La spada

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Quando torno dal bosco sono a pezzi. Ho riportato le ragazze nelle loro tende giusto poco prima che ritornassero i soldati.
Erano visibilmente confusi, alcuni feriti gravemente mentre altri zoppicavano verso i loro alloggi.
Ho sentito il capitano urlare ordini a destra e a manca mentre con le gambe intorpidite dal freddo e incrostate dal fango, tornavo nella sua camera, prima che le sentinelle riuscissero a scoprirmi.
Sarei stata libera fino all'alba.
Ne approfitto e mi spoglio, liberandomi di questo vestito ormai rovinato. Lo lancio in un angolino della camera, al fianco di una credenza marrone scuro.
Guardandomi attorno noto una grande porta in legno e quando la attraverso, scopro essere il bagno. Una grande conca in marmo è scavata nel pavimento e mi prega di sprofondare dentro di lei, mentre il vapore rimasto mi offusca la vista. A quel richiamo io non riesco proprio a resistere. Senza preoccuparmi delle probabili conseguenze mi immergo lentamente, e maledizione, che l'Inferno possa cadere nel caos, è la sensazione più bella che abbia mai provato.
Assaporo avida il calore e godo di questa bella sensazione. L'acqua tiepida mi bacia la pelle, penetra fino alle ossa, mentre il profumo di rose mi coccola le narici. Sicuramente è stata preparata per Apollo qualche ora prima, ma non mi faccio di certo scrupoli nell'usarla al posto suo, in fondo sono convinta di meritare questa piccola ricompensa, molto più di lui. Mi prendo qualche minuto per guardarmi attorno, prima di chiudere gli occhi e rilassarmi.
Anche il bagno è quasi completamente vuoto, c'è qualche mobile decorativo e dei pregiati saponi in un cestello e una sola finestra sul soffitto. Sopra di me vedo il cielo stellato e una grande luna che illumina la stanza, oltre a qualche candela ora mai consumata. Le gocce di cera colano lente in dei piattini di ceramica mentre le fiamme ballano calme. Mi piace quest'atmosfera che si è creata, è tutto così calmo e lento, talmente tanto che il tempo sembra essersi fermato. Immersa nell'acqua riesco a trovare un attimo di pace.

Una volta uscita mi sento molto più rilassata. Avrei preferito rimanere lì per sempre.
Curioso nella stanza da letto in cerca di qualcosa che rimpiazzasse il mio povero abito e lo trovo in un chitone stropicciato ai piedi del letto. Cerco di non pensare di chi possa essere e lo indosso, arrangiandolo in un vestito. È abbastanza pesante, adatto per l'aria fredda della notte. La lana che lo compone è calda anche se un po' troppo lunga, ma lo annodo in modo da legarlo sopra al ginocchio. Visti gli avvenimenti recenti così non avrei rischiato di inciampare sul tessuto. Improvvisamente sento ogni muscolo cedere dalla stanchezza e non posso fare a meno di crollare sul letto.
So che devo aspettare Apollo e pretendere delle spiegazioni, sempre se ha intenzione di tornare, ma le palpebre si fanno sempre più pesanti e la stanchezza che mi pervade il corpo e mi solca il viso, prende il sopravvento. E non riuscendo più ad oppormi, mi lascio trascinare nel sonno più profondo.

Al mattino seguente vengo svegliata da un grande tonfo. Apro in fretta gli occhi, preoccupata che si trattasse di un secondo attacco.
Scruto la stanza e a tentoni cerco la spada che mi sono portata la notte prima. L'ho appoggiata di fianco a me, sul grande letto, ma questa non c'è più. Il mio sguardo però capita su una figura imponente e sfortuna vuole che davanti ai miei occhi ci sia proprio Apollo.
《 Finalmente ti sei svegliata. 》 Dice svogliatamente.
È appoggiato all'asta in legno del letto a baldacchino, le braccia incrociate al petto e il viso contorto in una smorfia spazientita. Ancora mezza addormentata e con gli occhi impastati dal sonno, mi sollevo sui gomiti. Le coperte bianche sono tutte aggrovigliate, tanto quanto probabilmente lo sono i miei capelli. Riporto il mio sguardo su Apollo e lo guardo assonnata, poi cerco di orientarmi in quella stanza che inizia a farsi sempre più familiare.
Mi accorgo troppo tardi che il lenzuolo di seta si è spostato ai piedi del letto e che l'unica cosa a coprirmi è quel poco tessuto che ho rubato, spero, al capitano.
È leggermente alzato e rivela uno scorcio di pelle, un po' troppo vicino all'inguine. Contrariata sento le guance arrossarsi sotto lo sguardo del dio.
Mi sento una stupida per questa reazione, Apollo ha sicuramente visto e toccato corpi più scoperti del mio.
In ogni caso mi affretto a coprirmi e nel mentre, mi pento di essermi addormentata così pesantemente da non sentire il dio entrare nella stanza. Sono migliore di così.
Percepisco il suo sguardo su di me, segue i movimenti delle mani e nella mia mente riesco a immaginare il suo viso enigmatico, privo di emozioni.
Mi sbaglio. Le labbra sono incurvate all'insù, in un sorriso che di angelico ha ben poco. Lo vedo passare lo sguardo tra me e il letto mentre i suoi occhi si accendono di divertimento.
Ed infine comprendo. Scatto alla velocità della luce, più veloce di un lampo e sentendomi improvvisamente sporca inizio a strofinarmi la pelle fino ad arrossarla. Acqua bollente, fuoco, sono disposta a passarci sopra qualunque cosa pur di tornare pulita.
La notte scorsa non ci ho nemmeno pensato, ero troppo stanca e mi ero fiondata a letto, ma ora i ricordi di tutti quei gemiti mi invadono la mente e mi assordano le orecchie. Desidero non essere mai salita su questo dannatissimo letto.
Lo fulmino con gli occhi quando sento la sua risata riencheggiare nella stanza e spero fortemente che percepisca il disgusto che provo nei suoi confronti.
《 Per quale motivo siete scappato ieri? 》Chiedo senza prestare attenzione al mio tono arrabbiato. 《 Io non scappo davanti a nulla, ragazzina.》 Ringhia e la sua affermazione diviene un avvertimento, o una minaccia.
《 Non è forse stato così? 》 Mi rivolge uno sguardo truce ed irritato. Ma ora che lo guardo meglio ha anche lui i vestiti sgualciti. Probabilmente nel momento in cui mi ha lasciata sola si è vestito, perchè ora noto che il tessuto che gli copre l'addome è carbonizzato, ridotto in mera cenere nera, e la pelle al di sotto è incrostata di sangue secco. Deve aver combattuto anche lui.
I capelli sono in disordine. Ma, in qualche modo, quest'aria selvaggia lo rende ancora più attraente di prima. 《 Ho dovuto risolvere un problema. 》 Non mi basta, devo sapere di più.
《 Avete intenzione di fare il vago ancora a lungo? 》 Non è l'unico ad essersi stufato. Inarca le sopracciglia, guardandomi dall'alto in basso.
《 Ieri avevate nominato Eris, cosa c'entra con quello che è successo ai soldati? 》 Chiedo incrociando le braccia al petto.
《 Non sono di certo affari che ti riguardano. 》 Si esprime nella luce del mattino. Nonostante il fastidio, decido di ignorarlo per il bene della mia curiosità, ma lui ci tiene ed infierisce su di me.
《 Stolta come sei, non sono sicuro tu possa capire 》 Ghigna.
《 Lei è la dea della distruzione, istiga i comportamenti violenti negli animi degli uomini e se ne nutre. Ha causato quel caos, facendo in modo che i soldati si attaccassero a vicenda. 》 Ignoro la provocazione e invece rifletto su ciò che ha appena detto. 《 Per quale motivo avrebbe dovuto attaccare questa legione? 》 Proseguo:
《 Alla fine è abbastanza ristretta, perché non puntare ad un esercito più importante? Non ha senso. 》
Nonostante l'importanza del capitano al momento non abbiamo un granché da offrire, di sicuro niente che ad una dea come la Disprezzata possa interessare.
《 Non lo so. 》 Dice, senza però dar voce ai suoi pensieri.
《 Quindi ha messo in subbuglio l'accampamento e vi ha attaccato e voi... 》 Gli indico i vestiti sgualciti. 《 ...avete perso. 》 Lo accuso.
Mi gusto pienamente la visione che segue le mie parole, il suo viso che muta in una smorfia di rabbia. La vendetta è un piatto così dolce, quasi quanto il miele nei suoi occhi.
《 Perché sta facendo tutto questo? 》 Torno a focalizzarmi sulla situazione che non è certo delle migliori. 《 Ancora, non lo so. Ma tempo fa venne bandita dall'Olimpo, credo stia tramando qualcosa per vendicarsi. 》 Fa una breve pausa.
《 Ora che il mondo è in subbuglio, per lei è il momento perfetto per uscire allo scoperto e tramare contro di noi. 》 Quindi sta cercando di ottenere qualcosa da questa anarchia, forse più potere o magari centrare le attenzioni su di lei, per...avere la sua vendetta contro gli dei? Sto per chiederglielo quando vengo interrotta da un soldato che bussa alla porta. 《 Entra. 》 Dice il dio pensieroso. Si tratta del capitano in persona. Entra a falcate goffe ma con il mento ben alto, fiero di solo lui sa per che cosa. Noto dall'espressione di Apollo che questo gesto non gli fa per niente piacere. Perchè com'è ovvio, lui è l'unico che può essere al di sopra di qualcuno. Nonostante l'espressione dura del capitano, non credo sia venuto qui per chiedere spiegazioni sul trambusto della notte scorsa, sarebbe come ammettere le colpe di non riuscire a controllare il proprio esercito e questo, dato il suo lato egocentrico, non se lo può permettere.
Mi domando se non stia solo fingendo tutta questa disinvoltura. Mi chiedo anche se abbia sistemato quello che è stato un campo da battaglia tra fuochi amici.
Ricordo ancora le case in fiamme e le macerie a bloccare la strada. È stata pura distruzione.
《 ἀγρευτής Apollo, le ragazze sono qui fuori che vi attendono impazienti. 》 Cammuffa tutto ciò che è successo.
Ridicolo. Nonostante quello che gli è successo, continuano a permanere e a insistere su questa idiozia. 《 Mandatele a casa o fate quello che vi pare, ho intenzione di andarmene tra poche ore. 》 Come?
《 Cosa? Ma voi siete arrivato solo ieri, non potete andarvene di già. 》 Mi precede il capitano. Non può certo scappare di nuovo. Apollo lo trucida con lo sguardo.
《 Non posso? 》 Ringhia, ammutolendo l'uomo davanti a sé. 《 Mi...mi dispiace...vi chiedo umilmente perdono non intendevo dire que- 》 Viene liquidato in fretta con un gesto della mano prima ancora di riuscire finire la frase. Il dio ci dà le spalle e si chiude la porta del bagno dietro. Il capitano, ancora bianco in volto, incrocia il mio sguardo e mi rivolge un'occhiataccia, come se fosse stata colpa mia. Mi domando cosa centro in tutta questa storia, mentre lo guardo uscire arrabbiato. Sento l'incresparsi dell'acqua al di là della porta di legno, segno che Apollo si sta immergendo. Immagini compromettenti si appropriano per un secondo della mia mente facendomi arrossire per l'ennesima volta. Non devo farmi condizionare dal suo aspetto, nonostante la bellezza divina rimaneva un totale maleducato. Torno nel mondo reale e decido di curiosare in giro mentre aspetto che torni.
Prima avevo addocchiato una piccola porticina nascosta dietro alle tende. Impossibile da non notare con occhi esperti. Ha lo stesso colore cremisi delle pareti e i contorni sono leggermente in rilievo.
Quando mi sono assicurata di non avere sguardi indiscreti che mi spiano, soprattutto quello di Apollo, che sento ancora alle mie spalle, sgattaiolo silenziosa dentro alla misteriosa stanza. Provo un brivido di eccitazione quando capisco che non è chiusa a chiave. Entro di soppiatto. È poco illuminata e abbastanza piccola, la luce proviene da l'unico sportello in legno posto sul soffitto, per il resto è completamente al buio. Al suo interno non cè praticamente niente ad eccezione di un angolo della stanza, dove è stata riposta una spada. È oltremodo divina, tanto quanto lo è il dio che la possiede.
Alla base dell'impugnatura c'è un fiore d'oro a cinque petali, con al centro incastonato un piccolo rubino. È colorato di rosso sangue, così lucido che nonostante l'ombra, riesce a riflettere chiaramente la luce alle mie spalle, come se ne sia attratta. Pepite rosse illuminano la stanza, grazie ai suoi riflessi. Secondo una leggenda, quando i rubini venivano esposti al calore, si coloravano del colore del carbone ardente, arrivando quasi a eguagliare lo splendore e la potenza del sole.
Sopra al fiore si intreccia a spirale un'imbottitura nera come la pece. Sembra dura, quasi di pietra ma allo stesso tempo dà l'impressione che al tatto diventi incredibilmente morbida e ben maneggevole. Si completa con un bellissimo falco dalle ali aperte, immagino in segno di libertà. Le ali si sfumano armoniosamente in diverse tonalità d'oro. Ma la verità è che la lama è il vero pezzo forte.
Sottile ma letalmente affilata. Tanto splendida quanto esiziale, viene divisa da un'intersezione che la percorre fino alla punta. Percepisco quasi il calore confortevole dei raggi solari attraverso il solo contatto visivo. A differenza di quello che molti pensano, l'arma più potente in possesso di Apollo è proprio questa spada. Non l'ho mai visto prima di ora, ma la conosco bene grazie ai racconti di mio fratello, e grazie a questi so che è l'arco d'argento l'arma sacra della sua gemella, Artemide. Dea della caccia. E non quella del dio del sole.
Mi prudono le mani, devo assolutamente provarla, la tentazione è troppa. Sono consapevole del fatto che lo zoticone nell'altra stanza non me l'avrebbe mai fatta prendere, nemmeno vedere, in vista del fatto che la tiene rinchiusa qui tutta per sè, per cui decido di farlo di nascosto. Sono eccitata e attratta, talmente tanto che la afferro subito. Come immaginavo l'impugnatura è perfettamente maneggevole, mi aspettavo fosse pesante per la mia stazza ma non è affatto così. È incredibilmente leggera, tanto da sembrare che si modelli tra le mie dita. Riesco a percepirne la forza. Qualche istante dopo la venatura in mezzo alla lama comincia a brillare in modo innaturale. Dalla punta alla base, diviene accecante. Una sensazione preoccupante aleggia nell'aria e nel mio corpo.
《A- APOLLO》 Lo chiamo spaventata.

Il Sole è sceso sulla Terra Where stories live. Discover now