie prendono vita. Scoprilo ora