Cap. 14

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Non so cosa mi spinse ad accettare la proposta di Manuel senza pensarci poi troppo.

Forse fu la drammaticità del momento o la grande apprensione nei confronti dell'esile creatura non ancora nata che sembrava aggrapparsi alla flebile speranza che io potessi arrivare in tempo da lei per sbattere le ciglia di fronte al mondo per la prima volta.

Difatti non realizzai a pieno neanche il gran trambusto che avevo causato finché non fui lontana da quella piccola dimensione calda che avevamo imbastito nel giro di poche ore.

Ricordo di essermi sentita immobile, spaesata mentre la mamma di Manuel mi accompagnava sul divano e strofinava le mani sulle mie braccia ferme- gesto che le avevo visto ripetere spesso, di sicuro in un tiepido tentativo di conforto- e suo figlio faceva su e giù per le scale con la mia borsa in mano per uscire di casa e farvi ritorno poco dopo, con il mio cappotto e la sua giacca.

Fui impassibile anche quando quest'ultimo, sollevatami per le spalle, strinse forte le mie dita – coraggio, bonita- fece, per poi posare l'indumento sulla mia figura intirizzita.

Non riuscivo a capacitarmi di come in così poco avessi potuto inglobare tutto quel gelo, del modo in cui questo frenasse i miei arti e mi rendesse completamente amorfa e passiva. La paura era avvinghiata lungo le mie terminazioni nervose, che atrofizzate e lente non sembravano capaci di connettersi tra di loro.

Madre e figlio mi scortarono al portone, facendo attenzione perché non inciampassi, quasi ci fosse la possibilità che mi sarei spezzata ai loro piedi se la mia carne avesse toccato il pavimento.

Mentre Manuel proseguiva lungo il giardino, Rosita mi afferrò il polso delicatamente, trattenendomi a debita distanza da lui, poi si alzò in punta di piedi e scostò una ciocca di capelli da mio orecchio.

- So che non è il momento adatto – bisbigliò ed io sbattei le palpebre, mettendo finalmente a fuoco il suo volto gentile. La sua mano si adagiò sulla mia guancia e la carezzò con premura, dopodiché la lasciò andare lungo il fianco e con un gesto repentino intrecciò le braccia sul busto in una specie di abbraccio che la riparasse dal freddo.

- Mio figlio è un gran testardo – disse, abbozzando un sorriso – e ho capito benissimo che ci sono delle cose che non mi ha detto su voi due, affari che non mi riguardano –

Guardarla in viso pungolò qualcosa tra gli strati spessi di timore che mi avvolgevano lo stomaco, così, di rimando, riuscii a sorridere a mia volta.

Dopotutto forse la nostra messinscena non era stata tanto credibile quanto avevamo sperato, sopperendo all'istinto della madre che adesso mi stava velatamente fornendo una buona dose di sollievo.

Nonostante mi sentissi scardinata dalla promessa oltremodo meschina fatta a Manuel però, non riuscii a liberarmi del senso di colpa e timore per il risentimento che le mie menzogne avrebbero potuto accendere in Rosita, sporcando del tutto la mia figura ai suoi occhi.

Abbassai lo sguardo, non riuscendo più a sostenere le sue iridi scure che poco riuscivo a scandire giacché malamente illuminate e sospirai – mi dispiace tanto – riuscii solo a dire, emettendo un rantolio forzato e scarsamente udibile.

Lei scosse la testa e strinse ancora una volta le sue dita tra le mie, avvolgendole di un umido tepore – non devi scusarti – dichiarò, poi un cipiglio delicato le lambì la fronte ambrata – quello che ho visto stasera non era del tutto una bugia – commentò alzando il mento verso il cielo – non so cosa mio figlio abbia combinato, ma so per certo che farà di tutto per rimediare. Se riesci a vederlo anche tu, non lasciarlo andare. –

Le sue parole mossero ogni angolo della mia mente come un terremoto, riuscendo persino a distrarmi dalla realtà tumultuosa di ciò che stava accadendo a qualche ora di distanza da me e la fretta con cui avrei dovuto muovermi per fare in modo che non fossi esclusa quando il lieto evento si sarebbe concluso.

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