"Venuto al mondo senza nome"

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Uma camminava avanti e indietro per la stanza senza trovare pace.

Erano passate più di venti ore da quando, a detta dei dottori, era entrata in travaglio e, oramai il parto avrebbe dovuto essere piuttosto imminente.

Eppure, quell'essere che, per quasi nove mesi l'aveva straziata con la sua presenza, le nausee senza fine, i dolori alla schiena e alle ginocchia e le budella aggrovigliate ad ogni pasto, sembrava non volesse proprio saperne di mettere fine a quella tortura decidendosi finalmente ad uscire.

Aveva compiuto ventun anni la sera prima e, come ogni studentessa universitaria degna della sua età, avrebbe desiderato passare quel giorno ed i seguenti crogiolandosi nei malesseri del post sbronza e dei troppi festeggiamenti, invece, la natura beffarda e maligna, le aveva giocato, ancora una volta, un bello scherzo, decidendo di far venire alla luce quell'affare in anticipo di due settimane.

"Allora come procede qui?" le domandò una simpatica infermiera in là con gli anni entrando con entusiasmo nella stanza per controllare con quanta distanza si presentassero le contrazioni.

"Come vuoi che proceda?" ringhiò incattivita la giovane "Non dormo da giorni, non riesco a stare seduta, mangiare, stendermi o fare qualsiasi altra cosa. Tutto quello che riesco a fare è andare avanti e indietro per questa maledetta stanza e questo..." continuò preda dell insofferenza indicando con rabbia il ventre gonfio "Ancora non si è deciso ad uscire. Per quanto dovrò andare avanti ancora?" domandò sentendo una fitta atroce colpirla e diradarsi per tutto il corpo, costringendola a reggersi alla parete per non cadere a terra.

"Pazienza, pazienza mia cara. Il dottore ha detto che ci siamo quasi. Presto dimenticherai questi brutti momenti e, quando nascerà, ci sarà solo gioia nel tuo cuore.

Uma squadrò la donna con rabbia, regalandole uno sguardo in grado di gelare qualsiasi cosa si fosse trovato sulla sua traiettoria.

Certo che sarebbe stata felice, una volta liberatasi di quel marmocchio sarebbe stata in estasi.

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"Su coraggio una bella spinta! Ecco... ci siamo!" la incitò l'infermiera Nami tenendo le mani di quella ragazza che, per scelta o per necessità, si era presentata da sola, senza nemmeno il supporto di un familiare o di un amico nell'accompagnarla in quel delicato momento.

"Ancora una spinta. Vedo la testa" la voce dell'ostetrica s'accompagnò a quella della donna spronando la giovane madre verso quell'ultimo sforzo.

Uma si sentì morire. 

Percepì il suo corpo lacerarsi mentre, con uno sforzo senza precedenti si impegnava in quell'impresa, desiderosa solo che il tutto cessasse il prima possibile per poter tornare a respirare con regolarità.

Riuscì a distinguere il corpo di quella vita farsi largo nelle sue carni ricercando la strada verso la nascita, attraversarla senza rispetto graffiandole le interiora con forza e determinazione, quasi ad imporsi sulla sua volontà pronto a prendere il controllo delle sue membra.

La giovane non seppe quantificare il tempo impiegato, un'ora o pochi minuti, forse una vita intera, furono dettagli privi di importanza per quella donna che, contro ogni suo desiderio e senza un briciolo di felicità nel cuore, si ritrovò da un minuto all'altro ad essere madre.

Quando il tutto fu cessato, ed il cordone ombelicale reciso, Uma si sentì finalmente libera ed al sicuro. Quel taglio netto indicò il distacco tanto sognato in quei lunghi ed interminabili mesi di gestazione.

"Oh, che bellissimo maschietto abbiamo qui" esclamò con entusiasmo Nami prendendo fra braccia quel piccolo dono.

La ragazza stesa sul lettino sentì la stanchezza invaderla, tutto ciò che desiderava fare in quell'istante era dormire e dimenticarsi di quell'evento. Mantenendo gli occhi chiusi, potette udire il vagito di quell'essere senza identità, accompagnato da un pianto liberato che ne sottolineò la concreta presenza nel mondo. 

CHADWhere stories live. Discover now