28| Distruzione di massa

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Girai la testa di lato e fortunatamente vidi il vetro della finestra della cucina sporco, pieno d'impronte visibili in controluce. I segni della condensa erano spariti, ma avevano comunque lasciato traccia di ciò che era successo la notte precedente.

Fui sollevato ed irrequieto una volta appurato che fosse realmente successo tutto.

Ero contento di non aver immagino gli ansimi ed il colossale e divinatorio pompino di Ailis, ma ero irritato dal bambinesco modo in cui era andata via.

Nessuna era mai sgattaiolata fuori facendomi risvegliare da solo al mattino successivo. Nessuna, mai. Al massimo, ero io quello che sgattaiolava via, da solo e dai problemi che mi avrebbe causato trovarmi lì al loro risveglio.

Lo squillare di quello che riconobbi essere il mio cellulare mi fece scuotere la testa e scattare di nuovo verso camera mia. Mi auguravo fosse quella malcapitata di Ailis pronta a darmi spiegazioni.

Raggiunsi il comodino di legno scuro e presi il telefono.

Una chiamata in arrivo c'era, ma non era da parte di McDavis.

Mi fermai nel centro della stanza e presi un grande respiro prima di rispondere. Trascinai il dito sul display ed accettai la chiamata.

«Dimmi papà.» esalai duro.

Nessun "Buongiorno" o frase cordiale d'apertura chiamata da parte di entrambi.

Silenzio.

Masticai le offese a fior di labbra e mi concentrai nel mostrarmi come una persona matura e civile. «Sí, ciao figliolo...» la sua voce era sempre la stessa. Fredda ed annoiata. Insopportabile. Me lo immaginai col suo solito bicchierino opaco di Cointreau francese in mano ed una Luckies fra i denti.

«...la mamma deve parlarti di una cosa.» Mi agitai sul posto cercando di tenere a freno il corso violento dei miei pensieri malsani.

Al termine di un breve trambusto sonoro telefonico, il rumore sconnesso di respiri dall'altra parte della chiamata mi fece intuire di star parlando con mia madre.

«Mamma, cosa è successo?»

Mio padre non mi chiamava mai.
Mai.
Da quando ero partito per studiare all'Università non mi aveva inviato un singolo messaggio. Ci vedevamo tre volte l'anno: per Natale, durante la festa del Ringraziamento ed il Quattro Luglio.

«Ciao Damien.» la voce di mia madre si presentava sempre dolce all'udito.

«...Ti abbiamo chiamato per informarti che nell'ultimo periodo ci sono stati alcuni cambiamenti a casa-» l'ingenti pause che faceva tra una frase e l'altra sembravano più utili a calmare lei piuttosto che a tranquillizzare me. «Hai-hai presente Megan?»

Mi morsi il labbro inferiore.

Chi cazzo era Megan?

Una mia amica d'infanzia? Una parente lontana? Una sua amica?

Intuendo la risposta nel mio silenzio, continuó.

«...La collega di tuo padre.»

Il gelo delle sue parole era tagliente e rigido. L'atmosfera era cambiata ed il suo tono non era più una carezza per le orecchie.

Corrucciai la fronte e mi grattai il mento.

Avrei dovuto sapere il nome di una delle stupide ragazzine neolaureate che si sbatteva il grande Blake Landway? No di certo.

«È incinta.» strinsi gli occhi e mi passai una mano fra i capelli.

«Passami immediatamente quel cretino di tuo marito mamma, adesso.»

The Rose sensationWhere stories live. Discover now