Cap. 4

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Come ogni mattino, da un po' di tempo a quella parte, la mia routine iniziava con una chiamata a Mika che si sottoponeva alle mie lamentele con orecchio attento, commentando solo di tanto in tanto. Mi sorprendeva la sua innaturale pazienza nei miei confronti e ne avrei tratto beneficio finché non avrebbe deciso di sbattermi il cellulare in faccia, cosa che speravo non sarebbe mai accaduta.

Ogni volta che i nostri incontri virtuali si concludevano mi rendevo conto di quanto, inesorabilmente, fossi rimasta sola. Con la mia famiglia lontana, Kris finalmente messa da parte e Kylie in trepidazione per l'arrivo più che prossimo del nuovo piccolo Jenner-Webster, solo il mio migliore amico era capace di darmi ascolto e sollazzarmi con i suoi mezzi discorsi cinico-motivazionali.

Tuttavia, quando anch'egli era lontano, mi sentivo sola e guardandomi attorno realizzavo quanto i rapporti che mi ero illusa di aver instaurato nel corso degli anni fossero precari, volubili e labili al bisogno.

Così, anche quell'uggioso lunedì mattina, appoggiata contro il bancone della cucina, una tazza di caffè in mano e il cellulare in bilico contro l'orecchio, mi ritrovai a sfogare la mia frustrazione con il malcapitato che, a tratti, cercava di formulare un discorso di senso compiuto e tentava di fare breccia nel mio tumulto.

- Mi ha presentato suo figlio! – esclamai. Il caffè ormai sfreddo ondeggiò pericolosamente, scivolando lungo la ceramica della tazzina e spargendosi in piccole gocce sul tavolo, così posai il recipiente sulla superficie e mi sedetti sul divano.

Afferrai il telecomando e accesi il televisore, abbassando il volume al minimo così che potesse lenire per un istante il silenzio assordate che riempiva le stanze di casa mia. Era sfiancante sentire solo il riverbero della mia voce che si dibatteva come un'eco contro le pareti vuote.

- Ed è una cosa cattiva? – domandò Mika, non afferrando genuinamente il motivo di così tanto disappunto.

Io sbuffai irritata – beh sì – mi spostai su un fianco, nascondendo il volto contro la stoffa ruvida del cuscino. Avrei voluto urlare, essere capace di masticare il concetto che avevo in mente fino a sputarlo chiaro e cristallino, ma per quanto la mia capacità dialettica fosse osannata in quanto cantautrice, era così dannatamente difficile parlare senza remore.

Mika si allontanò dal cellulare e azionò il vivavoce, la sua voce adesso distante e metallica – e perché mai? – chiese – è per caso brutto? –

- Oh no, al contrario – ammisi – è...particolare – ripensai per un attimo ai suoi occhi azzurri e le linea del naso pronunciata che svettava sopra un paio di labbra piene dalla forma elegante. Thomas era davvero particolare, come potrebbe esserlo un modello da passerella o uno di quei fotogrammi presi dalle riviste patinate per le quali anche io mi ero ritrovata a posare.

La sua immagine così possente non si intonava affatto con l'imbarazzo e il timore della sua mano tremolante che aveva stretto la mia in un saluto appena più che accennato.

- E' stato strano – continuai – sembrava non sentirsi affatto a suo agio con me attorno. Da quando in qua faccio questo effetto alle persone? –

- Da quando non sono abituate ad avere una star della musica nei paraggi – commentò Mika con fare ovvio.

- Dio Mika! Stiamo parlando del figlio di un discografico! – sbottai.

Mi acquietai, aspettando un responso da parte sua che però tardò ad arrivare. Ultimamente tra di noi c'erano state molte pause del genere, come se lui stesso cercasse in tutti i modi di non ribattere o darmi torto, magari pensava non avessi più bisogno di sfide, di essere sollecitata poiché il mio ardore si era inevitabilmente trasformato nello spettro della mia debolezza.

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