9| Spalle gradevoli per uccelli

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sfortuna
/sfor·tù·na/
Avversa fortuna. Evento spiacevole non imputabile a colpa né a negligenza.

                             

                           𝙰𝚒𝚕𝚒𝚜  𝙼𝚌𝙳𝚊𝚟𝚒𝚜

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                     𝙰𝚒𝚕𝚒𝚜  𝙼𝚌𝙳𝚊𝚟𝚒𝚜

Mezzogiorno e diciassette, quando aprii gli occhi ancora plasmati dal sonno, la sveglia aranciata sul comodino segnava le dodici e diciassette.

Sospirai calma e mi rigirai nel letto godendo del tepore che il materasso irradiava dopo averci dormito tutta la notte. Non avevo lezioni di mattina quel giorno, l'unica che avrei avuto sarebbe iniziata alle cinque di pomeriggio. Avevo tutto il tempo del mondo per dedicarmi ancora un po' alla melodica arte del non far niente.

Chiusi gli occhi e passai una mano fra le coperte calde, ma il mio braccio s'imbatté in qualcosa di rigido. Qualcosa troppo grande per poter essere il mio telefono ma troppo piccolo per effettivamente allarmarmi.

Toccai la superficie appurando si trattasse di un libro. Dovevo averlo appoggiato sul letto e poi averlo dimenticato lì ieri sera. Visto il mio sonno movimentato ero sicura che io e quel libro avessimo danzato e ci fossimo rincorsi tutta la notte, sbattei le palpebre e lo presi in mano; era il volume C di Grafica.

Di colpo chiusi gli occhi.

Cazzo.

Cazzo, cazzo, cazzo.
Dovevo andare nell'appartamento di Travis e Damien per prendere il libro di Commercio di Raissa. Cazzo. Riguardai l'orologio già nel panico, segnava mezzogiorno e venticinque.

Mi catapultai fuori dal letto inciampando nelle coperte aggrovigliate e rischiando di sbattere la testa contro il comodino. Mi rialzai dalla mia caduta non conclusasi sfortunatamente con un trauma cranico e mi andai a lavare i denti correndo. Misi il dentifricio azzurro sullo spazzolino viola e mentre me lo passavo fra i denti andai nella cabina armadio per scegliere cosa mettermi.

Le possibilità che avevo erano due: vestirsi bene oppure male. Optai chiaramente per la seconda non avendo il tempo materiale per strutturare un outfit decente; se mi fossi dovuta impegnare per ottenere comunque un risultato pessimo vista la mancanza di tempo, tanto valeva vestirsi male fin da subito no?

Presi un paio di pantaloni bianchi della tuta ed una maglietta chiara mentre mi legavo i capelli in una coda.

Nel mio frenetico allacciamento di scarpe, l'occhio mi cadde sullo specchio e quel che vidi mi fece scuotere la testa; con quell'outfit sembravo una bambina uscita dalle elementari. Mi sciolsi i capelli e m'infilai la maglia nei pantaloni nella speranza di migliorare visivamente quel banale accostamento di vestiti.

Stressata dopo neanche dieci minuti dal mio risveglio, scesi le scale di corsa.
Passando per la cucina vi notai un bicchiere colmo d'aranciata ed un panino. Merda. Abram doveva essere passato a lasciarmi la colazione ed io non lo avevo nemmeno ringraziato.

The Rose sensationWhere stories live. Discover now