PRIMA

1.9K 45 7
                                    


Erano passati tre giorni. Fuori casa, sola, senza cibo né acqua, girovagando per una città che non conosceva.

Il freddo gelido dell'inverno la faceva trasalire ad ogni passo ma lei continuava a camminare. Deve scappare, andare via da quella casa. Per sempre.

In quella città le persone erano gentili con lei, le offrivano del cibo e la sera prima, quando aveva nevicato, l'avevano ospitata in una locanda. Dormì in un letto caldo e comodo per la prima volta da quando era scappata e si era rimpinzata con la minestra che le avevano dato per cena.

La mattina dopo doveva rimettersi in cammino. Era ancora troppo vicino a casa, lui poteva trovarla di nuovo.

Non aveva dormito bene, il braccio le faceva un male assurdo e quando ci posavo il suo sguardo sopra le veniva da vomitare. Le avevano domandato molte volte cosa fosse accaduto ma lei non apriva bocca, anzi, non aveva parlato in tutti e tre i giorni.

La quarta notte la passò fuori. Aveva preso il sentiero della foresta, non sapeva il perché ma voleva vedere quel posto. Andava spesso a passeggiare con la madre nel boschetto della sua città, ma da quando lei era morta suo padre le aveva categoricamente impedito di uscire di casa. Lì faceva freddo e la bambina si avvolse nella sua mantella azzurrina. Si sedette sul ciglio della strada quando passò una carrozza. Nera come la notte, trainata da un solo cavallo, anch'esso nero, che la fissava con i suoi occhi profondi e tetri.

Un uomo uscì da dentro l'abitacolo. Capelli biondi, occhi chiari, sorriso bianchissimo a trentadue denti e abiti scuri.

-Ciao, piccola. – le disse in tono gentile. – Cosa fai qua fuori al freddo tutta sola? –

Non rispose.

-Quanti anni hai? – era un bell'uomo, sui trent'anni.

Lei mostrò le mani con otto dita alzate.

Il sorriso che aveva si spense quando vide il braccio della bambina. – Te lo ha fatto uno dei tuoi genitori? –

Le annuì stringendosi sempre più nel mantello.

-Sei scappata di casa? – annuì di nuovo.

Non si fidava. Non si fidava di nessuno.

L'uomo si avvicinò a lei e le porse una mano. – Sono Vincent. Tu come ti chiami? –

Esitò. – Arya. – disse alla fine. La voce era quasi un sussurro.

-Non credo tu voglia restare qui al freddo, vero? –

-No, non voglio. –

Lui si avvicinò ancora, sempre con una mano tesa. – Ti va di venire con me? – lei si allontanò un poco. L'uomo rise ancora di più. – Non avere paura. Io dirigo una scuola che si trova ad alcuni giorni di viaggio da qui. Ci sono molti bambini come te e si divertono molto. – la voce dolce, il sorriso, l'aveva presa per fessa forse? – Lo so che vi dicono sempre di non fidarvi egli estranei, ma non tutti gli estranei sono cattivi. E, mi sembra che tu ti sia fidata di molti sconosciuti in città. –

-Mi segue da allora? – disse con voce ferma.

Il signore sbuffò un sorriso. – Sospetto che tu sarai un ottimo acquisto per la scuola. Verrai pagata, quando inizierai a lavorare. – le porse ancora la mano – Allora ci stai? –

Lei fece un rapido calcolo. Non aveva più una famiglia dove tornare, una casa dove dormire e nulla da mangiare. Non aveva più nulla.

Allungò la mano buona e strinse quella dell'uomo. – Bene. – disse con un altro sorriso, più malefico ora. – Un giorno farai grandi cose, Arya. - 

academy of murderersWhere stories live. Discover now