CAPITOLO NOVE

507 34 19
                                    

Le fiamme furono domate in poco più di mezz'ora. I vigili del fuoco riuscirono ad evitare che tutto il locale finisse bruciato, ma poco più di metà era tutto distrutto. Spiegarono il tutto a Kiran e, non appena furono certi che non c'era più pericolo, si congedarono.
Kiran restò ancora lì fuori ad osservare il suo locale, nonostante Tom cercasse di convincerlo ad andare a casa. Improvvisamente il suo cellulare iniziò a squillare, facendolo sussultare.
Non riconobbe il numero, ma decise di rispondere.
«Scott!».
«Piaciuto il regalo, Kiran Scott?».
Spalancò gli occhi, riconoscendo la voce. «Tu...» il suo volto si indurì «maledetto bastardo! Un giorno riuscirò a farti sbattere dentro».
«Non lo hai ancora capito, campione?» rise beffardo «più mi sfidi, più io mi incazzo...e più mi incazzo, più ti faccio vedere con chi hai a che fare».
«Non riuscirai a distruggermi, Charles. Io mi rialzo sempre...hai capito? Io domani starò già ricostruendo il mio locale...e tu non mi fermerai» disse ormai fuori di sé «e continuerò a rifiutare la tua merda qui dentro. Mi hai capito?».
Scoppiò in una grassa risata, cercando di zittirlo. «Sai, Kiran Scott. È proprio bella la biondina che ti restava incollata per tutta la festa...».
Lui sussultò. «Non osare...lascia Isabel fuori da questa storia» digrignò i denti «lei non è nessuno per me, abbiamo solo lavorato insieme. Non farti film mentali».
«Ah, davvero?» finse stupore «eppure come vi guardavate e come vi cercavate faceva intuire tutt'altro» fece una pausa «sarà...».
«Lasciala in pace! Non rivedrò più quella donna, quindi cosa ti importa» si passò una mano sulla fronte «perciò, non coinvolgere estranei in questa storia».
«Ok, ok...rilassati campione» rise ancora beffardo «se farai il bravo, io farò il bravo. Buon divertimento, Kiran Scott» mise giù.
Kiran restò alcuni secondi fermo e immobile. Tornò in sé e scaraventò il cellulare, cacciando un urlo liberatorio. «Isabel...» sussurrò, portandosi una mano sul viso.
La donna provò a contattarlo più volte durante quella notte e si vide rifiutare tutte le chiamate, gettandosi distrutta sul materasso. Non capì cosa fosse successo e provò ad inviargli qualche sms, non ricevendo alcuna risposta da Kiran. Si chiese il perché l'avesse allontanata così rapidamente e afferrò il cuscino dove lui aveva poggiato il viso, stringendolo forte. Quell'attimo in cui lo aveva sentito suo, era svanito via. Si addormentò senza che potesse accorgersene e, verso le 7.00 la sveglia suonò, facendola balzare dal letto.
«Kiran...» esclamò spaventata, portandosi una mano sulla fronte, lanciando uno sguardo al cellulare. Non vide alcun messaggio o chiamata sul display, decidendo di raggiungere il Karribean, per vedere cosa fosse successo. Non appena arrivò davanti al locale, il suo cuore perse diversi battiti «no...»sussurrò appena, fissando il tutto attonita. Si portò una mano al petto e trattenne il fiato ancora una volta, faticando a crederci. Uscì dalla sua auto e smise di respirare, mentre residui di fumo uscivano dalle vetrate distrutte, dissolvendosi in cielo insieme ai sogni e ai sacrifici di Kiran.
Lui invece passò tutta la notte nel suo locale e per il mattino seguente chiese una riunione dei suoi dipendenti.
«Miss Moore, che ci fa qui?» esclamò Tom, avvicinandosi a lei.
Isabel sussultò, voltandosi verso di lui. «C-cosa è successo? Dov'è Kiran? Chi gli ha fatto questo?» chiese a raffica, poggiandosi alla sua auto affranta.
«C'è stato un corto circuito. La prego, vada via...lui non vuole vedere nessuno» cercò di spiegarle con calma.
Lo ascoltò e rivolse un altro sguardo al locale, tornando a guardare il ragazzo. «Dov'è, Tom? Io non sono gli altri...Lui ha bisogno del mio sostegno, lo conosco» cercò di riprendersi dallo choc, attraversando la strada e restando davanti al grande portone chiuso del Karribean, chiamandolo a gran voce. Alzò gli occhi verso le vetrate intatte e non colpite dall'incendio, chiedendosi se fosse lì dentro.
«Miss Moore, no!» la seguì, parandosi davanti a lei «ha detto che non vuole vedere nessuno, lei compresa».
Si bloccò a quell'ultima affermazione e poco dopo batté una mano sul grande portone chiuso, continuando a chiamarlo. «Perché? Perché non vuole vedermi?» sbraitò disperata, tornando a battere con violenza la mano sul quella porta «Kiran...Kiran sono qui» urlò a squarciagola, vedendosi allontare da Tom, che la afferrò per un braccio per farla smettere, scuotendo la testa più volte. La invitò ad andare via e Isabel indietreggiò ormai esausta, chiudendo gli occhi per un istante.
«Mi dispiace...» entrò nel locale e richiuse la porta alle sue spalle, raggiungendo gli altri «Kiran, perché...» lui lo interruppe.
«Questa è opera di Charles Leone» li guardò tutti «ora voglio sapere da voi se avete intenzione di continuare, oppure volete andar via. La cosa si sta facendo rischiosa e io voglio lasciarvi la libertà di scegliere cosa fare».
«Non puoi chiederci questo...Sai che non ti abbandoneremmo mai» rispose Tom, guardando gli altri «giusto? Abbiamo fatto una promessa anni e fa e questo locale è la nostra vita» li fissò in attesa.
Jean si portò una mano dietro la nuca e ci rifletté su, annuendo poco dopo. «Io ci sono! Ci rialzeremo ancora una volta. Se non lo facessimo, significherebbe aver perso contro di lui».
Paul li ascoltò e, anche se un po' titubante all'inizio, annuì anche lui. «Ci sono, Kiran!»proferì con convinzione e gli altri due dipendenti risposero di sì, supportando totalmente il loro capo e amico.
Accennò un sorriso. «Grazie, ragazzi. Ricostruirò il locale sin da subito. E vi pagherò anche queste giornate che non potrete lavorare» sospirò, abbassando lo sguardo «al telefono ha minacciato Isabel» ammise improvvisamente «devo allontanarla da me» rialzò lo sguardo «dovrà odiarmi. Non posso metterla in pericolo».
Tom spalancò gli occhi e chiese di essere lasciato solo con lui, osservandolo dispiaciuto. Non appena rimasero soli, si accomodò accanto al suo amico. «È distrutta e disperata. È venuta qui e probabilmente è ancora giù che non si rassegna all'idea di non parlare con te» sospirò «mi si è stretto il cuore quando ha urlato il tuo nome».
«Ieri abbiamo fatto l'amore» riuscì a sorridere, nonostante la disperazione evidente «ed oggi mi ritrovo a doverla proteggere...Tom, non posso fare diversamente».
«Co...?!» lo guardò con stupore, non riuscendo a crederci. Restò a fissarlo in silenzio e poi gli poggiò una mano sulla spalla, provando a confortarlo «mi dispiace, amico! Per il locale, per ciò che sta accadendo con Isabel e per ciò che Charles ti sta facendo» sospirò addolorato «lei non è mai stata le altre per te, vero?!».
«È questo il problema!» scattò in piedi, esasperato «avrei preferito scoparmi la solita arrampicatrice sociale...e invece no! Dovevo resisterle, come ho sempre fatto».
Lo guardò muoversi nervosamente per la stanza. «Tu non le hai resistito, Kiran. Hai solo capito sin dall'inizio come sarebbe stato il vostro rapporto. E quello che è successo stanotte, conferma quanto tu non l'abbia mai guardata con disinteresse. Al contrario, lei è stata la sola donna che ti ha smosso qualcosa dentro» gli spiegò «dovevi vederti all'evento di beneficenza...La seguivi con lo sguardo se si allontanava e restavi a fissarla incantato, come se non ci fosse altro che Isabel in quella sala» si alzò anche lui, dandogli una pacca sulla spalla «è la cosa giusta per lei, non rimproverartene! Lascia che ti odi, affinché Charles non le faccia del male. Guarda il Karribean e come ti hanno ridotto quei pezzi di merda due settimane fa. Punta alle tue debolezze e sa che ora ne fa parte anche lei... Non potrei sopportare che le accadesse qualcosa».
Annuì. «D'ora in poi, ogni qualvolta mi cercherà voi mandatela via. Al resto me ne occupo io» afferrò un cellulare più vecchio, riposto in un cassetto di sicurezza «se volete, potete andare. Non c'è molto da fare qui».
Tom annuì e tornò dai suoi colleghi, raccattando le poche cose che avevano lasciato nel loro spogliatoio. Salutarono Kiran e lasciarono il locale, tornando a casa per riposarsi un po'.
Isabel restò lì ancora per mezz'ora dopo che Tom cercò di mandarla e poi, ormai esausta, si recò alla sua agenzia. Non salutò nessuno e si diresse nel suo ufficio, sbattendo la porta e accasciandosi sulla sua poltroncina. Prese un grande respiro e afferrò nuovamente il cellulare, provando a contattare Kiran ancora una volta, trovandolo irraggiungibile. Sbatté il telefono sulla scrivania e cacciò un urlo pieno di disperazione, non volendo credere a ciò che egli si era imposto. Provò a calmarsi ma nulla sembrò farla stare meglio, ripensando alla notte che avevano trascorso insieme. Pur sapendo di non potersi aspettare nulla da quell'uomo, Isabel aveva comunque deciso di lasciarsi andare, liberandosi di ogni paura e donandosi a lui. Se prima di Kiran la sua vita le sembrò priva di significato, adesso le parve aver assunto un senso più profondo. Nonostante il rifiuto di lui di vederla, Isabel non riusciva a rassegnarsene.

INSEGNAMI AD AMARE Where stories live. Discover now