11| Versione diversa di uno stesso individuo

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Appena era entrata nel salotto dove stavamo giocando aveva riempito la stanza col mio odore. Ero sempre stato geloso di qualsiasi cosa mi riguardasse o appartenesse, ma sfuggì alla mia comprensione come non mi avesse turbato come avrebbe dovuto sentire Ailis che sapeva di me.

Apprezzavo poche cose di McDavis che andassero oltre le sue natiche e le sue gambe, ma una di queste era sicuramente il fatto che non si mettesse mai il profumo. Non ostruiva il suo naturale odore con profumi o fragranze chimiche, gli unici elementi profumati sulla sua pelle erano i suoi estrogeni corporali.

Mentre camminavo nelle strade di Fort Myers, nell'Universitá o nei locali, respiravo scie di profumo finto ed artificioso provenire da tutte le donne che mi passavano vicino.
Ailis non lo indossava mai, in questo periodo in cui avevo avuto modo di avvicinarmi fisicamente a lei, l'odore della sua pelle mi aveva attratto come una calamita, aspetto che aumentava abbondantemente la mia voglia di entrarle dentro fino allo sterno.

Sospirai e riflettei.

Anche quando portavo ragazze a casa non permettevo loro di fare la doccia da me, già irritato dall'idea che avrebbero dovuto usare il mio bagnoschiuma e le mie cose.

Una notte lasciai Victoria quasi finire in stato d'ipotermia pur di non lasciarle la mia giacca e farla contaminare dal suo profumo stucchevole e dolciastro. Erano le cinque di mattina ed eravamo fuori da una discoteca in pieno Inverno; lei indossava una minigonna bianca che le faceva un gran bel culo, ma nonostante mi avesse chiesto la giacca un numero consistente di volte non gliela diedi. Oltre al fattore profumo, quella mattina si registravano temperature gelide, ed avendo freddo, mi tenni al caldo io.

Se quei dementi dei miei amici non avessero guardato Ailis come una meraviglia erotica, non le avrei mai dato una mia maglietta. Non prestavo, regalavo o permettevo a nessuno di indossare le mie cose, ma quell'irritante McDavis era riuscita a derubarmi per ben due volte nel giro di venti minuti.

Un attutito rumore di risate affievolite dalle pareti mi ricordó la presenza di alcuni compagni di squadra in casa mia.
Controllai la situazione del mio organo genitale e mi alzai per raggiungerli.

Quando arrivai nel salotto, notai Warner ridere sommessamente per una battuta che
Ailis doveva aver evidentemente fatto. La guardava divertito ed eccitato allo stesso tempo.

Le passó una mano dietro le spalle sorridendole ed io godetti nel vedere come lei si allontanò cautamente. Neanche volontariamente, ma stuzzicava l'appetito maschile non concedendosi mai.

La mia maglia le stava enorme, si era rimessa i pantaloni di prima e con il mio indumento dello stesso colore sembrava un pupazzo di neve umano.

«Bell'outfit.» proruppi facendole spostare lo sguardo dalle iridi scure di Warner alle mie.

Lei si alzó dal divanetto e si allontanó da Cassnell già visibilmente irritata dalla mia presenza.

«Sembri una suora.» La raggiunsi.

«Anche se di santa hai ben poco visto come ti sei comportata di lá.» sussurrai.

Sapevo di star tirando troppo la corda ma volevo portarla al limite della sopportazione.

Stette in silenzio e ne sorrisi compiaciuto mentre mi allontanavo, ma non prima di notare come cessó di respirare per un istante...ma non sarebbe stata McDavis se non mi avesse risposto incazzata entro quattro secondi. Per questo motivo non feci neanche in tempo ad allontanarmi da lei che vidi le sue spalle girarsi e voltarsi verso di me.

«È colpa tua.» si pose subito sulla difensiva.

«Io non ti ho costretta a prendermi per i polsi ed avvicinarti a me in quel modo.» alternai lo sguardo fra i suoi due occhi infuocati dalla rabbia.

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