Cap. 7

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- E così ho accettato di scrivere una canzone con lui – spiegai a Mika, concludendo il mio discorso con le braccia incrociate sotto al seno.

Per quanto il mio migliore amico si fosse dichiarato restio al voler rimanere aggiornato sulla mia vita sentimentale dopo il piccolo incidente con la benzina, era stato lui stesso a telefonarmi qualche giorno più tardi; - la mia vita è così monotona senza le tue peripezie – aveva ammesso con nonchalance, come se non si fosse recluso in un fastidioso silenzio stampa nei miei confronti per quasi una settimana.

Così quel mattino ci ritrovammo seduti uno di fronte all'altra, in un piccolo bar sui Navigli, divisi dal resto della clientela tramite un separé che, seppur operasse benissimo celando le nostre presenze da occhi indiscreti, nulla faceva per acquietare i nostri schiamazzi.

- Dunque – fece Mika, rigirando il cucchiaino nella tazza di caffè bollente per l'ennesima volta, il suo sguardo sospeso sul mio viso che soppesava la mia espressione del tutto neutra – spiegami di nuovo: per quale motivo sarei qui oggi? – aggiunse poi, prendendo un piccolo sorso. Si umettò le labbra e assottigliò le sopracciglia – E' evidente che tu abbia fatto di nuovo di testa tua. Non capisco perché ti ostini ancora a volere il mio parere se poi finisci sempre per arrivare ad una delle tue conclusioni bizzarre –

Io sbuffai, poi distesi le braccia lungo il tavolo e incastrai il mento al centro, guardandolo dal basso – non funziona così di solito? – domandai, godendomi la sua espressione che si stringeva in un ghigno divertito – tu che cerchi di farmi ragionare ed io che fingo di darti ascolto? Credevo fosse alla base di qualsiasi amicizia – borbottai, strappandogli una piccola risata. Non riuscii a comprendere quel suo mormorio quasi atono, come se davvero fosse stanco di doversi ripetere all'infinito per poi rimanere ad osservare, stare in ascolto e in attesa di un mio irrimediabile errore.

O forse ero diventata fin troppo drammatica, persino per lui.

- Dai – lo esortai –non voglio un consiglio, voglio soltanto un tuo parere. Totalmente spassionato e oggettivo –

Mika si guardò attorno per un istante e posò la tazza sul lato del tavolo, poi inclinò il busto e si avvicinò al mio viso – vuoi davvero sapere cosa penso? – sussurrò. Io annuii soltanto, mimando le sue azioni e portandomi più prossima al suo volto, mentre lui si schiariva la voce.

- Penso decisamente che tu stia commettendo un errore – dichiarò.

Mentirei se dicessi che quelle erano le parole che mi aspettavo di sentire. La sua ammissione mi parve quasi insolente e per un attimo mi ritrovai a tentare di scacciare una strana sensazione di fastidio alla bocca dello stomaco; una di quelle che presto coinvolgono anche il resto del corpo: senti le mani pizzicare di rabbia e il tuo umore si fa improvvisamente più grigio, così ti rabbui e cerchi di trattenerti dal dire qualcosa che poi non potresti più rimangiarti. Così mi morsi la lingua finché non la sentii intorpidirsi sotto i miei denti e mi allontanai di scatto, facendomi piccola contro lo schienale della sedia.

- Cosa intendi? – chiesi, il mio tono più arcigno di quanto non volessi.

Mika si sporse ancora un po', tentando di ristabilire un contatto visivo ora che i miei occhi erano fissi sul pavimento. Mi sentivo una bambina, infantile e capricciosa ad evitare il suo sguardo, conscia del fatto che non vi avrei trovato empatia o premura. Solo biasimo e delusione forse.

- Let me make this clear for you: c'è un ragazzo spettacolare che ti fa la corte dal momento in cui vi siete conosciuti e tu ti rifugi per l'ennesima volta tra le braccia del tuo ex? – domandò retorico.

Associare Manuel a quella parola era una cosa che non mi era ancora capitato di fare ad alta voce. Quell'epiteto suonava così strano, come un ossimoro, due parole opposte che non stanno affatto bene se le si avvicinano; fu questo che ne rese la consapevolezza ancora più amara.

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