Avrei voluto dirle, in quell'esatto momento, che quelle poche ore assieme avevano rivoluzionato tutta la logica di cui mi ero armata in quegli ultimi mesi, la stessa che mi aveva convinta che scegliere Manuel non fosse affatto il meglio per me, ma la voce di quest'ultimo mi richiamò con impazienza.

Sancii quella promessa implicita annuendo leggermente e poi salutai Rosita con un abbraccio.

Finalmente sembravo aver ritrovato la forza di muovermi sulle mie gambe, così non mi fu difficile raggiungere l'auto del mio accompagnatore, già carica dei nostri effetti personali.

Adesso affrontare quell'improvviso viaggio della speranza non mi sembrava più un ostacolo tanto insormontabile.

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Eravamo in viaggio da poco più di un'ora. Nemmeno sessanta minuti ed io avevo guardato l'orario sull'orologio che portavo al polso almeno una decina di volte.

I miei occhi si muovevano sistematicamente tra le lancette sul quadrante e il tachimetro dell'auto che rimaneva fermo sui centodieci chilometri orari da quando avevamo imboccato l'autostrada.

Non avevo mai amato la velocità e, nonostante ciò fosse alquanto limitante per lui, Manuel stesso aveva imparato a tenere sotto controllo la sua smania di sfrenatezza quando era in mia compagnia.

Per questo il suo piede era leggero sull'acceleratore, anche adesso che avrei voluto che l'auto potesse andare così veloce da staccarsi dal suolo e trasportarci al più presto verso il reparto neonatale dell'ospedale nella mia città.

Le mie gambe sembravano non riuscire a trovare una posizione comoda, un attimo di tregua, e il mio ginocchio sinistro tremava lungo il sedile poi, di tanto in tanto, sbatteva contro l'anta del portaoggetti. Probabilmente l'indomani lo avrei ritrovato violaceo e tumescente, ma l'adrenalina non mi permetteva di sentire dolore né tanto meno lo stimolo logico che avrebbe dovuto indurmi a smetterla di ferirmi.

Manuel mi lanciò un'occhiata di sfuggita – sembri stanca – commentò, stropicciandosi gli occhi con il dorso della mano.

- Si nota così tanto? –

Lui ridacchiò e si sistemò contro il sedile, aggiustando la schiena così che fosse eretta a ridosso dello schienale. Anch'egli mostrava chiari segni di sonnolenza, per via degli sbadigli mal celati e il modo in cui sbatteva le palpebre per tergere la vista.

- Non c'è bisogno che guidi tutta la notte. Potrei darti il cambio per un po' – proposi, solo dopo mi domandai se ne sarei stata effettivamente in grado.

- Non se ne parla – rispose lui – sono perfettamente capace di stare sveglio tutta la notte –

Alzai gli occhi al cielo, maledicendo la sua testardaggine – non siamo più a casa di tua madre, non è necessario che continui a fingere – ribattei, suonando più pungente di quanto avessi voluto. In fondo non era affatto in dovere di mollare tutto ciò che gli fosse più caro per scortarmi fino a casa dei miei genitori.

Manuel però non sembrò dare troppo peso a quella provocazione, al contrario le sue labbra si incresparono in un sorriso e mormorò un "touché" prima di allungare la mano verso la radio.

- Dato che sei così preoccupata di non riuscire a tenermi sveglio potresti renderti utile – borbottò, poi afferrò il cavo AUX e lo posò sulla mia gamba – scegli una canzone qualsiasi, a patto che sia qualcosa di movimentato –

Io annuii e collegai l'entrata al mio cellulare; subito mi premurai di cercare la colonna sonora perfetta tra il numero infinito di brani di qualsiasi genere salvati nella mia play-list, tuttavia tale impresa si rivelò più ardua del previsto.

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